Ad inizio agosto c’era arrivato Google con il suo servizio di streaming musicale per Android, accessibile anche da desktop e col nome che sembra una tariffa telefonica. Quattro giorni fa è arrivata anche Apple che insieme ad iOS7 ha presentato anche iTunes Radio, il suo di servizio di streaming musicale online (solo per gli account US, per adesso).
Non stiam parlando di rivoluzioni ma di semplici ampliamenti nella loro offerta di mercato, per gli utenti web e mobile: un passo in più nel loro ecosistema, con tutti (o quasi) i metodi di condivisione possibili, gli stessi incroci con servizi attinenti della loro casa madre. Entrambi hanno accesso a un mole di dati enorme e se iTunes Radio è più economico, con i suoi 24,99€ all’anno, Google ha il netto vantaggio di possedere YouTube, che è già il più redditizio dei servizi di streaming, più gradito dagli utenti. Con un catalogo audio-video sconfinato ma che ancora non è riuscita a sincronizzare con Music Access Unlimited (è proprio infelice il nome, non c’è niente da fare). Sono entrambi a pagamento e da qua non si scappa, ma soprattutto sono i cacciatori perfetti a Pandora e Spotify perché i loro utenti possiedono già ampie parti della loro restante offerta. Per darvi due numeri, iTunes Radio, in 3 giorni, ha già totalizzato 11 milioni di utenti attivi, un settimo degli utenti di Pandora in 3 anni.
Alla fine però non c’è niente di nuovo, che non sia già visto da altre parti e che non si porti dietro il solito grande problema del come faccio a farmi pagare da un utente che non è abituato a scacciare un quattrino per la musica online? La risposta è e rimarra: fin quando lo troverò su YouTube, non ti darò una lira. Ovunque e dovunque nel mondo.