Ora che dalla m_nus c’è il fuggi-fuggi (vedi l’improvvisa baldanza della navicella Items And Things), diventa curioso da un lato vedere come si comportano quelli che sono rimasti all’ovile, dall’altro dare vita ad un simpatico derby per capire se è meglio – almeno artisticamente – restare sotto la coperta protettrice di zio Richie o se invece è meglio uscire da soli e non accompagnati. Adesso poi che presumibilmente Magda, Troy e Marc saranno in altre faccende affaccendati (e non solo loro, vedi Heartthrob), le seconde file della label possono improvvisamente guadagnare spazio: non succede spesso. Un po’ come quando con Calciopoli perfino il Chievo è finito in Champions League, ricordate?
Hobo, in tal senso, è un esempio perfetto. Mai stato in passato una delle stelle della label hawtiniana, si ritrova ora all’improvviso a giovarsi della poderosa macchina da marketing architettata dal nostro amico col ciuffo: ha infatti addirittura un lp in uscita, su cui pare tra l’altro abbia lavorato un sacco di tempo. La partenza dell’album è, in effetti, a dir poco incoraggiante: “Blackwell” e “Camlachie” fanno scrivere, nel nostro taccuino degli appunti, che la minimal e la m_nus in particolare possono avere ancora molte ma molte cose da dire e che c’è più fragranza nelle sottili e preziose miniature del tipico suono della label – se svolto bene – che nelle nuove strade più o meno house/disco imboccate dai transfughi. Sono infatti brani con una dinamica, con una spinta propulsiva e con una cura produttiva che un Marc Houle con il suo “Undercover” si sogna, per dirla chiaramente.
Evviva Richie e i suoi nuovi scudieri? La m_nus torna ad essere una delle leader non solo economiche ma anche artistiche? Eh. Dalla traccia tre in poi, ogni nostra speranza affonda come un incudine in un lago. Da “Duress Duress” fino all’ultima “Sundowner” c’è solo una lunga, infinita, noiosissima raccolta dei luoghi comuni più stantii del suono minusiano, con una piattezza complessiva che lascia abbastanza senza parole: niente dinamica, poca cura del suono, idee originali neanche parlarne. Arrivare fino alla fine del cd, diventa una punizione. Adesso Hobo, Joel Boychuk all’anagrafe, annuncia che si dedicherà soprattutto alla carriera da dj. Se così è, rischia di percorrere le orme dell’Hawtin più noioso, quello giusto pre-ritorno di Plastikman: un Richie al massimo del minimalismo, al minimo delle idee. Speriamo che stavolta la gente sia più sgamata, e sappia dire basta ad un pattern che era rivoluzionario nei primi anni ’90 ma che andando avanti nel tempo invece di arricchirsi di idee si è pesantemente impigrito ed imporverito su se stesso (cosa che Hawtin secondo noi sa, sennò difficilmente avrebbe varato un ritorno così in grande stile dell’Uomo Di Plastica, lui non fa mai le cose a caso).
Comunque, per la cronaca, l’anno dopo il Chievo lo iniziò sì coi preliminari di Champions, ma poi finì retrocesso in B. Ecco.