Vanesio di un vanesio questo Jacques Greene, ammiccante, ammaliante e arrogantemente illusorio il suo album di debutto.
Veniamo con ordine: Jacques Greene è uno che negli ultimi sei, sette anni ha infilato singoli su singoli, Ep su Ep, uno più bello dell’altro, protagonista indiscusso di quasi tutti i dancefloor proprio per la sua validità tecnica e guardato con attenzione anche da nomi importanti (Radiohead su tutti) è capace di districarsi in più generi passa volentieri dai ritmi più UK a momenti rnb fatti di ritmi lenti e voci “pitchate” che sono un po’ il suo marchio di fabbrica.
Fin qui tutto bene si dirà, ma se è vero che conta soprattutto l’atterraggio rispetto alla caduta, allora temiamo che il lento planare con cui il nostro ha volato in questo ultimo periodo non ha portato all’ atterraggio soffice e morbido che forse aveva previsto.
“Feel Infinite” infatti era attesissimo e con il curriculum di presentazione messo in cassaforte, (“Afterglow”, “On Your Side”, “Arrow” e credeteci abbiamo pescato nel mucchio) doveva essere se non qualcosa di epico, almeno qualcosa che si avvicinasse alla bomba, invece e attenzione a questo passaggio, il disco né da solo la sensazione, l’illusione superficiale per poi rivelarsi come un buon disco con cui fare primavera piena, fermandosi poi giusto in prossimità del solstizio prossimo venturo.
Per carità “Feel Infinite” ha tutte le sue cose al posto giusto Jacques Greene riesce a rendere tollerabile uno smarrito How To Dress Well (ricordandogli come si cantava e come si facevano pezzi fighi) dosa bene i momenti “slow” dell’album e quando si mette a far legna ci si diverte anche bene. Se vi è piaciuto l’album di George Fitzgerald adorerete “I Wan’t Judge”, “To Say” è in heavy rotation su tutte le radio inglesi come era lecito aspettarsi e in Rinse Fm c’è da scommetterci ne faranno una malattia, infine adoriamo Greene quando gioca a fare Alan Braxe in “Real Time” facendoci tornare ragazzetti, peccato però che al netto di buone voci pitchate, (You Can’t Deny) una ritmica distintamente UK, sia davvero tutto qui e sia davvero troppo poco.
“Feel Infinite” è e probabilmente rimarrà un album contemplativo in cui l’autore, tra le proprie brame, si specchia per il gusto del proprio compiacimento, chiedendosi quanto è bravo, un mood accettabile se fosse in assoluto il suo primo lavoro e per questo figlio di insicurezze dovute dall’inesperienza, inaccettabile dal momento in cui questo disco viene da uno che già nel 2011 remixava “Lotus Flower”.
Spiace dover maltrattare o puntigliare troppo su questo esordio, che comunque rimane un disco carino e con ottime prospettive di successo, ma spiace ancora di più constatare che metaforicamente Jacques Greene si presenta alla guerra armato soltanto di coloratissimi e rumorosissimi petardi o poco più, quando invece avremmo desiderato un disco di cui parlar nel tempo e che invece rischia di essere soppiantato dal primo semplicemente buon lavoro che qualcun altro presenterà sul mercato, peccato.
Mirko Carera
Vive a Milano dove cresce e lavora, si tatua frasi di canzoni, copertine di dischi e cartoni animati. Ex rugbista si definisce "daftpunkiano", ama Prince Amy Winehouse, la disco,il funk e l'house cantata. Ha una passione viscerale per il garage u.k., i Moderat e il beat making. Confida nell'uso terapeutico del Groove per combattere la routine quotidiana.
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