“Ma sai che mi ero trovato veramente bene, mi era piaciuto veramente tanto? Una cosa fatta davvero a modo, e non sempre capita quando ci mezzo ci sono dei brand, anzi…”: ora, non faremo nomi, ma vi basti sapere che questa frase non è stata pronunciata da uno dei ragazzi partecipanti passati allo JägerMusic Lab (che, anche se non è scontato, ci sta si siano trovati bene in un contesto dove da artisti ancora emergenti avevano molto da guadagnare e pochissimo da perdere). No: a dircela, mentre tra l’altro si stava parlando d’altro e si era in tutt’altro contesto, è stato uno degli ospiti “famosi” delle edizioni passate. Non stava parlando a favore di accordo commerciale (la sua partecipazione era stata qualche anno fa, poi non più ripetuta), né da noi poteva ottenere chissà quale vantaggio a parlare bene del Lab, perché anche chi vi scrive di ‘sto Lab è semplice osservatore esterno, per quanto da anni, dalla prima edizione, e al massimo è part time giurato. Era semplicemente sincero, il personaggio “importante” in questione. Ed era contento di sapere dal sottoscritto – tutto nato dalla domanda fattami “Ah, eri a Rimini lo scorso weekend? E a fare cosa?” – che l’esperienza dello JägerMusic Lab ci sia ancora, e sia ancora in perfetta forma.
Ed accidenti se lo è davvero. Per i non addentro alla faccende di gruppi industriali legati al beverage: il marchio Jägermeister, che da sempre è legato alla musica e in particolar modo al clubbing ed alla musica elettronica, qualche anno fa era passato da un agglomerato industriale (Campari) ad un altro (Montenegro). Cose che accadono, ma di solito quando accadono c’è un reset di tutte le attività promozionali precedenti. Eppure il Lab “inventato” dalla MAT Academy, ovvero da Alex Tripi e Nello Greco in primis, ha resistito anche a questo scossone ed è stato rinnovato anche dalla nuova proprietà. Non era scontato: visto che si tratta di un progetto che sì, ha anche delle declinazioni “popolari” ed utilitaristiche (da qualche anno ad esempio vengono assoldati dei testimonial molto forniti di numeri sul web a guidare pillole video varie), ma nel suo intimo resta altamente educational ed è attento alla qualità molto più che allo spettacolo ed al paraculismo. Molto ma molto di più.
Una cosa questa che, quando entri anche solo per un giorno o due nella vita del Lab, respiri immediatamente. Esattamente come successo al musicista con cui ci siamo ritrovati a fare conversazione – vedi appunto incipit articolo – qualche giorno dopo il weekend speso a Rimini (sede inedita, per lo JägerMusic Lab), per l’edizione 2024. Edizione che aveva format simile all’abituale: una decina di finalisti scelti da un’amplissima rosa di candidature on line, radunati per una settimana nello stesso luogo, messi sotto torchio dai due boss della MAT per lavorare su produzione, arrangiamento, rifinitura di quanto già fatto; poi, una sorta di “esame finale” che avrebbe espresso i tre migliori / più meritevoli della decina selezionata; infine, i suddetti tre se la giocavano in una finale (che era sempre legata ad una serata vera e propria, e così è stato anche quest’anno, Jasper James main guest ed in apertura un gran bel set 100%house di Enrico Rosica fra le accoglienti ed organizzate mura dell’Altromondo, altro esempio che se sei un galantuomo avveduto e professionale come Enrico Galli – gestore e proprietario da qualche anno anche del Cocoricò – pure nel mondo delle discoteche storiche puoi ancora fare qualcosa di buono e gestire dei luoghi che funzionano).
Spoileriamo subito l’esito finale dello JägerMusic Lab 2024: ha avuto la meglio Trevize, alias Francesco Barletta, alias anche metà di un progetto di cui avevamo parlato già un quattro anni fa e con apprezzamenti non banali. Il suo approccio all’elettronica tra Joy Orbison e Gold Panda ha colpito sia nella prima tranche di esami che nella finalona (in giuria, oltre al sottoscritto, anche vari colleghi e colleghe e in più in quota “vip” Madame, pure lei presa benissimo dalla situazione e molto, molto, molto attenta a dare giudizi ben pensati e per nulla banali: brava, c’ha messo cuore e testa, non è venuta a grattare del fatturato).
(Madame in mezzo ad Alex Tripi e Nello Greco, foto di CROPE Studio; continua sotto)
Una spoilerata così veloce e brutale sull’esito finale è, in realtà, fatta con intenzione: perché più volte nel corso del Lab viene fatto capire che non si è su X Factor, non c’è una corsa spasmodica al dramma, al vincitore, alla competizione. Zero. Insomma: non è (così) importante chi vince. Anche perché tra l’altro qui non si vincono soldi, e quest’anno manco si vincevano contratti discografici o di booking garantiti.
