Ormai viene quasi da ridere. O da incitare alla disobbedienza civile – e su questo ci arriviamo. Il dato di fatto: oggi, come anche da post del presidente del SILB Maurizio Pasca sul suo profilo personale, doveva essere una giornata finalmente chiarificatrice sul destino delle discoteche e, in generale, delle attività da intrattenimento dove non si sta seduti. In un Italia che abbassa le mascherine, che sta andando verso un più o meno tacito “liberi tutti”, che ha bisogno di un settore turistico e dei servizi che si ripiglia (anche perché evidentemente abbiamo dato fondo alle riserve per i ristori, ed anzi a breve sta per scoppiare l’ordigno della fine del blocco dei licenziamenti), c’è una grande voglia, anzi, necessità di ripartire. E sono ripartiti, praticamente, tutti.
Tutti tranne le discoteche. Ok: è il settore più problematico, il ballo è difficile viverlo senza assembramento, senza socialità “fisica”, ed è anche un settore dove i controlli sono più difficili che altrove, ad esempio nella ristorazione, anche solo a livello di tracciabilità da un lato o di comportamento della clientela dall’altro. Ma è anche vero che l’assembramento “fisico”, nel paese che appunto riparte, è sotto gli occhi di tutti: nelle piazze, nei bar, nei risto-pub, negli stabilimenti balneari, nelle feste abusive, negli assembramenti privati. Che le discoteche siano le uniche a restare ferme, è il tornare in auge di un leit motiv deprimente ma nel nostro paese sempre popolarissimo: chi rispetta le regole sino in fondo, la prende in culo. Scusate il francesismo.
Che le discoteche siano le uniche a restare ferme, è il tornare in auge di un leit motiv deprimente ma nel nostro paese sempre popolarissimo: chi rispetta le regole sino in fondo, la prende in culo. Scusate il francesismo
L’aggravante in tutto questo è che lo Stato non ci sta mettendo la faccia. Non sta dicendo per quale motivo e con quali giustificazioni scientifiche messe nero su bianco le discoteche devono essere discriminate in qualche modo. A maggior ragione in un momento in cui anche assembramenti di decine di migliaia di persone hanno dimostrare di non influire sulla curva pandemica. Lo Stato invece fa lo struzzo. Speranza, Franceschini, in ultima analisi Draghi, insomma, mettete voi dei nomi a piacere: questo fanno. Ed allora dopo l’ennesimo nulla di fatto di oggi è esplosa la rabbia degli operatori più in vista del clubbing. Sulle loro bacheche personali sui social, ha iniziato a circolare questo messaggio:
ANCORA NESSUNA RISPOSTA PER IL SETTORE DISCOTECA
Siamo gli imprenditori del settore DISCOTECA e ci vergogniamo dell’indifferenza e noncuranza dei politici di fronte al dramma che viviamo da 17 mesi: unica categoria a subire uno stop così brutale e draconiano.
È per questo che a breve andremo a ROMA davanti a PALAZZO CHIGI per un presidio permanente, giorno e notte, finché la politica non ci darà una data per la riapertura del nostro settore. DEVONO SPIEGARCI il perché le nostre attività debbano rimanere chiuse, quando tutta Italia lavora in qualsiasi settore, anche senza regola alcuna. Gli esempi sono di fronte a tutti. E sono continui. Un affronto verso chi vorrebbe fare onestamente il proprio lavoro, ed invece impossibilitato a farlo.
Questo appello è rivolto a tutti gli amici, dipendenti, pr, dj, artisti e operatori del settore che da settimane ci chiamano ogni giorno per avere novità e una parola di conforto.
Ecco la novità, più che una novità l’ennesima mancanza di rispetto e considerazione: anche oggi non eravamo NELL’ORDINE DEL GIORNO DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI. Quindi 90.000 persone possono continuare a rimanere a casa, senza dignità e risposte.
A questo punto se volete risposte venite con noi a chiederle ai MINISTRI, rispetto a questa indifferenza assurda. Così sapremo almeno il motivo per cui dobbiamo morire.
