Per chi non se ne fosse accorto, o avesse la memoria corta: il servizio estivo dei vari TG e dei quotidiani più o meno locali sul rave che raduna persone, punkabbestia, tossici e brutta gente – per cui si invoca l’intervento della polizia, e ci si indigna se non sgombera tutto manu militari – c’è praticamente ad ogni stagione. Sì, ogni stagione. Già da anni insomma fa buona compagnia al servizio in cui “Bere più acqua, mangiare frutta, non lasciare soli gli anziani“: avete presente? E’ diventato insomma una specie di “porto sicuro” per i redattori della stagione estiva dei vari media (che, ricordiamolo, spesso sono i sostituti dei sostituti: meno bravi, meno tutelati, più attenzionati dai capi, più bisognosi di non fare cazzate e mettere lì notizie che fanno audience a colpo sicuro).
Poi chiaro, quest’anno comunque è stato un po’ diverso. Perché c’è il Covid, con tutte le limitazioni che sappiamo (e che stanno falcidiano gli eventi legali). E perché gli organi di informazione hanno anche calato il jolly, il jolly purtroppo più triste di tutti: il morto. Che poi i morti sono diventati due (ma il secondo non verificato pare sia una bufala a tutti gli effetti) o tre (idem), e a cui poi si sono aggiunti notizie di violenze sessuali, maltrattamenti di animali, persone ricoverate in quanto intossicate dall’alcool (o da altro). Un piatto veramente ricco, e infatti intorno ai fatti di Mezzano (qui una delle poche ricostruzioni “mainstream” un minimo equilibrate) – in provincia di Viterbo – si è scatenata una attenzione ancora più alta del solito, rispetto alla media, e che sta durando un po’ di più. Con toni più aspri, indignati, scandalizzati.
Partiamo dalle basi: un “rave illegale” (e ok, ora arriveranno i puristi e gli appartenenti al movimento a bacchettarci dicendo che bisogna usare “free party” o “teknival“: ma l’importante è capirsi, non la nomenclatura) è, lo dice la definizione stessa, illegale per principio. Non ci si può scandalizzare o meglio ancora sorprendere per qualcosa che è, ecco, nel DNA stesso dell’evento. Né si può dimenticare, come corollario, che la club culture come la conosciamo oggi nasce e si sviluppa in primis con l’illegalità (l’esempio più chiaro la Summer Of Love inglese, quella che ha portato dalle nostre parti techno, acid, breakbeat, anche la house fruita in un certo modo, poi tutti “irregimentati” nel clubbing più regolare). Quindi ecco, prima di dire che ogni illegalità è inaccettabile e va repressa duramente all’istante – posizione che abbiamo visto piacere molto a parecchi addetti al settore del versante più commerciale e/o ricco – bisogna comunque farsi un’analisi di coscienza, per comprendere meglio le origini di ciò che ti sta facendo fare fatturato. Magari rispettandole un po’.
Il che non significa dare il via libera ai rave illegali, “Sono parte fondante della cultura, non vanno toccati, non vanno contrastati“. No. Non è questo il punto, né la posizione che qui si sostiene. Anzi.
Nel momento in cui fai qualcosa di illegale, fai una scelta di campo. C’è chi lo fa perché crede in un ideale nobile, c’è chi lo fa solo per potersi fare più facilmente i cazzi suoi, c’è chi lo fa per drogarsi come un cammello anche in pista, ognuno ha i suoi motivi (che magari si sovrappongono pure), sta di fatto che la scelta dell’illegale non è né deve essere un “pranzo di gala”. Se ti poni nell’illegale, devi mettere in conto una azione e reazione del mondo della legalità, con conseguente rischio e precarietà – rischio e precarietà che peraltro già ci sono come base costitutiva di quello che stai facendo. Non ti saranno stesi i tappeti rossi, né evidentemente li puoi pretendere. Nel momento in cui la tua scelta illegale cavalca in primis degli ideali nobili e condivisibili vedrai che, passo dopo passo, otterrai progressivamente solidarietà se non addirittura pieno appoggio (o comunque tolleranza) anche da chi opera per lo più nel campo della legalità, riducendo il rischio e la precarietà di cui si diceva. Non subito, non in misura immediata, ma sul medio-lungo periodo avviene. Oltre a guadagnare nuovi adepti per la tua causa: vuoi per la vita, vuoi per una sera.
