Ora: il titolo – che poi è estrapolato da una barra del brano che potete sentire qui sotto – è vero solo in parte, perché negli anni più di un rapper si è trovato a citare Genova e la Diaz (e non solo i “prevedibili” Assalti Frontali e 99 Posse, ma anche Willie Peyote, Ensi, Fabri Fibra, Lucci dei Brokenspeakers ed altri ancora – come poi scriveremo sotto). Ma che nel ventennale di un evento che ha tagliato una serie di generazioni, quelle che oggi sono adulte ma che a cavallo del passaggio del millennio avevano forza ed ideali, l’hip hop nazionale non tiri fuori nulla di visibile e forte a livello di scena, a livello di presa di posizione collettiva o almeno visibile, beh, fa riflettere. Il rap non era quella cosa che raccontava la realtà? E la realtà è diventata solo psicofarmaci, capi d’abbigliamento, paranoie tascabili ed ego-trip? Si è persa così bruscamente la memoria storica?
Attenzione: non vogliamo il ritorno al rap come colonna sonora dei centri sociali, non vogliamo torni a finire in una gabbia inautentica come quella in cui era disgraziatamente finito all’inizio degli anni ’90 per colpa di certi media, non vogliamo sia “la musica dell’impegno” (…l’impegno poi cos’è, ripetere slogan già usati negli anni ’70?). Ma se è vero che la realtà è anche il blocco, Cinny, le benzodiazepine, il cash, i Rolex e quant’altro, è pure vero che in passaggi così dirimenti ed importanti che l’hip hop non faccia sentire la sua voce (una sua posizione, un qualcosa… qualsiasi cosa…).
Per fortuna c’è però chi lo fa. E lo fa molto, molto bene. Abbiamo infatti due esempi parecchio belli da segnalare. Il primo vede Ted Bee chiamare al microfono Kento e tirare fuori un brano affilatissimo, che vi consigliamo di ascoltare:
Il secondo è quanto ha deciso di fare TRX Radio (la radio via app – ma poi i contenuti li recuperate anche attraverso i vari canali podcastiani standard), che non solo ha deciso di toccare l’argomento senza nascondersi per paura di scontentare questo o quello ma anzi c’ha proprio costruito una playlist sopra, trasmessa nella giornata di domani. Leggete attentamente il post uscito su Instagram (e, domani, se vi va, sintonizzatevi):
Davvero. Non è questione di nostalgia per le posse, o di quando il rap o era impegnato (ed impegnato in un certo modo…) o non veniva nemmeno considerato, posizione che era un misto di ignoranza della materia o strumentalizzazione. Ma se il rap vuole continuare ad avere un ruolo rilevante nell’immaginario collettivo, deve saper toccare in modo importante argomenti importanti. Perché non si può sopravvivere di sole cazzate, di solo rap game, di solo argomenti fashionisti o stupefacenti del momento.
Genova e il G8 sono stati una dolorissima cesura generazionale, che si porta tra l’altro ancora un sacco di domande irrisolte e di giustizie non compiute (…e fissarsi solo sull’icona di Giuliani può essere fuorviante, come del resto qualsiasi volta si riduce una questione complessa ed importante ad icone e slogan semplici).
Chi nella scena hip hop sta dedicando questi giorni a ripensare, ricordare ed a reinterpretare quei momenti, sta facendo bene. Giù il cappello.