Sì sì, lo sappiamo, i processi sono sempre fluidi, e natura non facit saltus, le cose insomma non procedono a scossoni improvvisi. Chiaro. Però gli eventi simbolici ci vogliono, per “fotografare” al meglio un processo, una tendenza, un cambiamento importante; e quello che è successo un paio di giorni fa al Madison Square Garden di New York, una delle venue più iconiche di sempre, è davvero forte, a livello iconografico. Con già un prequel “barricadero” a Times Square, al Garden è andato in scena un bill congiunto tra Skrillex (fresco di uscita di una accoppiata di dischi, dopo dieci anni di silenzio come release di album in prima persona), Fred Again e Four Tet.
Ora: non è certo la prima volta che i tre si incrociano e collaborano, ed anzi avevano fatto sensazione le comparsate di Skrillex a piccoli eventi con Four Tet e la sua ciurma di amici del cuore (Dan Snaith aka Caribou, Sam Shepherd aka Floating Points). Ma appunto: erano cose piccole, estemporanee, erano “stravaganze fra amici con inviti a sorpresa“, per pochi parenti – friends & families, insomma. Diciamo che la narrazione per cui da un lato c’era l’underground e il clubbing sofisticato e non mainstream e dall’altro lato l’EDM e tutto il carrozzone era salva. Ma al Garden, invece, l’altra sera si è giocato tutt’altro sport. Uno sport di una venue da 20.000 posti; e di biglietti andati sold out in cinque, sei minuti dall’inizio della prevendita.
Com’è andata? Come si è trovato il potenziale “instruso” Four Tet, colui che rappresenta (rappresenterebbe) il clubbing lontano dalle commercialate circensi, dai grandi muri di folla impersonali, dai frizzi e lazzi EDM? Lo dice chiara la didascalia del suo post dal profilo personale: “Uno dei momenti più belli della mia vita“.
Ma ancora più interessante andare a leggere la lista di commenti sotto al post. Si va da Elkka a Sebastian Ingrosso, dalla nicchia più fiera a uno degli Swedish House Mafia, con tutto ciò che sta in mezzo. E se un tempo sarebbero stati parecchi i commenti “Kieran, che diavolo ci fai lì in mezzo, perché ti sei venduto?“, oggi invece stravincono i “Che figata Kieran, te lo sei meritato, siamo contentissimi per te“.
Four Tet è musicalmente sopra ogni sospetto. È sempre piaciuto prima di tutto agli aficionados più intransigenti della scena da club più sofisticata ed anti-commerciale, anzi, all’inizio piaceva soltanto a loro. E lo sentivano come “loro” proprietà, al contrario dei barbari incivili che conquistavano il mondo a colpi di EDM prima e di melodic techno dopo (o di tech-house paracula). Ma chi Four Tet lo conosce almeno un minimo, e chi vi scrive queste righe è fra questi, lo sa che lui ha sempre avuto una visione aperta, molto molto curiosa nei confronti del mondo dell’industria discografica. Ed era più di dieci anni fa – anno 2012 – che, conversando nel backstage di un Jazz:Re:Found ancora ambientato a Vercelli, ci diceva: “Ma com’è ‘sto Cocoricò? Com’è ‘sta Piramide? Mi piacerebbe tanto suonarci“. Molti, avessero sentito in quel momento quella conversazione, non c’avrebbero creduto (…infatti quando la raccontavamo a pochi selezionati amici erano tutti sbigottiti).
Lavorandoci un po’ e con l’aiuto di uno sponsor illuminati e di persone alla direzione artistica altrettanto illuminate ci riuscimmo, a portare Four Tet alla Piramide in tempi non sospetti. Qui vi mettiamo pure il flyer di quella serata assurda e meravigliosa:
Ma ce lo ricordiamo, e ve lo ricordiamo: era stata comunque percepita come una serata “altra”, diversa, sofisticata, una eccezione, un qualcosa-che-non-c’entra, uno sfizio. Qualcosa che stava all’opposto del lato iper-commerciale del Cocco di quegli anni, i venerdì di Diabolika, dove proprio Skrillex era il re dei re.
Oggi questi due opposti si incontrano. Quasi nessuno si scandalizza. Moltissimi gioiscono. I Madison Square Garden si riempiono, per la gioia di tutti. In un decennio, è davvero cambiato tanto.
Musicalmente, siamo molto felici: la qualità non deve avere steccati (e, per inciso, dei due dischi fatti uscire in questi giorni da Skrillex va detto “Quest For Fire” è un lavoro di enorme qualità, altro che “chiassose commercialate“). Da un punto di vista industriale ma anche etico ci preoccupa però che questo cadere di steccati sia stato preso in ostaggio dalla grande industria dell’intrattenimento: quella che non si crea problemi a far decollare i costi a dismisura e gonfiare i cachet, perché quello che conta è il profitto. Skrillex che veniva a sorpresa in venue da 200 persone era un conto; Four Tet (ed altri come lui, perché occhio, non è certo un problema “suo”) che entra definitivamente nel meccanismo delle esibizioni dai cachet a cinque o sei cifre, è un altro. Processo quest’ultimo che peraltro, anche se non si dice, era stato iniziato proprio dal simbolo per eccellenza dell’underground, della controcultura elettronica, del farsi beffe del mercato: Richard D. James, aka Aphex Twin. Che già da anni parte come prima richiesta, per il suo show, da 500.000 euro, e se proprio siete fra amici accetta di abbassare a 250/300.000. Come un Guetta, o un Kalkbrenner. Niente di più, niente di meno.