Tra gli addetti ai lavori la cosa era nell’aria già da settimane, ora la bomba esplosa: Home Festival, che in questa edizione 2019 aveva le carte per essere uno dei festival più grandiosi mai organizzati in Italia, è andato gambe all’aria. Almeno in parte. Ma una parte robusta. Fondamentale. Questo è il comunicato ufficiale apparso ieri, leggetelo attentamente:
Ora. Sarebbe stato molto più onesto annullare e basta, o portare comunque avanti l’evento dicendo le cose come stanno. E’ lecito infatti essere molto, molto scettici verso questa “mancata installazione di un palco per motivi sicurezza”; francamente, la gente che nel dopo Corinaldo tira fuori le “questioni di sicurezza” per nascondere problematiche che esulano da questo contesto specifico e sono invece anche e soprattutto di sostenibilità finanziaria, sono o sciacalli o gente che non è capace di prendersi davvero le proprie responsabilità. Che un evento grosso come Home Festival, con una line up di quella imponenza, si trovi a scoprire dopo mesi di annunci e promozioni non poter montare un main stage perché… perché no, prefigura o dilettantismo o cattiva fede, nel senso che è una scusa messa lì ad arte. Tertium non datur.
Ma il peggio arriva dopo, e sta nelle pieghe dei mille commenti che si sono succeduti sotto il post di cui sopra. Ad un certo punto l’account ufficiale dell’Home Festival prova a dire che la line up è rimasta “sostanzialmente integra”, facendo intuire – come pare confermato da qualcuno che ha provato a chiamare l’info line dedicata – che non c’è l’intenzione di effettuare alcun rimborso dei biglietti già acquistati in prevendita.
Se la linea è questa, ci assumiamo la responsabilità del parlare così chiaro, è semplicemente una presa per il culo. Speriamo davvero che la notte porti consiglio, e che da domani invece si provveda al risarcimento del biglietto per chi ne farà richiesta. Un festival a cui vengono tolti quasi tutti i principali headliner (diciamo che si salvano solo Paul Kalkbrenner, LP, Editors, volendo Bloc Party: ma ne sono stati fiocinati ben otto, a partire da Aphex Twin…) non può in nessuna maniera, se non in una improbabile supercazzola, essere considerato un evento la cui line up è “integra”. Zero proprio. Non dovresti scriverlo nemmeno per sbaglio, figuriamoci pensarlo veramente.
Gli errori di Home Festival nascono da lontano. Siamo stati grandi sostenitori del festival anni addietro, quando era davvero un “unicum”: tantissima gente, atmosfera rilassata, biglietto bassissimo, molte buone vibrazioni. Poi ad un certo punto si è tentato di alzare la posta in gioco: prima la line up era un po’ casuale ed era solo un elemento fra tanti, poi si è iniziato a giocare al gioco dei grandi, piano piano, elevando il livello del booking e dei nomi in cartellone: un tentativo per nulla sbagliato, un tentativo anche lodevole, ma un tentativo comunque rischioso. Non tutto è andato per il verso giusto, da un certo momento in avanti. Quest’anno, invece di aggiustare il tiro, si è voluti andare al raddoppio, anzi, al quadruplicamento, anzi, al centuplicamento. In una specie di “o la va, o la spacca”. Nuova location, abbandonando quella Treviso e quella provincia veneta che è sempre stato il DNA di Home; la scelta del Parco San Giuliano (location che raramente ha portato fortuna, l’Heineken Jammin’ Festival ed Electrovenice ne sanno qualcosa) e soprattutto la voglia di vendersi come “Venezia” – guardate la pagina Facebook, coi suoi post “turistici” belli in inglese, peccato che poi l’annuncio della disfatta è in italiano – dandosi una auto-attribuita patina di festival internazionale in grado di attirare folle oceaniche dall’estero.
Le folle dall’estero, e lo sanno bene i festival che le attirano davvero (in primis Kappa FuturFestival, con numeri impressionanti, e Club To Club) arrivano dopo anni e anni di lavoro certosino, di semina, di investimenti. Ad Home l’impressione è che abbiano pensato bastasse piazzare una serie di cartoline di Venezia, e una line up di grandissimo peso, e voilà, sciamano folle immani da ogni dove terracqueo.
(Line up: quello che era, quello che non è più; continua sotto)
Che poi, parliamo della line up. Si è fatta molta ironia su un festival dove suonano fianco a fianco Aphex Twin ed Elettra Lamborghini, Jon Hopkins e Gue Pequeno. Non siamo abituati ad un festival del genere, in Italia. Ci pare strano (o ci pare l’Heineken: un festival che si è retto solo sulla presenza di Vasco Rossi, come numeri). E quindi un po’ lo si percula. Il fatto è che all’estero festival del genere, dove si combina un po’ di tutto, sono abbastanza la norma; e quindi da perculare non ci sarebbe nemmeno tanto, anzi. Però bisogna armarsi del principio di realtà: se cose del genere in Italia non ci sono mai state o non hanno mai funzionato, sarà anche per un motivo, mica solo perché gli altri son scemi e tu sei intelligente. Se si vuole invertire il corso delle cose, bisogna agire con calma, perseveranza, passo dopo passo. Non sparare dal nulla una line up mostruosa (Aphex Twin da solo costa ormai una cifra a cinque zeri, e la cifra davanti al primo zero ehm non è certo uno). No. Non vai da nessuna parte.
E infatti.
Ora. Speriamo che all’Home rinsaviscano e diano il via al rimborso dei biglietti, per chi lo chiede. Speriamo non provino nemmeno più per scherzo a parlare di “line up sostanzialmente integra”, e/o a proporre strani diversivi pur di non restituire i soldi del biglietto a chi ne fa richiesta. Speriamo passi questa linea. Se il festival si farà, nomi validi comunque restano e speriamo che tutti possano divertirsi e stare bene, fra i presenti.
Speriamo anche, massì, che la crew di Home o altri organizzatori in futuro riescano nell’obiettivo di dare all’Italia un festival “alla Glastonbury”, dove cioè la line up va in tutte le direzioni. Non è il nostro tipo di festival preferito, ma visto che la diversità è sempre un valore, beh, che ci sia un festival anche di questo genere in Italia, come ce ne sono in Inghilterra e in decine di altri paesi sparsi nel mondo, lo vedremmo comunque come un fattore positivo. Poi chiaro, se chiedete a noi ci sono artisti di qualità che andrebbero sempre sentiti in contesti di qualità, “mirati”, e non infilati in un calderone indistinto che chiama i grandi numeri by any means necessary; ma questo diventa già una questione soggettiva, un problema di gusto ed attitudine personale.
Quello che di sicuro non va è che proprio alla base della progettazione di questa versione 2.0 si siano corsi dei rischi enormi e, vedendo a poche settimane dall’evento che questi rischi non stavano pagando, si tenti quindi una incerta virata che salvi capra e cavoli, tutto ciò invece di assumersi le proprie responsabilità.
Questo non va per un cazzo. Il problema non sono Aphex ed Elettra. Il problema è metterci la faccia, e stare dietro a quello che si fa. Anche agli errori. Che possono capitare a tutti. Ma chi cerca di nasconderli sotto il tappeto facendo finta di niente, ecco, vuol dire che la storiella di Fyre Festival l’ha presa più come esempio da seguire che come orrore da evitare.
Update importante: leggete QUI gli sviluppi della situazione