Tra le esperienze più singolari vissute al Sònar 2015 vi è senza dubbio il progetto audio-visivo “Nuntius” a firma Jimi Tenor & Jori Hulkkonen. I due finlandesi hanno girato un mediometraggio d’avanguardia muto sul quale improvvisare strumentali che rimandano di volta in volta all’elettronica, al jazz, al funk, in una centrifuga surreale perfetta per un film che strizza l’occhio al futurismo quanto a Wim Wenders e David Lynch passando per pellicole storiche del cinema quali “Un Chien Andalou” (Luis Buñuel), “Nosferatu” (Friedrich Wilhelm Murnau), “Solaris” (Andrej Tarkovskij) e “Metropolis” (Fritz Lang). Il tutto potrebbe sembrare spocchioso o manieristico eppure i due autori riescono a rendere l’esperienza allo stesso tempo ironica e toccante. Li abbiamo incontrati di persona per approfondire il discorso.
Guardando il vostro spettacolo mi sono chiesto se fossero le immagini ad influenzare la musica oppure il contrario. Entrambe le componenti forniscono suggestioni importanti alla fruizione del progetto.
La musica è sopratutto improvvisazione quindi viene influenzata dalla pellicola, ma dall’altro lato possiamo dirti che mentre giravamo il film avevamo già una idea generale sul suono che lo avrebbe accompagnato. Tra di noi c’è molta sintonia perché siamo amici di lunga data e collaboriamo da molto tempo, perciò questo progetto è nato e si è sviluppato molto naturalmente, come riflesso delle nostre attitudini.
E’ stato interessante vedere la reazione della platea perché alcune immagini e taluni suoni hanno suscitato emozioni differenti, probabilmente la stessa interpretazione dello spettacolo è diversa a seconda della propria sensibilità. Voi da cosa siete partiti?
JT: Le riprese stesse sono frutto di improvvisazione registica, le prime immagini che avevamo in mente e che abbiamo ripreso riguardano la vegetazione e l’uomo che la attraversa. Il tutto ha un’aria molto finlandese! Tra le altre cose amiamo i film di Akira Kurosawa e volevamo avere una vegetazione viva come quella delle sue pellicole.
JH: Diciamo che dietro a tutto questo c’è un’idea, più che un concept. Sapevamo cosa poter fare come musicisti e fin dove poterci spingere come registi, quindi abbiamo cercato di programmare il meno possibile e di lasciarci andare facendo fluire le nostre sensazioni.
Quindi l’intento era proprio quello di suggerire al pubblico dei temi senza però fornire una chiave di lettura univoca, giusto?
Esatto, c’è molto spazio alla libera interpretazione da parte del pubblico.
La combinazione tra immagine e musica funzionale non solo alla trama ma soprattutto a suggerire sensazioni e stati d’animo differenti è un po’ la poetica di David Lynch, resa perfettamente nella sua ultima pellicola “Inland Empire”. Puntavate a qualcosa del genere?
JT: Credo che il nostro film sia fatto in modo similare a Inland Empire, solo realizzato con meno mezzi e in modo del tutto istintivo.
JH: Ci siamo concentrati più sulle sensazioni che sulla storia, che per quanto ci riguarda non è così importante. E’ lo stesso concetto che lega la melodia alla musica, non è necessario avere una melodia per realizzare una bel brano così come non è necessaria una storia solida per realizzare un buon film.
Un aspetto che ho apprezzato particolarmente è il fatto che, pur essendo un progetto d’avanguardia, il risultato finale è accessibile ad una platea ampia, è un esperimento anche “pop” se vogliamo, pieno di riferimenti alla fantascienza classica. Poi c’è anche molta ironia, non è assolutamente un progetto spocchioso.
JT: E’ un zero budget film, ci siamo divertiti a rubare elementi filmici dalle pellicole che ci piacciono e nella realizzazione di alcune scene ci siamo abbandonati alla fantasia. I riferimenti alla fantascienza classica sono molti e ci piace pensare di aver realizzato qualcosa che parli a molti e non solo a chi ama i film concettuali.
JH: Ci siamo lasciati andare, sia visivamente che musicalmente, non volevamo assolutamente fare qualcosa di accademico. Abbiamo girato la maggior parte delle scene durante un road trip che abbiamo fatto nell’est della Finlandia, abbiamo molte ore di girato e la cosa singolare è che questa versione che abbiamo presentato al Sonar è stata la prima con questo taglio cinematografico.
Quindi ogni spettacolo sarà diverso oltre che dal punto di vista sonoro anche da quello visuale?
Si, l’idea è che ogni volta ci saranno dettagli diversi, scene diverse, anche la storia potrebbe cambiare e naturalmente la musica che lo accompagna si adatterà ad essa.
Il protagonista della pellicola “Mr. Normal” è praticamente perfetto per la sua parte, dove lo avete trovato?
