Di “Teledrin”, Napster e rullini Kodak francamente si sente poco la mancanza. Specialmente se poi si pensa a spot pubblicitari dell’epoca con slogan e trovate pubblicitarie come: “Gelato Jumbo: Succhioso e Leccoso”. Sulla carta l’evoluzione della specie dovrebbe pagare in termini di qualità della vita: ricerca e cultura punti cardine da dover prendere di petto per un costante miglioramento sociale. Si rimane invece spesso appesi ad un percorso vintage a tinte pastello piuttosto sbiadite che ritorna prepotente cavalca l’onda e si infila in pertugi bui dove forse oggi tante “release” non arrivano, qualcuno non spinge come dovrebbe e uno sguardo al passato fa solo che comodo. Non si parla di critiche ma solamente di una presa di posizione, il mondo di oggi è ampiamente sovra fatto di re-edits e reissues che a volte trovare il vero bandolo della matassa è davvero molto difficile. Per fortuna in questo immenso calderone c’è sempre molto da apprezzare, in larga parte già fatto con l’ampio focus sulla “reissueland indipendente italiana”. C’è chi però del vintage proprio non riesce a farne a meno, è uno status symbol, è una seconda pelle che trasuda emozioni. Nelle vene scorre di tutto, da “vota la voce” in cui un funanbolico vasco rossi da del “finocchio” a Gianluca Grignani, passando per Funari e proseguendo con la tribuna politica di Giuliano Ferrara e un sempre pimpante Domenico Di Carlo umile lavoratore del centrocampo negli anni del Vicenza. Ecco tutto questo potete tranquillamente trovarlo su Youtube, se invece avete un po’ di sana malinconia e volete riabbracciarla calorosamente basta soltanto spostare lo sguardo verso il basso, osare uno scrolling down e tutto riappare come un immenso ologramma a forma di Gianfranco D’Angelo. L’idea di guidare un’Alfa 90 con l’aria condizionata e l’ABS di serie è il mood con cui è stato accolto Marcello Giordani, esportatore sano di italo sound.
Come ti poni di fronte al fatto che “Miracolo Italiano” sia sfuggito all’Academy, un film di genere che poco a da invidiare alle pellicole americane con la colonna sonora curata dagli Scrapper, italianissimi di Taranto.
Diciamo che io appartengo alla generazione che predilige la comicità demenziale della prima metà degli anni ’80, “Miracolo Italiano” fa sicuramente parte di quel filone ma con i tempi siamo al limite, troppo recente, quando già si copiavano da soli le battute e le situazioni erotiche/comiche ormai erano un cliché e non più una novità. I tre attori di quegli anni che porto nel cuore sono, non in ordine di importanza: Renato Pozzetto, Lino Banfi e Diego Abatantuono. Se devo unire comicità e musica allora la mia nomination va a “Viuuulentemente Mia” dove la soundtrack è curata dal maestro Armando Trovajoli. Ti invito ad ascoltare “Roaring ’80” presente nei titoli e in un super inseguimento tra Alfette con tanto di sgommate e controsterzi. Per quanto riguarda la colonna sonora degli Scrapper li conosco ma non sono esattamente i miei preferiti. Se vogliamo parlare di musiche relative a pellicole cosiddette O.S.T. io sono ultra appassionato di quelle Horror. Il capolavoro dei Goblin su “Buio Omega” di Joe d’Amato per me è imbattibile come tutto quello che ha fatto Carlo Maria Cordio. A ruota si posizionano le musiche dei Films di Sordi ed ancora le tante curate da: Piccioni, Ortolani, Gaslini, Alessandroni e molti altri.
Ci vorrebbe un bel miracolo (italiano), musicalmente parlando, molti tra artisti ed etichette prendono spesso la via dell’estero, tu più o meno da quand’è che sei fuori?
Noi italiani di miracoli ne abbiamo fatti tanti nella storia, ma non credo che serva un miracolo per farsi notare a livello artistico. Ci vogliono altre doti, tra cui la passione per quello che si fa e non ambire ad arrivare a certi livelli solo per uno status di “figosità”: ti deve veramente piacere quello che fai. Altra cosa importante è scegliere i canali giusti, devi essere consapevole di ciò che fai e proporlo a chi realmente possa sfruttare il tuo talento, che sia o meno italiano. Consiglio in codice per i newcomers: “Un disco uscito qui, non è uguale a un disco uscito lì”. Puntate in alto e non fate release inutili per le millemila etichette sconosciute (non hanno budget per la promozione o contatti con media importanti) che sono il core business del mercato attuale. Importante è creare un progetto concreto che possa interessare a chi realmente possa dare una spinta a livello promozionale. Io sono in giro all’estero come Marcello Giordani dal 2009, anno dopo la creazione del mio italianissimo blog Italo Deviance che ora purtroppo non ho più tempo di curare.
