Anche quest’anno si ripete quel fenomeno miracoloso per cui Torino riesce a sfornare non uno, non due, bensì addirittura tre festival di spessore numerico e qualitativo nell’arco di un mese o poco più: c’è Movement, c’è Club To Club, dall’anno scorso si è aggiunto anche Jazz:Re:Found, migrato dalla natìa Vercelli al capoluogo piemontese l’anno scorso.
Una migrazione che poteva essere un azzardo: arrivare per ultimi (e per più piccoli) in una città già dominata da due colossi era un atto di coraggio, farlo mantenendo intatto il proprio personalissimo dna ancora di più. Jazz:Re:Found è infatti un festival particolare: se qualche nome è magari interscambiabile con altri festival di qualità, in generale il suo essere spiccatamente “black oriented”, il suo non preoccuparsi a ripescare vecchi leoni apparentemente superati (spesso ancora in formissima, vedi Roy Ayers l’anno scorso), il suo saper mescolare con un tocco molto particolare – diremmo molto gillespetersoniano – cose apparentemente diverse ma unite comunque o dall’eleganza “jazzy”, o dalla blackness, o dalla rilevanza storica, lo rende davvero distinguibile e particolare all’interno dei festival di casa nostra. Cosa che spesso penalizza a livello di numeri. Invece, l’anno scoro, location tutte praticamente quasi sold out (…e a Theo Parrish e Moodymann raramente è capitato di esibirsi in Italia davanti a duemila persone, per dire). Apperò.
Un “distinguibile” e “particolare” quello del festival piemontese però non accigliato, non di nicchia: JRF è qualcosa di inclusivo, accogliente, dove la gente è davvero presa bene e dove è facile (ri)scoprirsi fan di un certo tipo di sonorità anche quando si passa il tempo ad ascoltare per lo più techno o giù di lì. Provare per credere.
I motivi per provare si chiamano quest’anno in primis De La Soul (data unica italiana, freschi di disco nuovo) e Grandmaster Flash (idem, anche se se c’è da fare marchettate in giro per brand il nostro Flash non si nega, questo va detto); si chiamano anche Tony Allen, il nume tutelare dell’afro-beat (nonché uno che passa con naturalezza da Moritz Von Oswald a Damon Albarn, come strette collaborazioni); o si chiamano anche Mr. Scruff, sempre godibilissimo, Sadar Bahar, sempre bravo, Leon Vynehall, sempre stiloso. Si chiamano però pure Yussef Kamaal e GoGo Penguin, perché è nella ragione di Jazz:Re:Found indagare le strade del “nuovo” jazz, ora così di moda per l’onda lunga targata Kamasi però a Vercelli se ne occupavano anche quando era una cosa da quattro sfigati; o si chiamano Grasso Brothers, leggende nostrane, o Volcov, un autentico professore della console dance più raffinata, o Dj Khalab, sempre più intrigante esploratore dell’afrofuturismo. Ciliegine sulla torta? Molte, a partire da quel Soichi Terada che più volte ci ha entusiasmato.
Il piatto è già ricco, ma occhio: rischiano di esserci altri update molto ma molto succosi. Soprattutto per lidi più, come dire?, tradizionalmente “soundwalliani”. Ci sono trattative complesse in atto, ma se si sbloccassero ci sarebbe molto di cui esser contenti. Non che non lo si sia già ora, eccome. Ad ogni modo: segnatevi tutto sul calendario, si va dal 7 all’11 dicembre, tutte le info le potete trovare via via qui. Senza contare quello che avremo modo di raccontarvi noi…