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[tab title=”Italiano”]Si può essere oggi un ottimo dj e manager allo stesso tempo? Lo abbiamo chiesto direttamente a Henning Baer, ennesimo prodotto della “cantera” berlinese e perfetta incarnazione dell’artista moderno. Il suo avvicinamento alla musica techno è storia comune a migliaia di artisti tedeschi, ma a differenza di molti si è sviluppata in più fronti, prima da organizzatore di eventi e manager della sua Grounded Theory e poi da dj e producer su labels di grande richiamo come Non Series e K209, anche grazie a collaborazioni illustri con Milton Bradley. Noi abbiamo cercato le risposte a diversi interrogativi, per capire la sua precisa visione di techno, le sue idee sulla scena berlinese e italiana, l’approccio in studio e in console, gli stati d’animo prima e dopo un dj-set al Berghain. Potete godervi le sue preziose parole.
Partiamo dagli inizi. Risiedi a Berlino, quindi non è stato difficile venire affascinati dal suono cruento della techno. Quali sono state le tue ispirazioni e quando effettivamente hai iniziato ad avvicinarti a questo genere?
Mi sono avvicinato alla techno molto presto. Mia sorella ha otto anni in più di me e ha iniziato ad andare ai rave quando aveva dodici anni. Ascoltavo i dischi dei suoi ex fidanzati, li registravo sulle cassette e li avevo nel walkman tutto il tempo. Poi ho scoperto l’arte del djing all’età di 15 anni e poco dopo mi sono procurato il mio primo paio di giradischi e un mixer. A quel tempo ero molto interessato anche alla scena hip-hop, ma ben presto mi stufai e rimase soltanto la passione per la techno, fino ad oggi. L’hip-hop è una fonte d’ispirazione per il mio suono così come la musica di Cristian Vogel e le prime produzioni di Jamie Lidell, Neil Landstrumm, Aphex Twin, I-F e un sacco di techno Uk oltre naturalmente ai pionieri americani.
Se parliamo di techno le opinioni si dividono sempre. Chi la critica e chi invece la ama a prescindere. Quali pensi possano essere i punti di forza della techno rispetto ad altri generi? Insomma, vogliamo sapere la tua visione in merito.
La forza nella techno è la diversità. La techno ha tante sfaccettature e molto varie. Ha una storia lunga ed è un movimento presente a livello globale. Le persone si identificano con essa e ne garantiscono la continuità. Ma ci sono anche molti fattori di disturbo come grandi ego e motivazioni sbagliate. La cosa buona è che la techno ha un meccanismo abbastanza sano di “autopulizia”. I fattori di distrazione saranno sempre espulsi dal sistema. Secondo la mia visione personale, le persone fanno techno per un motivo giusto. Non per la fama immediata, ma per la cultura e per l’idea dietro di essa. La techno ha bisogno di molta cura per essere un movimento sano e tutti i soggetti coinvolti sono responsabili per come vivono attraverso essa.
Tu che sei familiare, quali sono le sensazioni di un dj prima e dopo aver suonato un set lunghissimo la domenica al Berghain?
Non so come gli altri si sentono, ma io prima di cominciare a suonare mi ritiro in me stesso, pensando alla prima traccia, al mio stato d’animo e a quello della gente. Una volta che ho finito il mio set ho sempre voglia di continuare a suonare.
A Berlino oltre al Berghain ci sono molte altre realtà valide che meritano attenzione e nelle quali tu hai suonato più volte, come al Tresor, Arenaclub e Stattbad. Come è la scena attualmente in città e quali cambiamenti hai notato da quando ti sei trasferito?
La scena è sana e molto vasta. A volte c’è un po’ troppa techno qua e là, ma immagino sia perché la techno è di moda. Ho notato comunque un cambiamento: ormai molte persone stanno sconfinando oltre la techno. Intendo techno “techno”. Non è così facile confrontare la città che ho conosciuto dieci anni fa con quella di oggi, perché ho cambiato la posizione da cui la guardo. Non vado più fuori come facevo una volta e prima non contribuivo alla scena come forse faccio ora. Le cose sono cambiate, questo è certo, ma non è una cosa negativa.
