Allora, proviamo a spiegarvi i fatti. In redazione qui a Soundwall arriva la mail di un tizio, che dice di lavorare per tal booking: costui dice di rappresentare il fantomatico “[inserite un nome di serata]“, e si presenta parlando chiaramente a nome di un club molto conosciuto – locale apprezzatissimo da noi qua a Soundwall per la serietà, l’organizzazione, la grande qualità nelle scelte musicali, in ultimo la professionalità delle persone che lo portano avanti e che si rapportano abitualmente con noi. Peccato che costui, l’estensore della mail, noi non l’abbiamo mai sentito nominare.
Già qui la faccenda ci puzza. Il tutto diventa però maleodorante proseguendo la lettura: il fenomeno, parlando in prima persona plurale a nome del club, afferma che ad ottobre aprirà nel club suddetto una serata settimanale, ogni mercoledì (questo è, in sintesi, il “[inserite un nome di serata]“). Serata per cui, a suo dire, ci sono già delle partnership ufficiali: RedBull Academy (scritto così, sì: nemmeno il buon gusto di usare la definizione corretta, Red Bull Music Academy…), Recycle Records, Perlon, Coffepot (sic). Aggiunge che è in via di definizione la partnership col marchio Disegual (…caro amico, una dritta: si chiama Desigual).
A tutto questo segue una sconclusionata (e sgrammaticatissima) prolusione sui punti di forza del club supposto ospitante della cosa, sul fatto che abbia il Funktion One come impianto, sul Berghain che “a preso piede dentro le nostre mura” (testuale)!, “fornendo OSPITI direttamente dall’etichetta OST GUT TON” (sempre testuale!). Fin qua ci sarebbe da ridere – per tutti, tranne che per i ragazzi del locale, che si ritrovano un coglione semi-analfabeta dalle conoscenze musicali poche e confuse che millanta, oh sì, di essere uno del direttivo artistico del club.
In realtà la risata si spegne una volta appurato che il tizio manda questa mail delirante bussando proprio a soldi: offre due “pacchetti di sponsorizzazione”, uno “BASE” (all’economico prezzo compreso tra i 200 e 500 euro ad evento), uno “ADVANCED” (qua la lira, pardon, l’euro s’impenna: siamo a 1000 euro a serata ma, bontà sua, offre un pacchetto all inclusive compreso tra i 2000 e 3000 euro mensili: grazie, compare).
Gli rispondiamo. Con sangue freddo, gli diciamo in sintesi “Scusa, puoi spiegarti meglio? No, facci capire, forse c’è un errore…”; lui risponde con grande naturalezza ribadendo la richiesta di soldi o per il pacchetto BASE o per quello ADVANCED. A noi. A un potenziale media partner (perché solo questo potremmo essere, e anzi si spertica in elogi per Soundwall). E’ un idiota insomma, e non si rende conto di esserlo.
A questo punto, giusto per scrupolo, diamo un colpo a quelli del locale: ovviamente il ceffo in questione non l’hanno mai sentito nemmeno nominare, non sanno chi sia, hanno il sospetto sia un tizio che si era proposto per organizzare una serata settimanale lì – senza ovviamente ricevere fin lì nessun tipo di risposta positiva.
Perché vi raccontiamo tutto questo? Perché questa mancanza di professionalità, questo fare se non da truffatori almeno da peracottari è ancora presente nel clubbing italiano. Troppo presente. Tanti idioti che, per il solo fatto di aver messo piede in un club e/o aver sentito nominare il Berghain e Berlino, pensano di potersi inventare promoter di serate. Anche a me piacerebbe essere il CEO della Apple, ma il fatto che scriva queste parole digitando su un Mac non mi autorizza ad andare in giro a dire “Sai, il mio amico Steve mi diceva che sarebbe una buona cosa stringere una partnership con te, no perché sai io sono un colosso dell’informatica, mi dai x mila dollari?”.
I dilettanti, gli arruffoni, quelli che si credono professionali ma non hanno in realtà la più pallida idea di cosa sia la correttezza e la conoscenza lavorativa grado per grado, ecco, hanno rotto il cazzo. Sono i peggio. I dj o aspiranti tali che infarciscono le loro bio di date fantomatiche, riferimenti al suono-del-momento e soprattutto di castronerie grammaticali ed ortografiche (segno di professionalità nulla) al confronto sono dei benemeriti, perché magari si limitano a proporsi come dj; ma se invece ci si crede in grado di organizzare una serata tirando in ballo nomi ad altissima qualità vuol dire che si è non solo scemi, ma anche pericolosi – perché del tutto fuori controllo. E in grado di inquinare il lavoro di chi invece agisce in modo serio, onesto, preciso, competente.
Caro amico di cui stiamo parlando in questo articolo, nulla di personale, ma l’unico rapporto da oggi in avanti che tu devi avere con la club culture è quello di cliente pagante. Stop. Vale per te, vale per tutti quelli come te. E voi tutti che leggete queste righe, aiutateci a far emergere i mille casi di millanteria, di scarsa professionalità, di approssimazione, di vanagloria senza senso: miglioriamo il nostro ecosistema. Ne guadagneremo tutti.
(Su richiesta del club involontariamente coinvolto in questa storia, abbiamo modificato l’articolo togliendo i riferimenti diretti sia al club che soprattutto alla persona in questione; nulla da nascondere, è che con grande eleganza ci hanno chiesto di non infierire. Resta la totale veridicità di quanto accaduto – e qualche cache del web conserverà magari memoria della stesura originale)