Si completa il trittico invernale torinese: dopo Movement e Club To Club, e su come sono andate le cose ne abbiamo parlato diffusamente qui (con vostro grande interesse, dobbiamo dire), abbiamo quello che per certi versi è il “parente povero”: Jazz:Re:Found. Ma è “povero” davvero? Lo è guardando alle dimensioni, ma d’altro canto ha contro quelli che ormai sono i due più grandi festival indoor nazionali: non puoi che perdere, insomma. Lo è guardando alla potenza di fuoco finanziaria: e anche questo va a merito degli altri due, che hanno saputo strutturarsi nel tempo, crescendo anno dopo anno. Ma Jazz:Re:Found ha tanti motivi per essere amato – e non è un caso se lo seguiamo con attenzione quasi fin dagli inizi, quando ancora era posizionato a Vercelli, in provincia, prima che muovesse verso la metropoli, verso la Grande Città.
Questo perché Jazz:Re:Found porta ancora nel suo DNA il fatto di essere nato per puro entusiasmo, un entusiasmo poco ragionato e poco calcolato, un atto d’amore più ancora che un disegno imprenditoriale. Questo non significa sia un festival allo sbaraglio: negli anni si è strutturato senz’altro bene, lavora piuttosto efficacemente nell’ottenere finanziamenti da istituzioni pubbliche, private e da sponsor (condizione necessaria per fare un festival, soprattutto se non punta solo al cassetto con nomi in line up che siano “usato sicuro”), fa molta attenzione anche alle varie esigenze di produzione (palchi, impianti, accoglienza del pubblico, accoglienza degli artisti), insomma, è un festival da Serie A per mille motivi e a pieno titolo.
Ma il suo “entusiasmo poco ragionato” si vede ancora oggi nella sua identità. Una identità unica, rara. Una identità che non si fa problemi a mettere in line up nomi poco alla moda, che sa porre l’accento su realtà che per anni sono state semi-ignorate dai festival “avanzati” italiani (perché la black music è sempre stata un “figlio minore”, in Italia; poi ogni tanto ci sono gli exploit alla Kamasi, e ben venga). Una identità forte, riconoscibile. Che lo rende amato, amatissimo da chi lo frequenta. Jazz:Re:Found è un festival che, come dire?, non se la tira. Questo gli permette di esprimere sincerità in ogni sua scelta, ed è effettivamente così. Gli permette anche di fare dei recuperi che altri magari non farebbero.
Guardate la line up: se Motor City Drum Ensemble è un classico ormai dei festival “avanzati” (ma di solito è decisamente un bel sentire), e se lo sono magari nomi emergenti come Peggy Gou o Bradley Zero (non male) o certezze come Tama Sumo (sempre bravissima), non si può dire lo stesso per l’accoppiata Goldie e Roni Size. Per molti sono fuori moda; per noi è un sogno vederli assieme, nella stessa sera, e chi se ne frega se a dire questo facciamo la figura dei passatisti. Questi sono signori che hanno cambiato la storia della musica (uno) e che ancora oggi possono farti passare una serata strepitosa (due, col plus che Roni Size sta anche portando in giro il ventennale di “New Forms”, un capolavoro epocale). Ma bellissimo anche il ripescaggio di James Senese & Napoli Centrale (gente che, unendosi con Pino Daniele, ha inventato il funk napoletano). O la presenza di vecchi amici del festival, i Casino Royale, anche loro alle prese con un ventennale, quello del fondamentale “CRX” (ci torneremo sopra tra qualche giorno).
Ma Jazz:Re:Found non è un festival nostalgico. No. Guarda anche all’iper-presente. Offrendoti visuali che altri in Italia non ti danno. Ti dà il miglior jazz contaminato contemporaneo (Cory Henry, Moses Boyd), l’elettronica o hip hop jazzy più creativi (Jameszoo, Chassol, Lefto), ti dà una strepitosa visuale sul meglio che succede nella scena italiana dal punto di vista dei live di classe / danzerecci (LNDFK, Capibara, Capofortuna, Indian Wells), ha una batteria di dj nostrani di altissimissimo livello (Raffaele Costantino, Abastract, Ksoul Muteoscillatore, passEnger, DNN, Dj Fede, Alessandro Gambo… e l’elenco è lungo).
Insomma, dal 29 novembre al 3 dicembre, se amate la musica di qualità e le vibrazioni buone, sincere, Jazz:Re:Found e Torino devono essere assolutamente la vostra meta. Se siete già stati al festival, lo sapete che si respira un clima particolare: zero hipster, zero eccessi, totale presabbene, la consapevolezza che si è fra persone che hanno una visione musicale simile, per nulla influenzate dalle mode e da inutili orpelli ma felicemente pane-e-salame-e-musica-black-a-360°. Dalla techno al gospel, passando per house, hip hop, drum’n’bass, soul, jazz, sperimentazioni varie. Se chiedete a noi: un piccolo paradiso.
E se chiedete a noi, vi abbiamo preparato una sorpresa: un tocco di #ExtraContent, grazie alla collaborazione con Molinari. Tenete d’occhio il programma (e noi vi faremo da reminder): faremo una lecture aperta al pubblico con Sua Maestà Goldie (inutile aggiungere altro, no?) e con Alioscia BB Dai (con cui parlare a lungo di decenni di carriera, di Milano, di Italia, di stili e generi, di mode e non mode – Alioscia è una delle persone più interessanti ed acute in assoluto con cui discorrere).
Line up, luoghi, orari: partite da qui.