Senza girarci tanto attorno: era dai tempi della Red Bull Music Academy – molti di voi se la ricorderanno – che non c’era un progetto così serio e così consistente per la musica “nostra”. Non è una cosa da prendere per scontata, tutt’altro. Il brand fa il brand e la musica fa la musica, sia chiaro; e qui si è sempre stati molti attenti se non proprio critici nell’evocare le possibili storture in cui c’è una eccessiva confusione di ruoli (e una, come dire?, cessione di sovranità). Ma nel momento in cui il brand Jägermeister nella sua branch italiana ha deciso di investire sulla MAT Academy, ovvero chi produce esecutivamente il Lab, va detto che l’ha fatto seriamente ed anche con l’attitudine migliore: quella di mettere al primo posto la competenza e l’anima di chi nella musica ci è immerso per davvero. La cosa si è rivelata talmente solida e ben fatta che anche quando c’è stato un cambio di proprietà, cosa più unica che rara, l’accordo è stato rinnovato. E lo JägerMusic Lab è continuato quindi ad esistere, col massimo della potenzialità e della qualità.
Questo preambolo è necessario, perché vi dà il giusto contesto sull’edizione 2022. Perché possiamo stare qui a raccontarvi quanto è stato fantastico lo JägerMusic Lab quest’anno (lo è stato), quanto erano fighi i dieci act selezionati (lo erano, ciascuno a modo proprio), quanto erano ganzi i tutor (Nu Genea, Fast Animals Slow Kids, Boss Doms ed altri ancora: ci torneremo), e avremmo fatto il nostro compitino, ma è veramente importante andare al di là della superficie, e capire davvero come sono state fatte le cose, e su quali basi.
Perché non giriamoci intorno: il rapporto tra arte, musica ed investimenti marketing dei marchi commerciali sta diventando sempre più uno snodo decisivo. Nel momento in cui chi fa musica non riesce quasi più a finanziarsi vendendola (ricavi dai supporti fisici quasi a zero, ricavi dallo streaming ridicoli) e nel momento in cui il settore degli eventi dal vivo per quanto in salute fa sempre più figli (chi cavalca l’onda giusta a favore di social network) e figliocci (tutti gli altri), capire come si può lavorare e collaborare avendo dei brand come editori/finanziatori/facilitatori è una questione vitale.
Per troppo tempo, quando pensava di guadagnare abbastanza dalla vendita dei dischi, la musica ha trattato i brand come stupide greppie da cui attingere occasionalmente per poi tornare a farsi gli affari propri, e i brand hanno trattato il mondo della musica come una delle tante cose di marketing che devi fare, né più né meno della cartellonistica stradale o della pubblicità tabellare sui giornali, una cosa vale l’altra. Se questo rapporto di reciproca incomprensione e latente snobismo fosse continuato (e in molti casi, purtroppo, continua), i danni non sarebbe stati pochi: con la musica asservita qua e là a gente che della musica non capisce un cazzo, e la musica tratta come tratterebbe qualsiasi altra cosa, anzi, reputandola anche un po’ una roba inutilmente presuntuosa con cui fare buon viso a cattivo gioco.
Ecco perché una esperienza come lo JägerMusic Lab è importante. Dimostra come vanno fatte le cose. Dimostra che devi affidarti a gente brava, che lavora seriamente, che ha competenze reali, e che porta avanti un progetto con la giusta sensibilità in cui accetti certe indicazioni del brand (i vari episodi su YouTube dell’edizione 2022, che qui potete vedere tutti insieme, sono fatti molto bene ma ovviamente hanno un format un po’ “televisivo”, perché tra il grande pubblico funziona meglio questo che le menate nerd ultraparticolareggiate che piacciono a noi fissati ed appassionati) ma poni comunque dei paletti forti: la gente viene selezionata non per l’aspetto o la telegenicità ma per il talento; al di là di quello che poi risulta nei pochi minuti di montaggio finale video in studio si lavora duro e si insegna molto; ciò che non è visibile alle camere, in primis ad esempio l’interazione umana con e tra i partecipanti, ha comunque una importanza ed una cura vitale.