***
C’è un punto che è solare e fondamentale, in tutto questo: “Devono spiegarci perché le nostre attività debbano restare chiuse”. Devono spiegare perché alcuni lavoratori sono meno importanti di altri, perché alcuni imprenditori sono più sacrificabili di altri. Ci vorrebbe il coraggio di dirlo. Ma non c’è.
…e non c’è, viene da pensare, perché non c’è un piano pronto a sostenere degli imprenditori che decidono di rispettare le leggi, restando chiusi. Non ci sono le palle, o i denari, per dire “La vostra attività non ci rassicura dal punto di vista epidemiologico, vi chiediamo di restare chiusi ma in cambio vi forniamo dei ristori alla luce del sole” (…ristori da stabilire in base al fatturato, e sarebbe anche un bel modo per stanare chi per anni se non decenni ha fatto del nero).
Non c’è evidentemente la statura politica, o la voglia, per dire “Intensifichiamo i controlli verso tutte le attività – e sono tante – che non rispettano le leggi e dove già si balla e ci si assembra oltre i limiti, e col ricavato delle sanzioni andiamo a finanziare gli imprenditori e i lavoratori onesti che stanno rispettando le leggi”. Perché non lo si fa? Perché non si propone una cosa del genere? Forse perché non si vuole ammettere che non ci sono abbastanza mezzi per fare i controlli? Può essere. O perché non si vuole ammettere che chi non subisce i controlli ora se la sfanga così bene perché ha piccoli “santi in paradiso”? Succede. O magari anche solo perché la discoteche e l’imprenditoria notturna sta sul cazzo, quindi in automatico si trova inaccettabile ed immorale sovvenzionarla, e in un contesto così moralista come quello italiano non ci sarebbe nemmeno da sorprendersi?
Metteteci la faccia, care istituzioni. Quelle che era attesa e prudenza, è diventata misera presa per i fondelli che autorizza – come vedete – i peggiori pensieri.
Non c’è evidentemente la statura politica, o la voglia, per dire “Intensifichiamo i controlli verso tutte le attività – e sono tante – che non rispettano le leggi e dove già si balla e ci si assembra oltre i limiti, e col ricavato delle sanzioni andiamo a finanziare gli imprenditori e i lavoratori onesti che stanno rispettando le leggi”. Perché non lo si fa?
…e sapete cosa autorizza anche, ed è la cosa che personalmente ci deprime di più? Incita alla disobbedienza. Incita molti imprenditori a dire “Vaffanculo, aprono tutti, ballano tutti, allora apriamo anche noi”. La vediamo, la sentiamo, questa tentazione, fra gli addetti al settore. Circola già nelle chat interne. Siamo sicuri che sia la scelta più giusta? Io capisco l’umana incazzatura per cui vedi gente lavorare, fatturare e fottersene, mentre tu imprenditore dell’intrattenimento danzante sei l’unica fesso a restare chiuso. Ma dare via ad una “disobbedienza civile” sotto lo slogan “Noi il 10 luglio riapriamo comunque” (lo stiamo sentendo da più parti), è una scelta che implica dei pro ed anche dei contro.
Pro: far vedere che si è vivi, si è lì, si è consapevoli dell’assurdità della situazione, non si vuole accettare supinamente e silenziosamente una palese ingiustizia. Si lotta per i propri diritti, insomma. “Finalmente”, direbbe qualcuno.
Contro: siamo sicuri che sia un buon affare entrare ostentatamente nell’illegalità e nella disobbedienza? Siamo sicuri disinnescare l’argomento per cui le discoteche sono l’unico luogo dove il divertimento – con tutte le sue potenziali implicazioni epidemiologiche – possa essere controllato sia la cosa più conveniente da fare, in prospettiva? Siamo sicuro che l’opinione pubblica sia pronto a sostenere la battaglia delle discoteche, senza invece dire “Vabbé, belle le discoteche, ma cosa si lamentano i dj che fanno una vita bellissima e trombano e i proprietari dei club che pagano in nero e girano tutti in SUV pur seminando debiti in giro”?
