Emergente della scuola clubbing di Glasgow,Harvey McKay può essere considerato oggi un membro attivo del mercato europeo se non mondiale. Dopo le apparizioni che dal 2008 l’han visto pubblicare lavori su Soma Quality Recordings (dei mitici Slam), Saved Records (di Nic Fanciulli) e di recente su Trapez (sorella minore di Traum Schallplatten di Riley Reinhold), Harvey McKay ha strizzato non poco l’occhio (non credo potesse aspettare ancora) ad una delle labels più pesanti di Francoforte.
Già con il suo debutto su Cocoon Recordings dal titolo “Dots & Pearls II” aveva chiarito che il proprio rapporto con Sven Vath era e sarebbe stato indubbiamente techno, ma con il rilascio di “Shake” è andato al di là del beat forte e del battere energico della propria musica. L’EP è techno nella sua forma più basica e per questo si nota subito. Dub techno per uno stile tipico di McKay, e “Shake” non fa di certo eccezione. “Move” è quasi una pausa, più tranquilla della sorella maggiore ha comunque una linea guida forte tracciata da una cassa violenta, ma il tutto cresce ed emerge nel disco in modo più pacato. Urban, scuro e riflessivo. Leggermente sfiorato dal fascino di Detroit e Berlino l’EP chiude con “Mind’s Eye” in cui Harvey torna al suo stile inconfondibile. Ricordando molto i grandi Slam, sopra citati, l’ultimo brano dell’EP solca un oscuro suono tech, tra crash synth e campioni vocali.
Dopo anni e anni, McKay presenta tre tracce che hanno un solo ed unico comune denominatore: la pista. Confermandosi su livelli altissimi, amplia il suo palmarès con una delle etichette di musica elettronica più influenti dell’ultimo decennio. Attenzione perché per migliorarsi ancora restano ben poche label su cui puntare e ad oggi indubbiamente si percepisce fortemente la possibilità che McKay ha, di stupirsi e stupire.