Domandone lo so, ma credi di rimpatriare un giorno, ci sono dei progetti sul breve o come spesso si dice: le cose facciano il loro corso poi il tutto sarà in divenire?
Vivo a Barcellona da quattro anni e sinceramente mi trovo bene, soprattutto perché l’aeroporto è comodissimo. Se vogliamo aggiungere anche che cibo e vino sono molto simili ai sapori di casa nostra, non escluderei di potermi trattenere qui per molti anni ancora. Resta comunque il fatto che amo l’Italia e il mio sogno sarebbe quello di vivere alle Cinque Terre.
ItaloDeviance è una tua seconda pelle, blog ed etichetta si fondono alla perfezione come non mai, la “mania” italo che ti accompagna da sempre come nasce? C’è stato un album in particolare che ti ha cambiato l’approccio alla musica?
Magari l’album “For You” di Ago mi ha fatto scoprire che in Italia nei primi anni ’80 si faceva della dance che non aveva nulla da invidiare a quella US, ma la mia scoperta della italo Disco è avvenuta tramite un podcast dei Metro Area nell’anno 2000. Avevo la cassetta ed andavo alle fiere del disco con il walkman a far ascoltare le tracce ai venditori che, ridendo, mi dicevano (ad esempio per “Spacer Woman”) “ah si questa è la disco-merda italiana degli anni ’80“. Si mettevano a ridere e mi chiedevano addirittura se volevo fare dei blocchi tipo comprarne venti o trenta a per pochi soldi così loro se li toglievano dai coglioni. Io li compravo e tutt’ora non sono pentito. Avevo quindi moltissimi dischi italo a quel tempo e mi piaceva “rippare” le versioni strumentali sul mio computer. Essendo anche un grande digital-digger (e quello era il periodo d’oro dei blogs musicali) ho pensato che potevo farne uno anch’io che trattava appunto il tema italo. Così nel 2008 nacque per puro divertimento Italo Deviance e nel 2010 l’etichetta.
Quindi a questo punto non rimane che elencare i cinque dischi fondamentali di cui a tuo avviso non si può fare a meno?
Change “The Glow Of Love”
Kashif “S/T”
Sheryl Lee Ralph “In The Evening”
Expansives “Life With You”
MAW feat. India “To Be In Love”
Per quanto riguarda tutto il mondo pailettes e lustrini con spalline di raso che affascina sempre più, credi che possa essere un punto di forza o a volte è come dire riempire qualche lacuna musicale attuale che stenta a prendere forma?
Come ben sai sono un maniaco musicale di tutto quello che è fine ’70 e prima metà anni ’80 e credo fermamente che al giorno d’oggi non esista in nessun modo un livello musicale come all’epoca e non mi riferisco solo alla qualità, ma anche in termini di quantità. In primis, ai tempi le produzioni erano create da musicisti e produttori veri. Certo anche allora si strizzava l’occhio all’immagine dell’artista, ma di base c’era sempre la musica. Se ci riferiamo alla musica pop (che non seguo quindi non sono aggiornato anche se non credo di perdermi niente), una hit super mondiale di oggi è “Despacito” mentre negli anni ’80 era “Careless Whispers”. Ora sfido chiunque a metterle sullo stesso piano, chi avesse il coraggio solo di abbozzare un “forse” andrebbe castrato a livello uditivo.
Riguardo invece a livello Underground e nella musica elettronica in generale, che è il mio settore, non credo sia cambiato molto: le produzioni vengono create negli home-studios. Quando a diciotto anni iniziai a produrre nella mia cameretta dovetti lavorare e scroccare soldi a tutti i parenti perché, senza le macchine (parlo del mixer, synths, effetti ecc.) non facevi proprio un bel niente. Ora è molto più facile: il Mac ce l’hanno tutti, ti scarichi Ableton o Logic pirata, un po’ di Virtual Instruments e puoi produrre un disco senza spendere una lira. Ovviamente tutto ciò porta ad un sovraccarico di “producers” e gente che spamma a destra e sinistra con tracks fatte il primo giorno che accendono il computer. È troppo facile, credo, soprattutto perché è gratis. Se si dovesse partire con un investimento di cinquemila euro o pagare uno studio sessanta euro l’ora credo che ci sarebbe meno spazzatura in giro.
