Per i più nerd di noi e di voi è stato spesso il rifugio preferito, mentre si inanellavano i concerti del giorno negli altri (ed ampi) spazi della Fira cittadina: se volevi uno stacco dalla musica e dalle performance continue, il Sónar nella sua declinazione +D era il luogo della tecnologia, delle scoperte, delle installazioni, dei panel che esploravano i confini prossimi o remoti del futuro più o meno digitale. Insomma, una componente fondamentale per chi – giustamente – chiede al Sónar non solo di essere divertimentificio e supermarket dei nomi famosi, ma di rispettare il suo DNA originario andando sempre alla ricerca del nuovo, dell’inaspettato, del poco battuto, dell’inesplorato; in generale, dell’espansione delle coscienze e conoscenze.
Nato (in parte) come replacement di una parte di festival andata progressivamente spegnersi negli anni, quella degli stand di label, club e quant’altro, fin da subito è stato portato avanti con tantissimo lavoro, tantissima competenza, tanto sforzo organizzativo. Se ne poteva anche fare a meno, parliamoci chiaro: il Sónar +D non “vende” biglietti, o comunque ne fa vendere molto pochi rispetto ai più o meno 100.000 che ad ogni edizione si staccano (a proposito: prevendite, consigliatissime, qui). Ma appunto, è una componente ineludibile dello “spirito” del festival catalano – e proprio questo “spirito” è ciò che lo rende, ancora adesso, dopo un numero ormai pluriventennale di edizioni, un posto speciale. Un posto dove vogliamo sempre tornare, anche senza per forza “appenderci” alle scelte in line up.
Non è evidentemente solo una opinione nostra. Il Sónar non solo sta confermando la sua sezione +D anno dopo anno, ma la sta pure costantemente ingrandendo. Per l’edizione 2022 (qui il programma completissimo del festival, +D compreso) si guadagna infatti una nuova area, SonarMàtica, tutta dedicata ad installazioni ad arte digitale. Una specie di “galleria d’arte” che va ad impreziosire i contenuti, già foltissimi, del resto degli spazi. Per quanto riguarda questi ultimi, come gli aficionados sanno il più “visibile” resta il SonarComplex, la parte più meditativa del Sónar diurno, l’anello di congiunzione insomma tra festival canonico e l’area +D (oltre che sala in cui è meraviglioso rifugiarsi per combattere la calura barcellonese, confessiamolo: ma tanto poi anche se finisci lì solo per rinfrescarti, ne esci poi entusiasta perché vedi delle cose splen-di-de).
Quest’anno fra i vari appuntamenti al Complex quello che segnaliamo più volentieri vede protagonisti due italiani, Davide Quayola ed Andrea Santicchia (aka Seta), ritratti qua sopra in azione: un intreccio di minimalismo, espressionismo, techno, elettronica, improvvisazione, giocato su due pianoforti a coda e su capolavori della pittura – due capostipiti insomma di ciò che è classico. Il tutto grazie ai due, al loro tocco ed ai loro algoritmi viene trasfigurato e progressivamente modificato. Un continuum spazio-temporale, un senso di transizione continuo e potenzialmente davvero vertiginoso. D’altro canto se ne parla poco perché non è la star-da-Ibiza-mani-in-aria, ma uno come Quayola sono anni che ci rappresenta ai livelli più alti nei luoghi più prestigiosi della cultura elettronica globale. E quest’anno al Sónar, tra l’altro, si prende anche altri spazi: qui e qui.
E comunque: manca poco a metà giugno. Manca poco, manca poco. Ci si vede lì?