Affrontiamo molte volte il discorso sul progresso della musica negli anni, di quanto fosse puro e incredibilmente bello il passato e dove si spingerà la musica nel futuro. Beh, c’è chi per sua fortuna ha visto nascere e crescere la musica elettronica ed ora ha una chiara percezione su come vanno le cose. Forse proprio per questo, Kevin Saunderson, un monumento a Detroit, è tornato in compagnia della moglie Ann e della immensa Paris Grey con un obiettivo comune: tornare a far ballare la gente! Sentiamo cosa ha da dirci a riguardo il ritorno di Inner City…
Innercity. Un progetto, tre volti. Volete spiegarci il vostro incontro e la nascita del progetto?
Io e Paris Grey ci incontrammo per la prima volta alla fine del 1987. Avevo appena composto la musica per “Big Fun” e io avevo un amico, Terry ‘Housemaster’ Baldwin. In quel momento Paris cantava a Chicago e io vivevo a Detroit. Io e Terry diventammo pian piano grandi amici e grazie a lui incontrai Paris. Mi disse che aveva una cantante, sentii le sue tracce, erano davvero belle. Così siamo tornammo assieme in studio a Detroit per lavorare su “Big Fun” fino a che la parte cantata e il mix fu pronto. E’ stata una mossa opportuna e molto veloce.
Stiamo parlando pur sempre del lontano 1987, che tempi erano per la musica dance?
Il 1987 era un periodo davvero emozionante, “di costruzione”. Un periodo nel quale le persone credevano o non credevano nella crescita musicale di città ancora lontane dall’idea di musica dance. Sostanzialmente era così, non c’erano molti dischi in giro, ma comunque diversi movimenti a seconda delle città. A Chicago sembrava andare forte la musica house, Detroit invece si muoveva tra house ce techno, a New York si stava facendo garage… c’era ottima music ed erano questi i luoghi migliori per la disco, dove i djs erano molto coinvolti per creare un cambiamento per promuovere la loro musica e quella di altri dj.
Parlando di generi, releases e artisti, quali sono state le vostre principali influenze?
Sono cresciuto nel periodo del “garage”, quindi ascoltando Larry Levan mentre viveva e suonava a New York. Lui ha rappresentato la prima parte delle mie influenze, poi ascoltavo anche gente come Eddy Grant, Stephanie Mills,… Diciamo che ascoltavo tutti i migliori brani disco, i classici pezzi con il vocale. Poi, una volta arrivato a Detroit, l’atmosfera era più elettrizzante e si muoveva verso una direzione più profonda, tipo Kraftwerk, Tangerine Dream, B52’s, Parliament/Funkadelic e soprattutto Prince, del quale amavo molto i suoi album. Diciamo però che tutti questi artisti ebbero un ruolo importante per me, erano davvero grandi e i loro singoli giravano molto spesso alla radio.
Kevin Saunderson da Detroit, Paris Grey da Chicago, due scene diverse per il modo di concepire la musica elettronica. Quale è stato il punto di incontro?
Il nostro incontro avvenne per telefono tra Detroit e Chicago, grazie alla mia amicizia con Terry ‘Housemaster’ Baldwin all’inizio del 1988.
“Big Fun” è il disco d’esordio al quale ancora oggi molti associano il vostro nome. Sapete spiegare perchè avete ottenuto così tanto successo con questa traccia?
Il successo di questo brano è stato incredibile e davvero fortunato nel tempo. Diciamo che la mia intenzione era quella di creare qualcosa di strumentale che fosse abbastanza efficace anche per conto suo. Poi capii che sarebbe diventata magnifico se al tutto avessi aggiunto una voce ancora più efficace. L’idea di fondo era di suonarla nei clubs.
Il passo dai primi singoli agli album è stato breve. Parliamo per esempio di “Paradise”. Quale era il concept di questo lavoro?
Beh, dopo il successo con “Big Fun” e “Good Life” il passo successivo era quello di creare un album. Per me era un’esperienza completamente nuova creare un intero album. Ero abituato a creare solo una traccia e poi un’ altra ancora per poi pensare a come chiamarla. Era senz’altro una sfida affascinante, ma alla fine rimasi molto soddisfatto. All’interno inserimmo anche “Good Life”, una cover di “Whatcha Gonna Do With My Lovin'”, “Do you Love What You feel”, “Ain’t Nobody Better”. Tutti grandi successi sui quali ci divertimmo a fare anche diversi esperimenti.
Si sono susseguiti poi diversi album, tra i quali “Fire”, che però non riscosse lo stesso successo sebbene al suo interno avesse due singoli strepitosi come “Hallelujah” e “Till we meet again”. Avete mai sentito l’esigenza di chiedervi cosa e perchè non abbia riscosso lo stesso successo dei primi vostri lavori?
Uno dei miei brani preferiti è senz’altro “Till We Meet Again”, penso forse il mio brano preferito dell’intero album. A proposito del successo degli album successivi, avevamo creato nuove cose, con ritmiche più d’avanguardia e quindi anche con un diverso approccio. C’erano alcune parti più sperimentali, altre meno. Cercavamo di seguire il successo di “Big Fun” e “Good Life” continuando a fare dischi con quel sound e, anche se queste canzoni non ebbero lo stesso successo delle altre, rimangono tuttora le mie preferite.
Arriviamo al 1993, anno in cui Kevin decide di puntare esclusivamente su “The Reese Project” con sua moglie Ann. Come mai tale scelta drastica?
