James Lavelle è uno di quei personaggi per i quali si può scomodare la definizione di genio contemporaneo. Da più di 25 anni è sulla scena musicale mischiando le carte, a modo suo, come produttore e come dj, rendendo quanto mai sfumati i confini tra i generi. Negli anni ’90 con la sua etichetta Mo’Wax ha dato i natali discografici ad artisti del calibro di DJ Shadow e DJ Krush e ad oggi è il deus ex machina dietro al collettivo UNKLE, seminale sia nell’attitudine a portare avanti una visione musicale del tutto schizofrenica e aliena al proprio tempo, che nell’avvicinare un certo underground – legato all’elettronica mista al rock e all’hip-hop – ad un pubblico più allargato. Di seguito le sue parole, schiette e sincere.
E’ uscita da poco la raccolta “James Lavelle presents UNKLE Sounds – #GU41 Naples”. Mi piacerebbe partire da qui e dalle tue impressioni sulla città. Cosa rappresenta per te Napoli?
Amo Napoli, ci vado ogni volta che posso, sia per suonare che per passarci semplicemente del tempo, ho buoni amici lì, per esempio Domenico Gg Canu dei Planet Funk che mi invita sempre. La trovo una città unica, con delle vibrazioni fuori dal comune, con gente bella e, naturalmente, con ottimo cibo. La raccolta è un modo per omaggiare la città e per proporre nuova musica.
Senza scomodare Nick Hornby, di criteri per mettere in fila dei brani ce ne sono moltissimi. Mi chiedevo qual è il tuo metodo, se ce n’è uno.
E’ avvenuto tutto con molta naturalezza, è una raccolta su due dischi con parecchi remix e re-edit inediti a firma di UNKLE Sounds, assieme a brani di altri musicisti che stimo e che in fase di compilazione mi sono sentito di inserire. Ma è anche una selezione molto suonata, come se si trattasse di una performance vera e propria. Non so dirti esattamente qual è stato il criterio che ho usato, ma sicuramente il mio è un approccio istintivo, come quando in un dj set si scelgono i pezzi che riflettono lo stato d’animo del momento. Inoltre, nel caso specifico di una compilation, questa deve necessariamente anche suonare bene nel suo complesso, oltre che rispecchiare i gusti di chi la realizza.
Le sonorità che hai scelto sono molto varie, oltre a rappresentare il tuo eclettismo, la raccolta potrebbe essere considerata come un invito all’ascoltatore ad approfondire altri mondi musicali ai quali magari non sono avvezzi?
Amo fare esattamente questo, muovermi su territori musicali più diversi. Mi piace la tua considerazione sulla componente educativa di una compilation, effettivamente una selezione musicale allarga gli orizzonti di chi ascolta, ma deve anche intrattenere, coinvolgere con la sua andatura.
Il discorso vale anche per il lavoro come dj, bisogna trovare il giusto equilibrio tra selezione audace e coinvolgimento del pubblico, vero?
Sì, è così, ma ogni dj ha il suo stile e il suo modo di intendere un set. A me piace proporre cose diverse in una stessa esibizione, accostamenti musicali insoliti, che potrebbero risultare anche spiazzanti, il che non mi renderà il disk jockey più popolare al mondo, ma sicuramente la mia proposta è sempre diversa e imprevedibile.
La varietà stilistica è una delle componenti più affascinanti anche di UNKLE Sounds. E’ una realtà musicale che rimane aliena rispetto al suo tempo, rispecchia le intenzioni di una comunità creativa che da sempre non si cura degli steccati musicali. Sei d’accordo?
Ci sono così tanti modi per esprimersi. Attraverso la musica cerco di far emergere ciò che è dentro al mio cuore e alla mia testa. Provengo da una cultura musicale dove mettere assieme suoni diversi è la normalità. Con UNKLE Sounds la visione è piuttosto cinematica, magari sfuggente ma comunque coerente a quelle intuizioni che hanno posto le basi del progetto. Ho avuto l’onore di collaborare con così tanti artisti validi per portare avanti le mie idee. Oggi rimane un qualcosa più legato a me stesso e alle esperienze che continuo a fare, ma mi piace pensare che rimanga un progetto unico, difficilmente definibile ma comunque riconducibile alla sua lunga storia.
Gli anni ’90 sono stati in musica il momento in cui la contaminazione tra generi ha iniziato ad interessare una platea sempre più ampia di artisti. La tua gloriosa etichetta, che si chiamava Mo’Wax, ha incarnato al meglio questa attitudine. Che aria si respirava a quei tempi?