Con il tuo socio Alessandro formate i Marvin & Guy possiamo dire tranquillamente che allo stato attuale siete tra gli esportatori di italo sound più seguiti di sempre. Non credo ci siano altri italiani al momento che hanno un numero così massiccio di date in giro per il mondo; è una grossa responsabilità, aggiungo. C’è stata una scintilla o un qualcosa di “romantico” che ha unito le due anime nel passato?
Io e Ale abbiamo iniziato a lavorare insieme nel 2011, creando un party chiamato Apartment che ha avuto un discreto successo nella nostra cara Parma e comunque era conosciuto anche a livello nazionale. Un party piccolissimo, per centocinquanta persone e totalmente dedicato alla musica disco underground ’70 e primi anni ’80. Dopo due anni abbiamo iniziato a produrre i primi edits realizzati sull’etichetta giapponese Let’s Get Lost poi altri due sulla nostra label UWIH e Makin’ Love. Anche se siamo e saremo per sempre amanti della musica disco, sinceramente dopo quattro anni di Apartment (quindi dj set disco) e edits (sempre disco) ci eravamo stufati di quel suono: ci aveva saturati. Pensammo quindi di fare uno step a livello musicale, fondere il groove della disco music con suoni più elettronici e nel 2015 nacque l’EP “Egoista”, realizzato su Hivern Discs, etichetta di John Talabot, che in quell’anno aveva un hype molto importante. Ecco, diciamo che quella è stata la scintilla. Ti ringrazio molto per considerarci come gli italiani con più date all’estero, ma ti ricordo che ci sono in giro i vari Carola, Capriati, Alicante, ai quali noi a confronto siamo “cacchette di piccione”.
Il lavoro che preferisco come Marvin & Guy rimane senza dubbio l’EP “Makin’ Love” un 12” uscito su Marvin & Guy Records nel 2014. Il bello deve ancora arrivare immagino, state lavorando ad altro al momento?
“Makin’ Love” è un edit che ha avuto molto successo: la track é quella disco super cheesy che ti acchiappa…io personalmente preferisco “UWIH”, dove abbiamo stravolto “Paranoid” dei Black Sabbath! Ora siamo nella squadra Life & Death, label di DJ Tennis (che e di Parma come noi). Abbiamo realizzato un EP l’anno scorso, chiamato “Superior Conjunction” che sta andando discretamente bene. Abbiamo già pronto il nuovo EP, uscirà sempre su LAD ma ancora non posso rivelare nessun dettaglio, a parte che uscirà entro fine anno. Altre cose sì, abbiamo fatto la serie “Equation”: tre dischi singoli con copertina e vinile dello stesso colore (Nero, Grigio e Bianco) e un box dove li conteneva tutti e tre. Ci sono edits di dj amici che suonavano solo loro nei sets, le cosiddette “secret weapons”. Gestiamo anche la label Life Of Marvin sempre con DJ Tennis dove andiamo a ripubblicare, in maniera ufficiale, tracce techn/trance Italiane oscure e poco conosciute del periodo che va dal ’91 al ’95.
“Orizzonti” invece uscito su Slow Motion è la tua ultima release come singolo. Come riesci a fondere i due progetti. Ci sono delle priorità che porti avanti, o ti lasci trasportare dal puro istinto musicale senza badare a cosa viene prima e cosa si potrebbe fare dopo?