Le discoteche e gli operatori della notte, almeno molti di essi, non hanno capito quanto malcontento hanno seminato dietro di essi, negli ultimi due decenni. Tutti vanno a sentire il dj pluripagato e lo osannano, ma sono le stesse persone che poi il giorno dopo lo infamano perché è troppo pagato e perché gira in jet privato. Tutti vanno in discoteca e divertirsi, ballare ed ordinare cocktail, ma tutti sono pronti a dire che la discoteca è il mondo del “grigio”, dove si evade, si delinque, si fanno le brutte cose.
C’è un settore che è discriminato dalle istituzioni ingiustamente, e questo è gravissimo, ma che pare capire solo a metà quanto debba ricostruire la sua immagine e il suo operato, in moltissimi suoi settori. Il Covid, nella sua drammaticità, almeno avrebbe offerto la possibilità di ripartire da zero, ricostruire, operare più onestamente, agire con più responsabilità, rimettere i conti a posto. Lasciare perdere questa occasione, per fare le vittime che sono state costrette dallo Stato a buttarsi nell’illegalità e nella disobbedienza civile, non è magari l’ipocrisia di chi continua a non mettere nell’Ordine Del Giorno del Consiglio dei Ministri la riapertura delle disco, quello no, ma comunque non è detto che sia la mossa più intelligente da fare. Sa tanto di ennesima occasione intenzionalmente e coscientemente buttata nella toilette.
Le discoteche devono chiedere di riaprire, di poter lavorare e di non essere discriminate rispetto ad altri settori lavorativi. Sono vittime, lo ripetiamo, di una ipocrisia disgustosa. Ma un velo di ipocrisia c’è anche nel non capire che se ci si è ritrovati in questa situazione, è anche un po’ colpa propria.
Infine, permetteteci un parere personale, prima in parte accennato: tutta considerata la situazione, noi al posto delle discoteche e degli operatori chiederemmo non la riapertura in questa stagione estiva, ma una quantità di ristori senza precedenti. Per poi riaprire in autunno, ad immunità di gregge raggiunta. Anche per disinnescare la possibile trappola di una pandemia che riprende ad ottobre, e si torna a dare la colpa alle discoteche per le loro riaperture di agosto (una puttanata sesquipedale). Riaprire adesso, mah, conviene? Riaprire tutti i limiti che ci saranno conviene davvero? Si sono fatti bene i propri calcoli? Si potrebbe anche lasciare una scelta volontaria: chi riapre segue protocolli strettissimi (e c’è chi è attrezzato per farlo), chi sceglie di non riaprire ha accesso a ristori robusti e chiari.
Sarebbe un modo per prendersi la responsabilità.
Perché la verità, cari amici, è che qua la responsabilità non se la sta prendendo nessuno. Non se la sta prendendo lo Stato, ed è palese, ma non se la sta prendendo nemmeno chi chiama con leggerezza alla disobbedienza civile e al “Noi comunque riapriamo”. Si può andare contro le leggi per una giusta causa o un ideale, certo. Ci sta, eccome. Ma non è facile. Non è semplice. Non è indolore. Ha dei costi, morali ed economici. Alcune discoteche e molti settori del clubbing in parecchi casi sono stati abituati troppo bene dagli anni ’90 in poi, e non hanno idea di cosa sia una scelta non indolore, con delle conseguenza anche spiacevoli.
Di sicuro, da tutto questo non se ne verrà facilmente. Prima lo si capisce, meglio è. Non esiste una soluzione perfetta ed immediata, si naviga tutti a vista.
Ma altrettanto di sicuro, in qualche modo se ne verrà fuori. Sì.
Ci vuole però forza, coraggio, ma anche intelligenza. L’abbiamo? Vogliamo metterla sul piatto? O vogliamo al solito affidarci a chi urla di più, o a chi è più furbo, o a chi è più potente?