È sempre difficile parlare della scomparsa di un artista senza cadere in retoriche fuori luogo. Chi come noi ha avuto la fortuna di vivere gli anni ’90 da clubber, sa bene cosa ci spingesse a percorrere centinaia di chilometri ogni fine settimana per ascoltare determinata musica. Molte volte ci siamo ritrovati a dover spiegare il perché facevamo tanta strada “per andare a ballare” – come ci dicevano – “quando di discoteche per vivere la notte era pieno anche dalle nostre parti”.
Ciò che si creò in Versilia / Toscana nei primi ’90, fu un movimento unico, di una potenza straordinaria, uno di quei movimenti che si possono creare solo quando diversi elementi si combinano insieme alla perfezione. Roby J, per molti “il Totem”, per altri “Il gigante”, era un interprete “maximo” dell’elemento sicuramente più importante di quel periodo: La musica.
Già perché se in quella scuola c’è stato qualcuno che ha sperimentato, che ha creato, che ha rivoluzionato il modo di fare musica e di fare clubbing, uno è sicuramente stato Roby J.
Non era un dj per tutti, era ipnotico, era sperimentatore e sicuramente non rientrava nella percezione “mainstream” di quel periodo. Roby J, nonostante fosse un vero e proprio monumento di quella scena e massimo esponente sin dal primo minuto, molte volte preferiva sperimentare in sale privè molto piccole dove creava atmosfere che difficilmente si possono spiegare scrivendo, piuttosto che in sale “main” super affollate. Roby J, insieme a Miki e Francesco Farfa, rivoluzionò il modo di approcciare il concetto musicale da parte del dj. Il suo nome, per noi era una garanzia di avanguardia musicale, ed era la stessa garanzia che ci spingeva a percorrere quei mille chilometri settimanali per ascoltare qualcosa di mai sentito.
Fu uno di quei dj’s che influenzò musicalmente tutti noi, che eravamo alle prime armi con piatti e mixer, ed era colui per cui andavi ad un after, dove tra l’altro dava sempre il meglio di se.
Vi invitiamo ad ascoltare un suo dj set o una sua produzione dell’epoca per capirne lo spessore artistico, poi provate a considerare il fatto che è risalente a venti anni fa, e provate a pensare a quanto possa essere stato avanti nel discorso musicale.
Roby J era soprannominato “il gigante buono” per via dei suoi due metri e più di altezza, e perché era sempre disponibile, discreto e gentile con tutti. Forse è proprio per quella discrezione e gentilezza che oggi non rimane la traccia che meriterebbe, se non qualcosa di sbiadito che sicuramente non rende giustizia a chi come lui, ha aperto la strada a quel circuito di cui tutti oggi andiamo fieri.