Chicago, New York, Detroit: queste città statunitensi hanno in comune il fatto di essere state la culla dei germi che hanno dato vita ai generi di musica dance più influenti perlomeno degli ultimi 30 anni. L’impressione è però che, con la stessa velocità con cui il classico beat “four-to-the-floor” house ha conquistato il mondo, qui se lo siano dimenticati, intenti a rincorrere le superstar e le declinazioni del pop. Noi siamo andati a visitare due di queste capitali, Chicago e New York, e abbiamo esplorato alcuni di quei luoghi che per destino o puro caso sono diventati il simbolo di un movimento capace di andare ben oltre i confini musicali. L’esempio più lampante è quello del Warehouse, il famoso locale di Chicago che ha dato il nome a un intero genere, oggi relegato a uno studio per avvocati. Solo una minuscola targhetta sul cartello di Jefferson Street evita che si dimentichi quello che fu.
Qua e là si trova qualche strascico, come il technics di Frankie Knuckles e la 808 di Vince Lawrence, abbandonate in un angolo del Chicago Cultural Center, ma a tenerne viva la memoria e la passione sono soprattutto le persone. Sì, perché a Chicago e a New York sono molti i nostalgici che continuano a riunirsi per celebrare i loro rituali festaioli nei club underground della città, come Hector Romero, che mensilmente organizza il suo The Network, un live streaming dedicato agli amanti del genere, il cui obiettivo è proprio quello di connettere i seguaci della scena. I negozi di dischi restano un altro centro nevralgico della scena, come il Gramaphone Records di Chicago, dove basta una parola per scatenare il fiume di ricordi di Michael Serafini, proprietario del negozio e resident dello Smart Bar, che i dancefloor li riempie a colpi di 909 sin dai primi anni ’90. Infine restano le label musicali, un tempo capaci di dettare la linea stilistica della scena e che oggi faticano a restare al passo coi tempi. Non è il caso di Nervous Records che, a quasi 30 anni dalla fondazione, continua a stampare incessantemente album ed EP, ritagliandosi una fetta di tutto rispetto nella scena. Noi siamo andati a conoscere Andrew Salsano, A&R manager proprio di Nervous Records, per sapere il suo punto di vista sulla questione. A sua detta, se il presente negli States lascia un po’ a desiderare, è al futuro che bisogna guardare, perché pare possa riservare delle sorprese piacevoli…
Cominciamo parlando un po’ di te: chi è Andrew Salsano e come sei finito a lavorare per Nervous Records?
Ho iniziato alla RCA/Sony, lì avevo l’incarico di assistere il vicepresidente di A&R, gestivo i remix per Alicia Keys, Christina Aguilera, Whitney Houston, insomma tutti i maggiori artisti dell’epoca. Anche se è stato fantastico e ho imparato molto, non mi piaceva l’aspetto commerciale, non era quello che volevo veramente.
Era per il tipo di pubblico? O per lo stile musicale?
Sì, per lo stile e anche l’ambiente. Ero appena uscito da un lavoro tipicamente aziendale, passavo dall’industria tech a quella musicale, ma in entrambe le realtà c’era quello che qui in America chiamiamo “Red tape”, il che significa che dovevi ottenere l’approvazione da questa persona, poi da quell’altra e così via, prima di poter effettivamente andare in produzione. Andando alle feste e conoscendo persone sono entrato in contatto con Mike (Mike Weiss, fondatore di Nervous Records, NdI). Stava cercando qualcuno per lo stesso ruolo, così sono entrato a far parte di Nervous dal 2009 e da allora sono sempre stato qui.
Quindi lavori nel settore da un bel po’ di tempo. Come pensi che la tecnologia abbia cambiato il nostro modo di ascoltare e distribuire la musica?
La tecnologia è interessante perché prima dello streaming e dei download digitali, non molto tempo fa, forse 20 o 15 anni fa, si poteva andare a una conferenza come l’ADE di Amsterdam e sentire un pezzo che era stato pubblicato solo in Germania. Ai tempi potevi acquistare la licenza di quella traccia per l’America e poteva comunque essere un successo in entrambi i luoghi, in modo completamente indipendente. Ora, a meno che non abbia davvero un potenziale radio o commerciale, una volta che una canzone è stata pubblicata, è andata!
Su Nervous Records, la maggior parte delle release odierne sono digitali, ma nel vostro catalogo sono presenti anche pubblicazioni in vinile. Qual è il posto del vinile nel business musicale contemporaneo?
