La domanda più frequente quando leggo Italoboyz su ogni ep è sempre la stessa. Perché nessuno in Italia ha creduto in loro? Il loro percorso, ormai noto a tutti, è il più classico esempio che avvalorizza la tesi della la “fuga dei cervelli” verso lidi remoti e ben più favorevoli. Ovvio, non basta solo cambiare aria, ci vuole davvero tanto spirito di sacrificio e voglia di proporsi per non andare incontro ai pregiudizi tipici del nostro paese. In una città come Londra, Federico e Marco sono stati in grado di trovare la dimensione ideale diventando nel giro di pochi anni vere e proprie icone internazionali. Una precisazione quasi dovuta, soprattutto dopo aver dato ascolto al loro nuovo lavoro in uscita su Moon Harbour, label di spicco internazionale gestita dal sempreverde Matthias Tanzmann.
Per l’occasione i due si avvalgono dell’aiuto di una loro vecchia conoscenza, Giorgio Cadamuro aka Blind Minded, già autore di un pregevole remix di Body and Soul sul loro Trapez Ltd, datato 2008. Il trittico dal sapore afro, ha raccolto i vari pareri favorevoli di innumerevoli artisti che già questa calda estate allietavano il loro pubblico con “Bekeke”, la prima e forse la traccia più nota dell’uscita numero cinquantasette del catalogo. L’intro, curata efficacemente con una drum profonda e accompagnata dal timbro africano, fa scivolare piacevolmente i primi secondi interrotti in un secondo momento da uno stacco prorompente che dà inizio alle danze con un’ottima stesura di bassline e drum rack. Il vero tocco di classe è però rappresentato da piccoli accenni che scandiscono una di quelle melodie che difficilmente si tolgono dalla testa. Effetti, stacchi re-editati e ripartenze fanno poi da contorno per otto minuti di groove mai noioso. “Mamacita” invece si apre con un basso decisamente più funky e voci indistinte; solo in un secondo momento ottimi giochi di percussioni, clap e shakers fanno il loro ingresso lasciando la scena principale ad un riff dovutamente filtrato e “re-pitchato”, in grado di garantire un notevole slancio alla traccia. Infine, il basso decisamente più aggressivo di “Spooky Bird” sembrerebbe presagire uno di quei record “violenti”, ma in realtà la chiave di lettura rimane house, una volta introdotta la semplice battuta. Dal secondo minuto ecco di nuovo l’atmosfera tribale con bongo, xilofoni, fischietti riproposti in successione e intervallati da ottime pause.
Morale della favola: la tradizione nel riprendere samples etnico-popolari può spesso rivelarsi una scelta azzardata e pericolosa, vista la moda sempre più comune che porta a questa strada. In questo caso però, possiamo dire che gli Italoboyz hanno confezionato un EP di pregevole fattura. Come sempre!