Per finire “Orizzonti” ci ho messo tre anni, tutte tracce fatte diciamo “a tempo perso” ma curando nei minimi dettagli il suono ma soprattutto la sonorità che volevo trasmettere. Senza parlare del concept della copertina che è stato un divertimento incredibile. Orizzonti si basa solo ed esclusivamente sul suono italo di un anno specifico: il 1983. Perché proprio quell’anno? Te lo spiego. Il 1983 in Italia é stato l’anno di transizione tra il beat suonato live e le prime drum machines, magari nella new wave e nel synth pop già l’uso era più frequente, ma nella disco/dance no. Se prendiamo in considerazione la musica house per esempio (che adoro), in base alle correnti di pensiero iniziò nel 1986 e da allora non e cambiato molto, sono trent’anni che si usano bene o male gli stessi suoni e soprattutto le stesse batterie: 707, 909, 626. Ovviamente la qualità del suono è migliorata ma la musica rimane quella, non ha subito una grande evoluzione, è riconoscibile. La italo disco invece ha avuto un inizio e una fine. Per quanto mi riguarda ha avuto inizio nel 1978 ed é finita definitivamente nel 1987. Come ho detto prima, nel 1983 c’è stato questo “upgrade” negli studi e sono passati all’uso massiccio delle batterie elettroniche (soprattutto 808, 606 e più tardi anche Lindrumm) ma mantenendo un mood disco che per me è assolutamente unico. Basti pensare a tracks come: “Spacer Woman”, “Cybernetic Love”, “Stop”, “Turas” tutte le produzioni di Rago & Farina, di Maurizio “Sangy” Sangineto sulla Musix rec. e di Alessandro Novaga. Il 1983 un anno, ripeto uno!, intensissimo di grandi produzioni di tracce dance elettroniche dove si sono gettate indubbiamente le basi della musica house, ma anche techno se vogliamo. Per quanto mi riguarda “Dirty Talk” di Klein & MBO è il primo disco house della storia, fatto in Italia e guarda caso proprio nel…dillo tu dai! Ovviamente le tracce citate non hanno avuto un successo, soprattutto in termini economici, come un “I Like Chopin” o “Dolce Vita”, quindi seguendo anche la scia del soldo, ma anche della tecnologia in grande fermento ed evoluzione in quegli anni. La musica dal 1984 in poi, ha subito un cambio di direzione diventando la canzonetta cheesy-dance che sinceramente non è parte del mio gusto.
Ovviamente, ci sono tracce italo post-83 che amo. Ne cito un paio: “Pink Foothpath” di Louis e “Problemes d’Amour” di Alexander Robotnick. Chiudo dicendo che il messaggio di “Orizzonti” è quello di riportare alla luce quello che, in Italia, é successo solo per un anno. Bisogna fare in modo che quell’anno continui almeno per altri dieci…se lo merita dai!
Viaggi talmente tanto che seguire tutte le storie su Instagram non è un lavoro semplice: ci vuole come minimo un team esperto! Per i fortunati followers sparsi nel globo dove sarai nella calda estate?
Quando inizi a girare ti accorgi che l’80% del lavoro di un dj é viaggiare. Non è come quando inizi e pensi solo al set che farai o alle produzioni in studio, insomma le cose a cui dovrebbe pensare un dj-producer. Ora sei a fare il check-in, poi hai l’ansia che il driver non sia in ritardo altrimenti perdi l’aereo e tante altre cose che non c’entrano nulla con la musica. Non a caso sto facendo questa intervista su un volo diretto a New York. Per quanto riguarda i social, il mio personale lo curo io mettendoci le minchiate che mi vengono in mente e senza curarlo particolarmente (si vede che sono una sola con i social!). Per Marvin & Guy invece é tutto più professionale e abbiamo, oltre a due agenti (Europa e USA) e quattro sub-agenzie, un management con il manager ovviamente e altre quattro persone che si occupano della logistica (quindi voli, hotel, ecc ecc), del marketing (interviste, podcasts e shooting), social network e la parte finanziaria. Abbiamo appena preso anche una press agency inglese molto forte che si chiama The Rest is Noise. Insomma un casino, però divertente. Per quando e dove sarò, invito tutti a cercare il nostro calendario sul sito o sull’app di Bandsintown: è aggiornato all’ottanta per cento perché ci sono date che ancora non possiamo annunciare.
Chiudiamo in bellezza dai, quali sono per te gli oggetti da re-introdurre sul mercato ora? Inizio io: Alfa Romeo Montreal.
Oggetti da re-introdurre ce ne sarebbero tanti, provo a citare quelli non totalmente obsoleti: gli orologi Casio per esempio con il gioco incorporato (ho appena comprato il CASIO GS-20 “Super Windsurfing” di cui vado molto fiero) e l’Alfa GT Junior – non sono un alfista, ma sarebbe l’unica automobile che mi comprerei se avessi un posto dove tenerla!