Con i ragazzi di Bosconi abbiamo un rapporto quasi simbiotico. Con loro abbiamo aperto la serie dei podcast, abbiamo dato il via a parecchie intervistate e recensito molti lavori. Una famiglia solida che negli anni ha adottato giovanissimi di ottime speranze come Marco D’Aquino ed Herva. Proprio Herva, dopo aver dato prova del suo talento con releases singole (“Skin EP” su Bosconi Extravirgin) e in coppia (Life’s Track con Marco D’Aquino), ha voluto aggiungere l’ultimo tassello per la definitiva consacrazione: un album. Un passo molto complesso, ma ciò che conta, si sa, è avere gli stimoli e le idee giuste a prescindere dall’età anagrafica. Doti che non mancano al fiorentino, il quale accompagna un mix letale tra incoscienza e sfrontatezza tipico della sua età ad un invidiabile conoscenza del vecchio spirito disco, nato ben prima di lui dall’altra parte del globo. Così si può riassumere “Meanwhile In Madland”, un lavoro ottimale frutto di una passione slegata dai luoghi comuni attuali e inglobato tra soul, downtempo, disco e Uk garage.
Già con la prima traccia, “Meanwhile In Madland”, emergono i tratti portanti dell’album che indicano la strada di un lento e magico cammino perdurato da pads e voci celestiali dub. Dopo il primo step, ecco il bivio con “Soul Crash” che ci conduce a drums un po’ più costruite nelle quali l’infatuazione soul si palesa in un quadro sempre più malinconico. La stessa “She Plays Tricks On Me” rimarca in maniera ancor più evidente quanto appena accennato con l’aggiunta dell’ hit vocale. Il percorso prosegue diritto senza troppi ostacoli o indicazioni precise; lo si evince in “Memories”, costruita su diversi piani ritmici, con il preciso scopo di riportare alla luce i preziosi ricordi del passato senza per forza doversi legare all’orizzonte temporale. In seguito riaffiorano contesti dinamici e orientati ad una reale positività, ecco quindi “Mono Relax”, arrangiato su un’atmosfera distesa aiutata dall’esortazione vocale e dal background naturale, o la stessa “Breathe!”, contorniata dallo spirito soave del parlato e supportata in sequenza da hats e da pregevoli synths allargati da vari delay. Il tocco raffinato è perfettamente constatabile anche in “Broken” dove torna in auge l’animo soul accompagnato da una girandola di emozioni contrastanti, in gran parte dovute al giro di synth e ad ambients prolungati. Con “Useful Distortion” entra in scena anche l’elemento percussivo, mentre basso e indistinti vocali provocano una distorsione sonora brillantemente colorata e alternata da momenti soft e altri più groovosi. Il “limite di velocità” viene poi abolito dal giro molto più funky e le chiare rimembranze all’originalità dei primi dischi house di “Rain” ma soprattutto di “In The Right Way”, dotati entrambi di maggiore spinta ritmica. Stop. C’è una nota fondamentale da non trascurare. Vi siete accorti della matrice “live” in ogni composizione? Beh, se qualcuno ancora non l’avesse notato, può essere aiutato ascoltando direttamente in “Triangle” nella quale la progressione dei vari input sonori è dovutamente equilibrata da accenni old skool ma pur sempre attutìti dalla leggerezza del sintetizzatore. Si arriva alla destinazione finale con “Bffmmm” e “Reality Madness”, le quali riportano alla pacatezza delle prime tracce tra partizioni sofistiche e dovuti silenzi.
Poche parole senza volervi tediare: l’album vale tutto, dal primo all’ultimo secondo sia per la qualità che per la ricercatezza…geniale, a dir poco. Herva is on fire!