Verso la fine di gennaio e gli inizi di Febbraio sarai ospite in diversi club italiani, segno che il tuo sound è apprezzato anche al di fuori dei confini tedeschi. Come vedi la scena techno in Italia?
Penso che la scena e le persone in Italia siano molto energiche. Agli italiani piace fare festa e divertirsi. Hanno sicuramente un temperamento molto speciale. Sono andato in Italia già un paio di volte ed è stato sempre ottimo, sono molto impaziente di tornare, soprattutto per la serata Grounded Theory al Dude Club di Milano con me, Tommy Four Seven e Milton Bradley.
Veniamo ad aspetti più tecnici. Se tu dovessi descriverci il tuo approccio musicale che adotti solitamente per i tuoi set, cosa diresti?
Cerco sempre di mantenere un certo livello di energia, molto dinamico, come un flusso in continuo movimento, che ti travolge e ritravolge. Mi piace fare lunghe transizioni e avere due tracce perfettamente sincronizzate ed equalizzate in un unico pezzo, come se fossero incollate assieme. Ma mi piace anche suonare in maniera più irregolare ed essere più aggressivo. Inoltre, amo mettere in mostra diversi stili di mixing per sottolineare ogni fase specifica del mio set.
Il discorso invece può essere diverso in studio, durante le tue sessioni in fase di produzione. Come si svolgono solitamente? Hai già un’idea in testa e la sviluppi o cerchi di improvvisare e poi ci lavori sopra?
Ho capito che quando comincio con un’idea raramente finisco con quello che pensavo. Avere un’idea definita di che tipo di traccia voglio comporre non sempre funziona, quindi la maggior parte del tempo accendo le mie strumentazioni e comincio ad improvvisare. La 909 è il mio strumento principale in studio e la programmazione di una sequenza è spesso la prima cosa che faccio per creare il giusto groove. Poi aggiungo il resto. Ma prima di tutto devo sapere dove le macchine vogliono portarmi. Non direi proprio improvvisare, ma lasciare che il momento mi trascini. Una volta che sento quello che ascolto, mi annoto tutto. L’80% del arrangiamento è dal vivo, ma ho solo due braccia, quindi sono costretto a fare qualche modifica alla fine. Cerco di catturare il momento. Questo è forse ciò che la gente chiama “magia”. Cerco inoltre di migliorare la mia conoscenza delle macchine e le mie capacità di produzione per forzare questi momenti di ispirazione, controllandoli e facendoli coincidere in un secondo momento con le varie modifiche.
Tra il 2011 e il 2012 sei cresciuto molto, soprattutto dopo aver dato vita alla K209 con Milton Bradley. Come è nata questa collaborazione e l’idea di dare vita a questa etichetta?
Conosco Milton da molto tempo. Condividiamo le stesse idee musicali e ci capiamo al volo. Un giorno stavo lavorando su una traccia quando Milton si presentò nel mio studio. Facemmo una sessione assieme e il risultato fu “Going Forward” e Milton mi disse: “Rilasciamola!” Così è nata la label K209, che in realtà è il numero della stanza dove avevo il mio studio.
Il tuo nome ovviamente è legato anche a Grounded Theory, attraverso cui hai dato vita ad un’agenzia di booking e a famosi eventi. Cosa significa per te Grounded Theory, dopo 5 anni di lavoro e quale è la filosofia dietro ad essa?