Per una semplice ragione, con “The Reese Project” volevo dare una mano ad un altro artista. Avevo sviluppato un rapporto professionale nel tempo con quella che poi sarebbe diventata anche mia moglie, la quale era un’ottima performer ed una buona cantante. C’erano diversi elementi rispetto ai lavori con Paris, erano più spirituali, più soulful. Pensammo di cominciare a lavorare assieme con queste idee.
Tra i vostri primi lavori e gli ultimi ep si delineano tratti più soul, quasi downtempo…come mai questa volontà di sperimentare altre sonorità meno legate alla vera house e techno?
Beh, quando si fa musica si segue l’ispirazione e il ritmo. La mia musica è stata sempre orientata alla house e alla techno, in una versione più radiofonica, più emozionale, così potrei definirla. E a volte ho voluto fare qualcosa anche più verso la downtempo o un po’ più soulfoul.
Passano gli anni e ci ritroviamo a parlare ancora di voi, nonostante una sosta molto lunga. Vogliamo che siate direttamente voi a spiegare ai vostri fans e cosa li attende per il 2012. A voi la parola.
Nel 2012, sentirete i nuovi dischi di Inner City, nuove esibizioni. Poi io continuerò a girare per tutto il mondo con i miei dj-set e alcuni nuovi shows. Tutto qui.
Grazie per il vostro tempo!
Pace!
English version:
Many times we talk about the evolution of music in the years, when the past was incredibly “pure” and beautiful, which direction the music will go in the future. Well, luckily there are people who have seen the birth and growth of electronic music and now have a clear perception of how things go. Because of this, Kevin Saunderson, a monument in Detroit electronic scene, decided to release again with his wife Ann and immense Paris Grey with a common goal: people return to dance! Let’s hear what he has to say about new “Inner City”…
Innercity. A triple face project. Do you want to tell us your first meeting and the birth of the project?
First meeting was in 1988 (late 1987) starting with me, Kevin Saunderson, and Paris Grey. I had made music to “Big Fun” in 1987, I had a friend named Terry ‘Housemaster’ Baldwin. Paris was singing in Chicago and I was living in Detroit. Me and Terry became very good buddies and friends and that’s how I met Paris. He said he had a singer, he heard the tracks, they were nice. So we came back in studio in Detroit until singing mixing were ready. It was a very quick move, we need it.
We are talking about 1987, what time was for dance music?
In 1987 it was an exciting period, it still was the building period. It was period of people believing or not believing in dance music and city was not so much involved. There was the beginning, we had so few record released. So Chicago seemed going strong with house music, Detroit was house and techno, New York was doing garage…we had so cool of good music. These were disco top places where djs were more involved to create a process, travelled starting in Chicago and Detroit to promote their and other djs music.
About genres, artists and releases, what were your main influences?
The main influences for me were growing up in a period of garage, listening to Larry Levan, playing and living in New York. That was the first part of my influences listening all kind of great disco tracks or Stephanie Mills, you know, these classic extended disco with vocals. Then in Detroit was like electrifying, due the ride of deep music that was used to like Kraftwerk, P52, Funkadelly, Prince, I play these artists album. They all played an important role because they were such loving artists and their singles were playing on radio.
Kevin Saunderson in Detroit, Paris Grey from Chicago, two different scenes for the conception of electronic music. What was the meeting point?
Our meeting point was in Detroit over the phone, in Chicago trough connections of a guy named Terry ‘Housemaster’ Baldwin early 1988.
“Big Fun”, your first release which many music lovers still associate your name. Are you able to explain the success with this track?
The success with this track was happy and go lucky in time, my inspirations always was to make instrumental that was strong enough to stand on his own, that had a vocal on top that effect would be magnificent and that was my idea, to be played in the clubs.
The step from the first single to albums was short, just thinking on “Paradise”. What was the concept of this work?
You know, we had so much success with “Big Fun” and “Good Life”. The next step was to make an album, it was a new experience for me, in fact I had to create a whole album. I’m used to create just a track and then another track and name the track. There was a little difference in challenging, but I was very happy with the first album, we had “Good Life” on and we did a cover version of “Whatcha gonna do with my lovin”, we had also “Do you love what you feel”, “Ain’t nobody better”, we had big success and, you know, we had slow jam, experiments around, so it was fun.
Then several albums, including “Fire”, even if it didn’t receive the same success, although two sensational tracks inside (“Hallelujah” and “Till We Meet Again”). Have you ever felt the need to ask yourself what and why has not the same success of your first work?
One of my favorite tracks is Till We Meet Again, maybe my most favorite track of my whole album. About the success, you know, I think we had created stuff, avanguard music and vibes, just different approaches too, there was an experimental part and not, trying to follow the success of “Big Fun” and “Good Life” and keep making records like that sound and even these songs are not massive than the others, they are still my favorite.
1993. Kevin decided to focus exclusively on “The Reese Project” with his wife Ann. Why such a drastic choice?
For one reason, with “The Reese Project” I wanted to help some different artist in the city and I have developed a relationship with my wife who was a very good rider and she was a good singer and there were different elements, more spiritual, more soulful. So we just think that way of singing was destined for the first work together.
Among your early albums and your last works we can feel more soulful, r&b, gospel and downtempo influences…how do you explain that change?
You know, when you make music you go with your vibe. My music just was about trying to release house or techno, it was radio or simply emotional music, this is the best i can explain it, sometimes i go more downtempo, more soulful, something like that.
Years went by and we still speak of you, despite a very long stop. We want you to explain directly to your fans what they will hear from you in 2012…
In 2012, we’ll have new Inner City records, you gonna hear new events and I’ll perform and djing all around the world and we will be also do some shows. That’s it.
Thanks for your time!! Wish you all the best for your future!
Peace!