C’è sicuramente ancora una richiesta di vinile, noi non ne stampiamo molto per le nuove release, a meno che non ci sia un artista che lo richieda specificamente. Ad esempio, abbiamo fatto il vinile per l’album di Louie Vega e ha venduto piuttosto bene perché, appunto, è Louie Vega. Abbiamo appena fatto anche un remix con Krystal Klear e al momento sta riscuotendo molto successo, ma c’è soprattutto richiesta per i cosiddetti “re-press”, ovvero tutti vecchi titoli, specialmente dalle nuove generazioni che vogliono familiarizzare con il vinile. Puoi acquistarne una versione bistrattata e graffiata su Discogs oppure prendere un re-press. Se vendi 7-800 copie di un re-press il guadagno non è niente male. Fino a ora l’abbiamo fatto principalmente per i dischi house, ma stiamo facendo re-press anche dei 7″ hip hop.
Passando da come la tecnologia abbia cambiato il modo di distribuire la musica al modo in cui si scovano i nuovi talenti: come trovi gli artisti al giorno d’oggi?
Alcuni anni fa dovevi girarti tutti i club. Anche se quando ascolti la musica negli speaker in ufficio non avrai mai la stessa reazione del sentirla in un club, ed è quindi ancora molto importante uscire e provare quella sensazione, oggi puoi ascoltare una traccia ovunque, da chiunque. Ciò rende il mio lavoro più semplice, posso ascoltare i programmi radiofonici in Australia, Paesi Bassi, Regno Unito, tutti on-demand. È sicuramente una grande innovazione, ma può essere controproducente perché abbassa la barriera di accesso per tutti.
E cosa serve a un artista per entrare in Nervous Records?
Penso che debba fare musica autentica prima di tutto per se stesso. Può essere qualsiasi stile, ma deve essere autentica. Quello che voglio dire è che non deve essere per forza originale, ma non deve cercare di sembrare come qualcun altro. Per esempio è come se tu dicessi: “Ho realizzato un brano che sembra dei Tale of Us“. Sono sicuro che chiunque dica questa frase sarà un ottimo producer, ma non farà mai musica come i Tale of Us, sarà sempre il secondo arrivato.
Hai detto di ascoltare programmi radiofonici europei. Sei stato anche in qualche club in Europa?
Sfortunatamente non viaggio molto, sono stato a Londra lo scorso giugno per promuovere l’album di Louie Vega, sono stato anche nei club in Svizzera e ovviamente ad Amsterdam.
E come pensi che la scena europea sia differente da quella degli Stati Uniti? A me sembra che house, techno, garage siano stati tutti inventati negli Stati Uniti, ma poi in Europa li abbiamo presi e ne abbiamo fatto qualcosa di completamente diverso.
Sento, da tutti i programmi radiofonici che ascolto, che, per esempio, l’Inghilterra ha una club culture molto più sviluppata rispetto all’America. In America ciò che chiamiamo “club culture” è ancora di nicchia, anche se l’entrata in scena dell’EDM ha attirato più attenzione sui club, il che penso sia una buona cosa. Alcuni dicono “una marea crescente solleva tutte le barche”, anche se non sono esattamente d’accordo, penso che le persone che vanno ai concerti e nei club EDM non passeranno alla musica house da un giorno all’altro, ma tutto invecchia, crescendo cambiamo i nostri gusti in fatto di programmi TV o vestiti. Penso che per la musica valga la stesa cosa: prima o poi si stancheranno dell’EDM e potrebbero volere qualcosa di un po’ più sofisticato. Questo è il motivo per cui stiamo cercando di mantenere la qualità sempre alta, sappiamo che prima o poi quelle persone vorranno venire da noi. Se vuoi fare un confronto, prima dell’arrivo dell’EDM accendevi la radio e sentivi musica pop, o hip hop, o musica rock e alternativa. C’erano forse un paio di stazioni che suonavano musica dance, ma erano stazioni satellite, underground. Ora la Top 40 è un mix di generi pop e altri come R&B, country, con una forte influenza elettronica, penso si stia avvicinando a quella inglese e di altri posti, ma siamo ancora lontani dalla convergenza della cultura del club e della cultura pop, almeno su radio mainstream.
Quindi occhi puntati sul futuro! Cosa c’è nel futuro di Nervous Records? Qualcosa di grosso in arrivo?