Grazie, non è facile raccontare quei tempi, oggi posso dirti che era davvero qualcosa di eccitante, un tempo speciale. Io ero molto giovane e tutto sembrava facile o comunque possibile, al netto delle grandi responsabilità che avevo. Attorno a me si erano riuniti musicisti pazzi e coraggiosi, con i quali si condivideva la stessa visione. Vivevo alla giornata, non riflettevo a quello che stavamo facendo, quando ci sei dentro non riesci a definire bene quello che sta accadendo, accade e basta.
Mi sembra incredibile, inoltre, che tu abbia fondato l’etichetta a soli diciotto anni. Una volta lessi in merito che ti sentivi fortunato a essere sopravvissuto a quegli anni turbolenti.
Sì, è stata effettivamente una cosa incredibile, rimane per me un momento indelebile nel tempo. Credevo potesse durare per sempre, sai, invece poi, a un certo punto, l’esperienza si è conclusa e io ho fatto altre cose, sono cresciuto e ora eccomi qua. Uscirà presto un documentario che racconterà questa storia, sarà un modo per far vivere a chi non c’era quei giorni speciali.
Chi è James Lavelle oggi?
Fammici pensare un attimo, è una buona domanda, non mi pongo quesiti del genere tutti i giorni. Sono nell’ambiente musicale da almeno 25 anni, la vita può essere bellissima ma ti pone anche delle sfide, ho una figlia adolescente da crescere, per esempio. Posso dirti che cerco sempre di essere creativo e di stare in pace con me stesso. Vengo da un periodo molto produttivo, a breve uscirà il mio nuovo disco, ho rimesso in moto la macchina degli UNKLE, ho organizzato una mostra artistica dedicata a Stanley Kubrick, quindi sono molto contento.
Nella tua carriera hai realizzato moltissimi remix e versioni alternative di brani di altri musicisti. Ce n’è qualcuno che ti sarebbe piaciuto fare ma magari non ne hai avuto la possibilità?
A dire il vero no, ho sempre fatto i remix o i re-edit dei pezzi su cui volevo lavorare, non so se chiamarla fortuna o solo testardaggine.
E riguardo ai brani del passato per i quali i diritti sono difficilmente reperibili?
In questo caso posso darti un nome: Marvin Gaye. Volevo inserire un suo pezzo proprio nella mia ultima raccolta, ma non me l’hanno fatto fare.
Com’è cambiato il mondo del djing dai tempi del tuo debutto?
Tutto è cambiato, soprattutto con le nuove tecnologie e con l’avvento dei superstar deejays, ma è anche vero che cambia di continuo, basta vedere un qualunque documentario sulla old school per rendersi conto che la stessa concezione di intrattenimento è cambiata rispetto a quella degli anni settanta od ottanta. Tuttavia, lo spirito originario di quel mondo è tenuto vivo da alcuni grandi artisti come Carl Cox. Ho assistito ad un suo set recentemente e mi sono ricordato perché amo questo mondo.
Quanti dischi hai in casa? L’ultima volta che hai fornito un’indicazione a un giornalista mi sembra tu abbia parlato di 20.000.
Credo che ad oggi siano 30.000 pezzi, disco più, disco meno.
Ce ne consigli uno per quando si fa sera e si ha il bisogno di rilassarsi?
“What’s Going On” di Marvin Gaye è il più grande album di tutti i tempi per rilassarsi.
Invece, quali sono gli ultimi dischi che hai acquistato?
“Endless” e “Blond” di Frank Ocean.
Cosa ne pensi di questi due lavori?
Mi piacciono, hanno un suono fresco.
Un’ultima domanda, c’è un luogo che esercita su di te un grande fascino e che ti ispira anche solo a pensarci? Una sorta di casa dell’anima.
Napoli! Si torna a quello che ti ho detto a inizio intervista, per me è davvero una casa dell’anima.
English Version:
James Lavelle is one of those artists for which we can use the definition contemporary genius. For more than 25 years on the music scene shuffling cards, in its own way, as a producer and as a dj, blurring the borders between genres. In the ’90s, with his label called Mo’Wax, he released the first records of artists such as DJ Shadow and DJ Krush and until today he is the deus ex machina behind UNKLE, the seminal collective that carries out a totally schizophrenic musical vision, alien to its own time and pushing certain underground sounds – electronic mixed with rock and hip-hop – to a wider public. Here you can read his direct and sincere words.
You have recently published the compilation “James Lavelle presents UNKLE Sounds – #GU41 Naples”. I would like to start from this release and about your feelings, what represents Naples to you?
I love Naples, I go there whenever I can, for playing and simply to spend some free time, I have good friends there, like Domenico Gg Canu of Planet Funk that often invites me for a stay. I find it a unique city, with vibrations that are out of the ordinary, with beautiful people and, of course, with great food. The compilation is a way to homage the city and at the same time to propose new music.