Diciamoli allora i nomi dei selezionati di quest’anno (ah, a proposito: uno dei grandissimi meriti di Alex Tripi e Nello Greco della MAT Academy è quello di fare un lavoro di scouting strepitoso, alle selezioni arriva sempre un gruppo di candidati che è notevolissimo sia come quantità che come qualità): Ufo Orchestra, SPLENDORE, SQU4RE, Linbo, Munstac, WARED, Greeko, Riccardo Rusconi, Giovanni Agosti, LadyHalo.
Se volete conoscerli più da vicino, ci sono anche dei mini-speciali video su ciascuno di loro, li potete recuperare tutti qui. Consiglio: fatelo. Intanto, proseguiamo.
Davvero: è stata una lunga settimana veramente fruttuosa, in cui non solo i dieci act finalisti sono stati obbligati a lavorare a fondo, ma sono stati anche “esposti” a una serie di incontri – formali ed informali – con gente che nell’industria lavora a trecentosessanta gradi. Ad esempio, poter scambiare delle chiacchiere con Federico Cirillo, che è arrivato al vertice della Island italiana ma che soprattutto è uno dei discografici più appassionati, cazzuti ed al tempo stesso aperti ed alla mano che abbiamo nel nostro Paese, è una opportunità notevolissima per chi fa musica e soprattutto vuole sapere quali possono essere i modi più professionali per approcciarsi ad essa (per poi scegliere, obbligatoriamente, la via d’espressione più personale: non è questione di diventare tutti dei replicanti buoni per questa o quella major, anzi, è l’esatto contrario).
Nel round finale, sono arrivati Squ4re, Splendore, Munstac. Come va a finire? Chi vince? E come sono andate le decisioni della giuria?
Al di là dei video, al di là dei numeri, al di là delle photo opportunity, della presenza del brand nelle inquadrature, delle impression e della media revenue, il punto focale è che chiunque sia stato toccato dalla realizzazione dell’edizione 2022 dello JägerMusic Lab (artisti, tecnici, spalleggiatori, anche solo semplici amici e conoscenti) ha respirato la serietà e la bellezza dell’operazione. Sul medio e lungo periodo, questo è l’investimento migliore. Alla fine tra persone della stessa scena ci si parla, e se lo JägerMusic Lab esista da ormai un bel po’ di anni con una qualità che nemmeno per un attimo decade un po’, è anche perché è stata guadagnata della credibilità. Che è qualcosa che guadagni sul campo, non con le cazzate o staccando assegni. Gli assegni possono tacitare le critiche e gli scetticismi per un po’, ma dopo non troppo tempo c’è chi si stufa di staccarli, c’è pure chi si stufa di riceverli.
Potremmo dirvi che dallo JägerMusic Lab è venuta fuori Hu (artista davvero di spessore), che Stomp Boxx ha dato una svolta alla sua carriera iniziando ad uscire per Drumcode, che Fivequestionmarks è stata notata da Luca Agnelli e insieme hanno confezionato un remix che ha spopolato nei dancefloor; ma il vero traguardo nel fare il Lab è crescere come persona, crescere come conoscenza. Poi ognuno si gioca le carte a modo suo. E’ una gara, insomma, perché la traduzione “televisiva” del format un po’ questo lo vuole, ma al tempo stesso non è una gara – è una esperienza a trecentosessanta gradi, e che sa – e vuole – scavare in profondità.
Davvero: l’operazione migliore, qui in Italia, dai tempi della Red Bull Music Academy. Almeno come azioni strutturate e non solamente a spot, a singolo progetto o evento. Anche quest’anno lo ha dimostrato davvero. E il fatto di spostarsi sempre più dal mero clubbing alla musica ad ampio spettro (avere in giuria Fast Animals Slow Kids o La Rappresentante Di Lista come quest’anno o Margherita Vicario l’anno scorso la dice lunga in tal senso) invece di annacquare lo spirito o renderlo generalista (ed arrivista), lo ha ancora di più rafforzato, reso più profondo, più completo. Sempre senza compromessi o accordi al ribasso, artisticamente ed umanamente parlando.
Nel dirlo, ci mettiamo la faccia. Stravolentieri. E ce la mettono anche loro: