L’onda lunga della (ri)scoperta di valori, di accortezze, di attenzioni, di prudenze e di rinnovata sensibilità torna a far sentire i suoi effetti sul mondo del clubbing, dal punto di vista proprio più banalmente onomastico. The Black Madonna ora è The Blessed Madonna, e se da un lato ovviamente è lecito e giusto che lei decida cosa sia meglio e più opportuno per lei, e cosa la possa far sentire più a suo agio, al tempo stesso non ci tiriamo indietro nel definire la scelta un po’ una puttanata.
Tra l’altro, nel momento di maggiori polemiche sugli eccessi da political correctness una delle battute era proprio “Ora mo’ dovrà cambiare il nome pure The Black Madonna”, e poi lo scherzo è diventato realtà (ah, lo era diventato pure per Joey Negro aka Dave Lee). Bene: qualcuno aveva anche fatto la battuta “…di questo passo dovranno cambiare nome pure i Detroit Swindle”. Ecco… è successo.
Dear friends,
After careful deliberation and intensive conversations with our peers we’ve decided to change our name to…
Pubblicato da Detroit Swindle su Lunedì 23 novembre 2020
Di nuovo, dal nostro punto di vista e partendo dal presupposto che i due olandesi hanno il diritto e il dovere di decidere loro cosa è più appropriato per sé e questo resta il punto più importante, fateci dire che questa è un’altra piccola sconfitta dell’intelligenza e del buon senso. Il nome Detroit Swindle era l’esatto opposto dell’appropriazione culturale; a non capirlo potevano essere solo le persone in malafede, o quelle con scarsa capacità di elaborazione della informazioni. Del resto, come dicono loro stessi nel post, “fin dall’inizio la scelta del nome era per noi un nome per pagare un tributo a Detroit”. Ma ci si sente persino stupidi a doverlo ribadire.
Se poi qualcuno non l’ha capito, o lo ha contestato, ci può stare: c’è gente che dice perfino che la terra è piatta e il Coronavirus non esiste, figurati se non c’è chi dice “Detroit Swindle” è una offesa al patrimonio culturale della capitale del Michigan e uno spregevole esempio di “appropriazione culturale”. Ma esattamente come si fa coi terrapiattisti e coi negazionisti, questa gente va esclusa dalla narrazione: esclusa cioè dalla considerazione pubblica più sensata, dalla possibilità di incidere sulle politiche attive.
La decisione dei Detroit Swindle, a nostro modo di vedere, fa esattamente il contrario di quello che si propone, ovvero “contribute to the narrative equality in a positive way”. Esattamente il contrario. Perché dà tribuna, ascolto, influenza e ragione ad un giudizio gretto, ignorante, grossolano o forse anche in malafede. Dando infatti ragione a chi sostiene che chiamarsi “Detroit Swindle” sia appropriazione culturale, invece di “ripulire” il dibattito e portarlo nella direzione ingiusta lo si inquina.
Poi, qualcuno può anche dire “Ma chi li conosce loro, lo stanno facendo solo per farsi un po’ di pubblicità, sennò figurati chi se li inculava”: premesso che non crediamo sia così, e punteremmo i classici dieci euri sull’onestà d’intenti di Lars Dales e Maarten Smeets, se proprio per assurdo vogliamo credere che questa fosse l’intenzione allora a maggior ragione è importante dare un feedback negativo a questa operazione: no, così non si fa e no, così non fa bene a nessuno. Men che meno alla causa che si vuole sostenere.