Without distressing Nick Hornby, there are so many criteria to do a track list, so I would like to know yours.
The whole thing happens very naturally, it is a collection of two discs with several unpublished remixes and re-edits, signed by UNKLE Sounds, along with songs from other musicians that I admire and that I felt to take in. However, it sounds also like a performance. I cannot tell you exactly which was the criteria I used, but certainly it was an instinctive approach, such as when a in a dj set you choose the pieces that reflects the state of mind of a moment. Moreover, in the specific case of a compilation, this must necessarily also play well as a whole, and not only reflect the tastes of the maker.
The sounds you have chosen are very different, as well as representing your eclecticism, the collection could be an invitation to the listener to explore other musical worlds, I mean through it.
I love to do exactly that, moving on different musical grounds. I like your point of view about the educational factor of a compilation, actually a music selection extends the horizons of the listener, but also must entertain, engage with its path.
It is similar to the work of a dj, you have to find the right balance between a bold selection and the involvement of the public, right?
Yes, but every dj has his own style and his own view about the set. I like to bring different sounds in the same exhibition, unusual musical combinations, which may be unsettling, which does not make me the most popular disk jockey in the world, but certainly my set is always different and unpredictable.
The stylistic variety is one of the most fascinating components also of UNKLE Sounds. It reflects the intension of a collective that remains alien compared to its time, a musical path that does not care about musical barriers. Do you agree?
There are so many ways to express themselves. Through the music, I try to carry out what is inside my heart and my head. I come from a musical culture where putting together different sounds is the norm. With UNKLE Sounds, the vision is quite cinematic, maybe elusive but still coherent with those insights that we had when we started the project. I had the honor to work with so many artists to carry out my ideas, today it remains something more connected to myself and to the experiences that I live, but I like to think that it remains an outstanding project, still difficult to define but respectful of its history.
In the 90s, the contamination between musical genres began to interest a wide audience of artists. Your glorious label, called Mo’Wax, embodied the best of this attitude. Would you tell us something about those times?
Thank you, it is not easy to tell you those times, nowadays I can say that was something really exciting, a special time. I was very young and everything seemed easy or possible, however, I had many responsibilities. Around me, there were crazy and bold musicians, with whom I shared my vision. I lived day by day, not reflected in what we were doing, when you are in it you cannot define well what is happening, it just happens.
It also seems incredible that you founded the label when you was eighteen years old. Once I read that you feel lucky to have survived those turbulent years.
Yes, it was really an amazing thing, it remains an indelible moment in time. I thought it could last forever, you know, rather then, at some point, the experience was over and thus I have done other stuffs, I grew up and now here I am. Soon will be out a documentary that tells the whole story, it will be a way to represent those special days to people that did not live that time.
Who is James Lavelle today?
Let me think about it a moment, it is a good question, I’m not thinking on this every day. I am in the music business at least since 25 years, life can be beautiful, it is challenging, I have a teenage daughter, for example. I can tell you that I always try to be creative in peace. I come from a very productive period, soon my new album will be released, I restarted the UNKLE machine, I organized an art exhibition dedicated to Stanley Kubrick, so I am very happy.
In your career, you have remixed a lot. Is there a production that you would like to rework but you do not had the chance yet?
Actually no, I have always done the remix or the re-edit that I had in mind. Maybe I can call it luck or just stubbornness.
In addition, what about the songs from the past for which the rights are hard to gather?
Ok, I can give you a name: Marvin Gaye. I wanted to insert one of his songs in my last compilation but they say no.
How much has changed the world of djing since the time of your debut?
Everything has changed, especially with new technologies and by the advent of superstar deejays, but it constantly changes, you have just to see a documentary about the old school to realize that even the concept of entertainment has changed from that one of the seventies or the eighties. However, the original spirit of that world is kept alive by some great artists like Carl Cox. I recently enjoyed one of his set and I reminded why I love this world.
How many records you have at home? The last time you gave an indication to a journalist, you talked about 20.000.
I think they are 30.000 pieces now, more or less.
Can you suggest us a good record when its evening and we would just like to relax?
“What’s Going On” by Marvin Gaye, to relax is the greatest albums of all time.
Instead, which are the last albums you bought?
“Endless” and “Blond” by Frank Ocean.
What do you think about these two albums?
I like them, they have a fresh sound.
One last question, is there a place that exerts to you such a fascination that inspires you even just thinking about it? A kind of home for the soul.
Naples! It comes back to what I told you at the beginning of the interview, for me it is really a home for the soul.