E questo infatti è avvenuto per i free party, complessivamente, al netto anche dei loro aspetti meno virtuosi e più problematici. La repressione durissima è sempre più episodica, infatti. Aggiungiamo: e per fortuna. Perché sì, a furia di criticare per principio le istituzioni e le forze di polizia si dimentica però di quando agiscono con buon senso: nello specifico, interrompere lo Space Travel 2 di Mezzano con la violenza sarebbe stato idiota e avrebbe cagionato situazioni ben peggiori e più pericolose di quelle accadute in giorni di BPM tekno, danze, usi, consumi. Ci vuole buon senso. Quello che evidentemente manca a Piero Camilli, fumantino imprenditore anche ex presidente di Grosseto e Viterbese, oggi sindaco del territorio adiacente a cui si è svolto il rave che ha dichiarato “Ho 70 anni e il porto d’armi. Andrei di persona, ma se mi facessi giustizia da solo sarebbe una sconfitta per lo Stato“, e speriamo non sia necessario spiegare quanto sia triste, idiota e pericolosa questa dichiarazione. Una secchiata di veleno e merda, nel calderone degli istinti più bassi dell’opinione pubblica.
Le forze di polizia, da tutte le cronache lette sull’evento, si sono limitate ad un’opera di dissuasione, con schedatura all’uscita e posti di blocco progressivi che da un certo momento in avanti provavano a bloccare o limitare l’accesso al free party. A noi è sembrata la scelta più ragionevole di tutte. Anche dal punto di vista “antagonista”. Perché nel momento in cui scegli di fare qualcosa di illegale, essere schedati è davvero la tariffa minima che tocca pagare, a livello di rischio. Lamentarsene è pensare, lo ripetiamo, che l’illegalità sia scelta una comodissima, senza costi. Non è così. Non lo è. Ed è giusto vada in questo modo; fisiologico e sensato, ecco. Però sì: i fautori della legalità “muscolare” avrebbero desiderato un’irruzione violenta, magari pure un po’ di manganellate ben assestate, e il sequestro o proprio la distruzione delle varie strutture approntate per l’evento. Sarebbe stato un intervento commisurato al pericolo, al rischio? O sarebbe stata una “vendetta violenta” contro chi osa mettersi contro le leggi e peggio ancora contro la “normalità” e il “buon senso“? Quando le istituzioni scelgono il buon senso rispetto alla vendetta, vanno apprezzate (e, soprattutto, fanno il loro lavoro). A Genova, vent’anni fa, accadde l’opposto. Una delle pagine più buie della storia d’Italia dal Dopoguerra ad oggi.
Detto questo: i rave illegali infrangono le regole? Sì. “Giocano sporco” rispetto a chi invece le regole le rispetta, con conseguenti costi e difficoltà operative? Sì. Infatti nessuno dice di facilitarli, di incoraggiarli. Ma pensare che in una società accadano e possano accadere solo ed esclusivamente le cose legali, le cose insomma “permesse“, altrimenti scatta la repressione senza pietà e ad alzo zero è: totalitarismo. Noi, come cittadini e appassionati, dobbiamo semplicemente fare la nostra scelta (e abbiamo la fortuna di poterlo fare, nel nostro modello di cittadinanza, in altri posti del mondo no). Privilegiando magari le situazioni che ci sembrano più eque rispetto alla nostra scala di valori (la tutela dei lavoratori e della salute, la bellezza e la cura dei luoghi, le scelte artistiche, il senso di libertà e di accoglienza, il contesto sociale di riferimento).