Ho fondato Grounded Theory con un mio caro amico con lo scopo di fare le nostre feste con le nostre line-up. Questo è stato il primo passo e ha funzionato molto bene. In realtà, Milton è stato il motivo per cui è stata fondata anche un’agenzia di booking. E’ stato il primo artista del roster. Mi è sempre piaciuto lavorare autonomamente, nel mio mondo, così ho iniziato a costruirlo con la techno. Non posso davvero descrivere la filosofia che c’è dietro perché io sono Grounded Theory e Grounded Theory rappresenta me stesso. E allo stesso modo il mio collaboratore Micha è Grounded Theory e Grounded Theory è Micha. La sentiamo e la viviamo.
Come è gestire il booking di artisti e live performers? Riesci a conciliare bene il lavoro di booking agent con quello di artista o qualche volta ti sei trovato in difficoltà?
Il fatto di essere un dj mi dà una visione dall’interno di come ci si sente come artista e come un artista vede il lavoro del suo agente, ciò che si aspetta da lui e ovviamente viceversa. Per un po’ di tempo gestivo anche i miei bookings ma ho dovuto lasciare perdere perché non mi sentivo a mio agio a negoziare per me. Non mi sembrava proprio giusto.
Quali parties da te organizzati ricordi con più piacere?
Ce ne sono così tanti. Ogni evento Grounded Theory è stato ricco di momenti memorabili. Naturalmente alcune serate più di altre. Stiamo invitando grandi artisti, ascoltando grande musica e facendo divertire la gente. Sono tutte cose da tener presenti e che ci aiutano ad andare avanti con quello che facciamo.[/tab]
[tab title=”English”]Is it possible to be a great dj and a booking agent at the same time? We talk directly with Henning Baer, another product of the Berlin techno scene and the perfect embodiment of the modern artist. His first approach to techno music is very similar to thousands of German artists, but unlike many of them, it developed in several fronts, from manager and owner of his Grounded Theory to dj and producer on top labels such as Non Series or K209 with precious collaborations with Milton Bradley. We tried to have his answers to several questions, to know him better and understand his vision of techno, his ideas of the Berlin Italian scene, his approach in the studio and during his mixes, his feelings before and after a dj-set at Berghain. You can enjoy his precious words in the interview.
Let’s start from the beginning. You’re Berlin based (even if you are from Frankfurt), so it’s very easy to be inspired from techno sound. What were your main inspirations and when did you really start to get closer to this genre?
I got in touch with techno very early on. My sister is eight years older and she started going to raves I was twelve. I listened to her ex-boyfriends records, recorded them on tape, and had them in my Walkman all the time. I discovered the art of DJing when I was 15 and soon after got my first pair of turntables and a mixer. At that time I was into hip-hop as well but soon that faded out and techno stayed with me till today. Hip-hop is an inspiration for my sound as well as the music of Cristian Vogel and early Jamie Lidell stuff. Also, Neil Landstrumm, Aphex Twin, I-F, and a lot of 90‘s techno from the U.K and of course some of the U.S pioneers.
When it comes to techno opinions are divided. Those who criticize and those who love regardless. What you think could be the strengths of techno than other genres? In short, what is your global vision of techno?
The strength in techno is the diversity. Techno has so many rich and different facets. It has a long half-life and is a globally present movement. People identify themselves with it and keep the engine running. But there are also many distracting factors like big egos and the wrong motives. The good thing is that techno has a pretty healthy “self-cleaning” mechanism. Those distracting factors will always be spit out by the system. My vision of techno is that people do it for the right reason. Not for the instant fame but for the culture and for the idea behind it. Techno needs a lot of care to be a healthy movement and everyone involved is responsible for it as we live from it.
You are one of the favorite at Berghain, what are the feelings of a dj before and after playing a set there?
I don‘t know how others feel but before I start playing I withdraw into myself, thinking about the first track, the mood of the people, how I feel. Once I‘ve finished my set I always want to keep on playing.
In addition to Berghain there are many other popular clubs that deserve attention and in which you played many times, for example Tresor, Arenaclub and Stattbad… how is the scene in the city now and what changes have you noticed since you moved?