Abbiamo qualche compilation in arrivo, abbiamo un nuovo album per Oscar G, una compilation di Hector Romero sulla sua visione della “world house” visto che viaggia parecchio. La prima compilation che aveva fatto per noi ha avuto molto successo, è stata numero 1 su Traxsource per forse tre mesi. C’è anche un album davvero eccezionale di questi ragazzi di Baltimore chiamati Jasper Street Company, sono DJ Spen e Teddy Douglas. Conosci “Crystal Water – Gypsy Woman”? Ecco, Teddy era il produttore. Non puoi trovare house music più autentica di questa. Non tutte le canzoni saranno solo gospel house, ma lo stile è quello.
Questa domanda è probabilmente la più difficile: immagina qualcuno che stia leggendo l’articolo e non sappia nulla di Nervous Records. Se dovesse iniziare a scoprirvi da una singola canzone, quale sarebbe?
Uh, wow! Bella domanda. Probabilmente direi il remix di Armand Van Helden di “Kim English – My Life”. Penso che rappresenti esattamente quello che è stato, non cerca di essere qualcosa che non è. Penso che potresti suonarlo ora a una festa e andrebbe molto bene in pista, ma non è un pezzo come “Born Slippy” che tutti suonano e tutti conoscono. Tracce come questa funzionano ancora abbastanza bene nei club, e in realtà ora i produttori stanno iniziando a utilizzare campioni presi da quell’epoca. Conosci ad esempio Paul Woolford? La sua ultima traccia che è stata passata molto in radio si chiama “Hang Up Your Hang Ups”, è un vecchio campione di Kim English.
La house music delle origini è quasi come se fosse la nuova disco, che allora è stata una grande risorsa per i campioni.
Sì, assolutamente. E non ci sono molte label dell’epoca che sono ancora attive. Ad esempio, Strictly Rhythm ha venduto il proprio catalogo a BMG. C’è Defected, ma loro hanno iniziato più tardi, penso verso la fine degli anni ’90.
Ho l’impressione che nella scena house ci sia molto rispetto per le persone che sono state in giro più a lungo, per quello che sono state in passato, quello che rappresentavano, perlomeno più che in altre scene musicali.
Devi averlo! Anche perché se sei un marchio rispettato e fai una release più commerciale, ma poi torni a fare quello che facevi, a nessuno importa. Ma se continui a cambiare completamente, perderai credibilità. È molto difficile essere un’etichetta commerciale, un’etichetta underground e un’etichetta nel mezzo, allo stesso tempo: devi scegliere. E sento che guadagni credibilità se rimani fedele a quello che sei, una volta che perdi credibilità e autenticità, non la recupererai più, o comunque ci vorrà molto tempo.
Soprattutto ora, con un mercato così saturo, ci si affida alle etichette che si conoscono e di cui ci si fida.
Sì, assolutamente! Questo è esattamente ciò che intendo. Se pubblichiamo qualcosa che non è quello che facciamo di solito per una settimana, va bene, gli ascoltatori torneranno comunque la prossima settimana. Ma se continui a deluderli, prima o poi ti diranno: sai cosa, ci hai stancato!
Andrew ha iniziato la sua carriera come Junior A&R di RCA Music Group, commissionando remix per Alicia Keys, Christina Aguilera, Whitney Houston e molti altri. Sono stati questi anni di formazione a contribuire a definire il suo sound e il suo ambito, spingendolo a portare la sua esperienza, maturata lavorando con le major, e applicarla nel mondo delle indie label.
Da quando è entrato a far parte di Nervous nel 2009, Andrew ha firmato alcuni dei primissimi brani di Danny Daze, Maxxi Soundsystem, Eats Everything, Todd Terje, Just Kiddin, Tough Love e molti altri. I quali hanno poi raggiunto il successo nella loro carriera di DJ entrando anche nelle classifiche di BBC Radio 1.
I riconoscimenti di Salsano includono la firma di Damon C Scott, cantante della hit radiofonica numero uno nel Regno Unito “Stormqueen – Look Right Through”, per un accordo di gestione e pubblicazione. È stato anche nominato per un IDMA Award come Best Label Exec/In-house Promoter nel 2011, 2012, 2013 e 2015 ed è stato vincitore del premio per il miglior brano Indie Dance/Nu-Disco del 2011 per il remix di Maxxi Soundsystem di Scandal “Just Let Me Dance”.
Nel 2018, Andrew continua a ricevere regolare supporto da radio specializzate come BBC Radio 1, NTS, Rinse FM, Radio 538 NL, WDR-1 Colonia, KNHC, WKDU, WEXP e KCRW, senza smettere di approfondire la sua conoscenza e accumulare esperienze da aggiungere alla sua carriera decennale.