Un rave illegale (chiamatelo free party) è una situazione estrema e “scomoda”, e sempre lo sarà: significa che per definizione e per natura non diventerà mai popolare presso il grande pubblico. Se sei abituato a sbocciare e sciabolare al tavolo mentre Black Coffee suona, è praticamente impossibile che tu possa essere affascinato da un teknival (e viceversa, peraltro). Sono proprio due sfere separate e quasi mai comunicanti. Più “terra di mezzo” sono invece quelle situazioni techno e techno-house meno commerciali, del clubbing; ma lì ci dobbiamo appunto ricordare che si sta sfruttando l’onda di una cultura nata e sviluppatasi a grandi livelli proprio attraverso i canali della illegalità, dei margini della società e dell’industria dell’intrattenimento. Giusto oggi farne industria e lucrarci sopra, sul ballo in quattro quarti, mica è una colpa, ma quanto è coerente voler cancellare dalla faccia della terra chi cerca invece di preservarne una declinazione pura e non orientata al profitto commerciale? Ci sta quindi che ci sia una silenziosa competizione in questa “terra di mezzo“. Ma stai sicuro che se tu club legale (o legale il giusto…) fai un bel prodotto, percorso da spirito e passione autentici, con una linea artistica sincera, beh, dai free party non hai nulla da temere: il tuo pubblico lo avrai, e sarà molto contento di venire a spendere da te. Magari poi andrà anche ai free party di tanto in tanto; ma non abbastanza da “abbandonarti” e danneggiarti. Se hai paura della concorrenza dei free party, forse è solo perché stai offrendo un prodotto che non soddisfa a pieno il tuo pubblico (se hai una identità “alternativa“) o semplicemente vorresti dragare ogni singolo euro si possa dragare alle persone (se hai una identità più “commerciale“).
Detto terra terra: i rave illegali ci sono sempre stati, e molto probabilmente sempre ci saranno. Hanno una loro ragion d’essere. Possono non piacere: musica martellante e non particolarmente raffinata, strutture logistiche al minimo, grande consumo di quantità stupefacenti, gente che porta allo stremo le proprie capacità di resistenza fisica, ricerca dell’ottundimento, rischio di problemi con la legge, polvere e fatiscenza – chiaro che possono non piacere. Se non ti piacciono, se non ti attirano, non ci vai.
Ma sul fatto che danneggino la collettività e i singoli individui e vadano quindi combattuti senza quartiere, o che siano de facto inaccettabili, ci sarebbe e c’è molto da ridire.
Che collettività danneggiano, nel momento in cui si svolgono in luoghi isolati e non curati (che solo incidentalmente possono essere di proprietà privata, vedi Camilli, ma non parliamo certo di campi coltivati intensivamente ed insediamenti abitativi e/o spazi pubblici attrezzati)? Che collettività danneggiano se l’accesso ad essi è sempre molto filtrato, in quanto bisogna intercettare canali comunicativi specifici (Telegram ecccetera) e ci si finisce solo se davvero ci vuoi finire e ti impegni per farlo? Che collettività danneggiano se le risorse per svolgersi sono quasi sempre interne (energia elettrica da generatori propri, scenografie autocostruite, e la tendenza a ripulire tutto a fine evento)? Chiaro, in quest’ultimo caso stiamo proponendo lo scenario più idilliaco, e lo sappiamo bene che ci sono molti free party che se ne fottono il cazzo di lasciare dietro di sé sporcizia e vandalismo: ma questa problematica è molto dibattuta all’interno della scena e un comportamento irresponsabile di questo tipo non è per nulla visto di buon occhio, tolte alcune frange più massimaliste e più cazzone; sarebbe bello ci fosse lo stesso tipo di consapevolezza e di dibattito anche negli eventi pubblici “normali” e legali. Sappiamo troppo bene che non sempre è così.