Eppure, provate, parlate con chi ha fatto il Lab quest’anno e pure gli anni passati – tutti e tutte vi diranno che è stata una esperienza bella, che ne valeva la pena eccome. Il merito va prima di tutto ad Alex, Nello e MAT tutta, che sono veramente attenti a bilanciare insegnamento e pratica, consigli ed incoraggiamenti. E poi va anche ad uno sponsor – Jägermeister, per l’appunto – che osserva ma non fa ingerenze, che finanzia ma non pretende, vivaddio, sulla linea dei (non troppi…) brand furbi che sanno che la qualità e il profilo sono investimenti a lungo termine, non one shot con l’ansia immediata dei numeri. Non succede spesso. Ma quando succede, è un bene per tutti.
(Un assaggio del brano che quest’anno ha conquistato tutti, al Lab; continua sotto)
È un bene prima di tutto per la musica, ecco. Perché la MAT Academy conferma di avere una capacità di scouting invidiabile – da anni il livello dei dieci finalisti è molto, molto alto – e l’esperienza del Lab è davvero una settimana che ti segna, ti fa crescere, dove entrano in circolo energie, conoscenze, divertimento ma anche professionalità e capacità di confrontarsi con le difficoltà. In più a rendere le cose ulteriormente interessanti già da qualche anno c’è un progressivo aprirsi rispetto al mero clubbing, come indirizzo musicale, per avere uno spettro sonoro, anzi, ecosistemico sempre più largo.
Va detto però che quest’anno due dei tre finalisti avevano, a livello musicale, un’impronta “da club” molto spiccata. Di Trevize abbiamo già detto. Criss-T, altro finalista, è uno di quelli che fa un genere oggi molto di moda, l’hard techno “caleidoscopica” piena di cambi, però lo fa davvero dannatamente bene, con precisione chirurgica, una competenza tecnica ed una visione progettuale decisamente sopra la media: bravissimo pure lui. Così come bravissimo è il terzo in finale quest’anno, Cuperose, che sempre nello stucchevole ma utile “gioco dei paragoni” potremmo descrivere come un aspirante Iosonouncane più attento contemporanemente sia alla dance che alla sperimentazione (e che già si era fatto notare, da semisconosciuto, dai Subsonica).
(Criss-T, visto di spalle, foto di CROPE Studio; continua sotto)
Più che negli altri anni, tra gli esclusi dalla finale non c’erano candidati “deboli”: abbiamo apprezzato moltissimo Lonewolf (immaginatevi un incrocio tra Cardopusher e il primissimo Kode9 più dubstepposo) così come il pop bizzarro architettato da Alec Temple e Vago XVII, ci ha incuriosito OANA con una strana spaghettiwesterntechno, ci ha rassicurato Kefrennnn con la sua d’n’b molto contemporanea. In generale, comunque, tutti avevano comunque solide frecce nel proprio arco espressivo. Soprattutto, tutti dimostravano di essere lì al Lab non per vincere, non per competere, non per sgomitare, ma semmai per godersi la situazione e il viaggio e, possibilmente, migliorare.
Cosa accadrà adesso, vedremo. Magari Trevize – che ci ha conquistato tutti anche perché nella traccia presentata al Lab ha voluto alla voce una delle partecipanti del Lab, Ginevra Ramos, una collaborazione nata lì in quei giorni a Rimini – non avrà la stessa carriera di Joy Orbison (…o magari ne avrà anche una migliore: chissà); magari nessuno della decina di finalisti di quest’anno cambierà la storia della musica più o meno elettronica in Italia nei prossimi dieci anni; magari questo, magari altro, ma immergersi in contesti dove la musica viene trattata con rispetto, viene insegnata, viene messa in pratica, viene analizzata in modo non banale è ogni volta una boccata d’ossigeno. Anche perché tutto ciò avviene in presenza, in carne ed ossa, perché anche se la MAT Academy ha vita pure on line conosce in realtà molto bene l’importanza del rapporto umano, sa quanto l’essere presenti fisicamente l’un l’altro può fare la differenza (nel bene e nel male).
(Trevize e Ginevra Romas in azione, foto di CROPE Studio; continua sotto)
Per l’ennesima volta, insomma, siamo stati al Lab. E ci è piaciuto parecchio. Ancora una volta, sì. Eh, “Una cosa fatta davvero a modo, e non sempre capita quando ci sono di mezzo dei brand, anzi…”: sottoscriviamo, sottoscriviamo senza riserve quanto detto da [non è importante chi, ma non è certo l’ultimo degli arrivati, anzi]. La pensiamo così pure noi. Lo facciamo e diciamo mettendoci la faccia. E la faccia nel nostro mondo e nei nostri valori conta di più di una qualsiasi partnership sponsorizzata (che qua, per inciso, manco c’è stata – se mai steste pensando male). Appuntamento al 2025, ci auguriamo. A sette anni di distanza dalla prima edizione lo JägerMusic Lab continua ad essere decisamente in forma, decisamente un patrimonio da difendere e diffondere.