The scene is healthy and broad. Sometimes there’s a little too much techno here and there, but I guess techno is in fashion. This is a change: more people are going out to techno. I mean “techno“ techno. It is not so easy to compare the city I got to know ten years ago with the one today because I’ve changed the position from where I look at it. I don‘t go out anymore like I used to. And at that time I didn‘t contribute to the scene like I maybe do now. Things changed, that is for sure, and this is not a negative thing.
At the end of January and beginning of February you will be guest on several Italian clubs, a sign that your sound is also appreciated in our country. How do you see the techno scene in Italy?
I think the scene and people in Italy are very energetic. Italians like to rave and have a good time. They definitely have a very special temperament. I went to Italy now a few times and it was always great and am very much looking forward to be back, especially at the Grounded Theory night at Dude Club in Milan with Tommy Four Seven, Milton Bradley, and me.
We come to the more technical aspects. If you had to describe your musical approach for your sets, what would you say?
I always try to keep a certain energy and dynamic level, like a stream that is constantly moving, stream that makes you follow through it‘s ebb and flow. I like to make long transitions, as I really enjoy having two tracks perfectly beat-matched and EQed in one piece, like they’re glued together. But I also like to play a little more jumpy and to more be more aggressive. I like showcasing different mixing styles in one set to underline the specific stages we are at.
In the studio it may be different, during your sessions for compositional process in writing music. How do you usually start? Do you already have an idea in your head and try to develop or improvise and then you work on it?
I realized that when I start with an idea I rarely end with what I was thinking of. Having a defined idea of what kind of track I want to record doesn‘t always work for me, so most of the time I switch on my machines and start jamming. The 909 is my main instrument in the studio, and programming a sequence is often the first thing I do to get into the groove. Then I add the rest. But first of all I have to know where the machines want to take me. I wouldn‘t say I improvise, but I let the moment carry me. Once I feel what I am hearing I record everything. 80% of the arrangement is live, but I only have two arms so am forced to do some editing at the end. I try to capture the moment. This is possibly what people call “the magic.” I try to improve my knowledge of the machines and my production skills to kind of force these moments to happen, but I like to incorporate the factors of controlled coincidence into my works.
Between 2011 and 2012, you became very popular, especially after giving birth to K209 with Milton Bradley. How was born the idea of giving life to a label and working together?
I’ve known Milton for a long time now. We share musical ideas and have a certain understanding of each other’s approach. One day I was working on this track when Milton showed up at my studio. He entered the session and the result was “Going Forward” and Milton was like: “Let‘s release it!” The label was born. K209 is the number of the room where my studio was.
Your name is obviously related to Grounded Theory, through whom you founded the booking agency and famous party. What does this mean for you Grounded Theory, after 5 years of work and what is philosophy behind it?
I founded Grounded Theory with a very good friend with the main approach of doing our own parties with our own line-up ideas. That was the first step and it worked out very well. Actually, Milton was the reason why Grounded Theory as a booking agency was founded. He was the first artist on the roster. I’ve always enjoyed working for my own thing, working in my own universe, so I started building it with techno. I cannot really describe the philosophy behind it in details because I am Grounded Theory and Grounded Theory is me. It’s the same way my collaborator Micha is Grounded Theory and Grounded Theory is Micha. We feel it. We live it.
How is to manage the booking of other artists and live performers? Can you reconcile well your work of booking agent and the work as a dj?
I think the fact that I am a DJ myself gives me an inside view on how you feel as an artist, and how an artist sees the work of his booker, what he is expecting from him, and of course the other way around. For a certain time I was also handling my bookings but I had to leave it as I didn‘t feel comfortable negotiating for myself. That didn‘t feel right to me.
Which are the best memories of Grounded Theory parties?
There are so many. Every Grounded Theory is full of good moments. Some nights more than others, of course. We are inviting great artists, listen to great music, and make people enjoy themselves, which are all things to remember and to help us carry on with what we do.[/tab]
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