Per quanto riguarda i danni individuali, il discorso è diverso. Un discorso difficile da fare, nel momento in cui a questo free party del viterbese si collega la morte di una persona, un 24enne di origine inglese. Ma anche lì: a soppesare bene la dinamica degli eventi, non è stato il rave illegale ad “uccidere” direttamente quel povero ragazzo. E’ lui che di suo ha fatto una cosa non andava fatta (facile sia stata una bravata finita male) e, per quanto sia triste e drammatico, queste cose succedono quotidianamente, magari per un sorpasso azzardato guidando verso casa. Poi si può dire che le droghe fanno male (e lo fanno, così come alcool e tabacco); che le droghe rovinano il fisico (idem) e la mente (ma le cazzate e le violenze arrivano anche da persone perfettamente sobrie). Certo che si può dire. Personalmente andare ad un party e imbottirsi di bamba o ketamina o MD tagliato col Dixan (e poi di ero o canne per farsela scendere) ci pare stupido, è qualcosa che alla lunga ti logora e devasta, ma si rientra da un punto di vista sostanziale nel campo del libero arbitrio. O abbiamo veramente così inevitabilmente bisogno dello Stato-mamma che ci impedisce a forza di fare le cose che rischiano di farci del male, fino alla fine dei nostri giorni? Sì? No?
La domanda piuttosto è: chi si è fatto ricoverare in ospedale dopo il free party di Mezzano per intossicazione da alcool o altro, si è divertito? Ha tirato fuori il meglio da questa esperienza che è andato a vivere? No, non crediamo proprio. Se vuole rifare la stessa esperienza nelle stesse modalità di (ab)uso, vuol dire che ha un problema di dipendenza dalle sostanze – e dovrebbe rendersene conto. Ma è ampiamente dimostrato che il problema della dipendenza non lo si combatte pensando di cancellare le sostanze: queste ultime in qualche maniera affiorano infatti sempre sul mercato, arricchendo in primis i criminali veri, quelli che vogliono rovinare le persone per aumentare il loro giro d’affari e i logo guadagni.
Insomma: sono così dannosi i free party? Sono veramente il Male, in senso quasi religioso e messianico, e come tale andrebbe combattuto senza se e senza ma? Vanno repressi con la forza e la violenza? I free party si reprimono un po’ da soli, in realtà, perché come già detto sono davvero uno sport estremo, una pratica difficile, complessa, intensa. E i free party, nel porsi al di là delle legge, sanno che devono affrontare tutta una serie di ostacoli, rischi e difficoltà – ed anche questo aumenta la “selezione all’ingresso“. Chi è sintonizzato su quell’onda lì, però, ha in cambio delle buone vibrazioni e crea comunità, non solo sballo e cani che pascolano tra le sirighe di keta.
Sui fatti di Mezzano, beh, oltre alle “solite” cronache sui soliti media vi consigliamo anche di leggere questo e questo report, segnalati anche su questa fondamentale pagina, report che offrono una visione un po’ diversa delle cose. Può essere che questa visione alternativa minimizzi, o sia un minimo di parte o troppo benevolente: ma di sicuro leggere anche questi due articoli oltre alla serie di articolesse-signora-mia dà un quadro più completo su quello è stato Space Travel 2, su quello che sono i free party, su quello che sono i teknival, su quello che sono oggi i rave illegali. A partire dal fatto che sì, c’è il Covid, ma non è che a Mezzano – se si guardano i video dell’evento che girano se ne ha la prova provata – ci siano stati più assembramenti che in in qualsiasi piazza o disco-bar o stabilimento danzante per tutta la stagione allegramente aperti, magari per qualcuno col burlesco buffetto sulla guancia dei “400 euro di multa, e 5 giorni di chiusura, diamine“. Cosa è più offensivo, cosa è più stupido ed oltraggioso, cosa è più ipocrita? Per il resto, se ci sono stati maltrattamenti su animali è grave, se ci sono stati violenze sessuali è gravissimo: ma purtroppo sono cose che accadono mica solo ai free party, chissà se qualcuno ha il coraggio si sostenere il contrario. Ce l’ha? E soprattutto, è al corrente di quanto nella scena dei free party questa cosa sia discussa, problematizzata? C’è lo stesso grado di consapevolezza ed autoanalisi in contesti più convenzionali?
…comunque, ci raccomandiamo, quando fa molto caldo bevete molta acqua. Sì.