JT: Lui è davvero Mr. Normal, lo diventa ogni sera e se ne va in giro a svolgere la sua missione (ride).
JH: Lo conosco da almeno dieci anni, l’ho incontrato la prima volta durante un concerto di John Foxx e tempo dopo gli ho chiesto di essere l’attore di un video del 2010 per il progetto Processory che condivido con Jerry Valuri. Una curiosità è che quel video contiene già qualche elemento che verrà ripreso in Nuntius.
Credo che una delle cose più belle di questo progetto è che suggerisce al pubblico nuovi mondi – non solo musicali – che sono attigui a quello proposto. Penso ai rimandi musicali a generi diversi dall’elettronica oppure ai film di Buñuel, Murnau, Tarkovskij e Lang. Sta all’ascoltatore curioso unire i puntini.
Noi stessi siamo due persone molte curiose e nel tempo ci siamo dedicati a progetti anche molto diversi, quindi credo sia naturale quello che hai colto ovvero la citazione di nostre esperienze del passato oppure semplicemente di quello che ci piace a livello musicale e cinematografico. Credo che faccia parte dell’improvvisazione, dove è necessario fare quello che si sa fare meglio.
Questa funzione di scoperta credete sia necessaria oppure sto rendendo il discorso troppo serio? D’altronde la musica ed il cinema hanno a che fare prima di tutto con l’urgenza espressiva, forse è solo una elucubrazione giornalistica il fatto che l’arte abbia a che fare con scopi “alti”. Magari è semplicemente una questione di felicità nel produrla.
Quando si realizza qualcosa, che sia in musica oppure nel cinema è inevitabile pensare al tuo pubblico, anche se poi tutto passa attraverso la propria soddisfazione personale. Se una cosa non accontenta te stesso difficilmente potrà funzionare per gli altri.
Non è la prima volta che collaborate insieme, quando entrare in studio per improvvisare avete in mente un tema prestabilito oppure qualcosa che può farvi convergere verso una soluzione comune?
No, quando si è giovani si cerca di dare al proprio suono un carattere particolare, che può essere quello dei tuoi miti musicali oppure qualcosa di diverso, ma con il tempo conta più di tutto essere fedeli alla tua personale vena artistica, quindi l’improvvisazione parte sempre da noi stessi.
Cosa vi piace ascoltare quando siete a casa e volete rilassarvi?
JT: Io sono una specie di hippy e se voglio rilassarmi ascolto hippy jazz o robe similari, ma il resto della mia famiglia odia queste sonorità quindi devo chiudere la porta e ascoltare di nascosto.
JH: Io ascolto una compilation infallibile che si chiama “I’m The Center”, si tratta di musica new age americana, davvero incredibile.
E sulle più recenti produzioni di musica elettronica cosa potete dirmi? Seguite con interesse la scena oppure no.
JT: Lascerei la parola a Jori che credo sia più dentro queste dinamiche.
JH: Io seguo la scena e mi interessa molto, anche perché come dj devo essere sempre aggiornato. Questo naturalmente richiede molto tempo perché ogni giorno escono nuove produzioni e quindi non è semplice districarsi. Ma sono affascinato da tutto quello che può essere considerato nuovo in musica. Non mi piacciono le nostalgie, ho rispetto per il passato ma non mi piacciono le proposte che tendono unicamente a riprodurre stilemi obsoleti.
Progetti per il prossimo futuro?
Portare Nuntius in giro per il mondo.
English Version:
Among the most unique experiences lived at Sónar 2015 is undoubtedly the audio-visual project “Nuntius” by Jimi Tenor & Jori Hulkkonen. The two Finns have made a silent avant-garde film on which improvise from time to time electronic, jazz and funk instrumentals such as a surreal centrifuge for a movie that winks to futurism as well as to Wim Wenders and David Lynch, passing through historical pieces such as “Un Chien Andalou” (Luis Buñuel), “Nosferatu” (Friedrich Wilhelm Murnau), “Solaris” (Andrei Tarkovsky) and “Metropolis” (Fritz Lang). The project may sound snooty or mannerist but the two authors did it great, without forgetting irony and emotional passages. We met them to deepen the discussion.
While watching your show I wondered if were the images to influence the music or the opposite. Both components provide relevant suggestions to the fruition of the project.
The music is mostly improvised and therefore influenced by the film, but on the other hand we can tell you that when we were shooting the film we had a general idea about the sound counterpart. There is much harmony between us because we are longtime friends and have been even collaborating for a long time, so this project came out very naturally, as a reflection of our own attitudes.
It was interesting to see the reaction of the audience because some images and sounds induced different emotions, probably the interpretation of the show is different depending on each sensibility. From which element do you started from?
JT: The shots themselves are the result of a directing improvisation, the first image we had in mind was the vegetation element and the man that goes through it. The whole thing looks very Finnish! Among other things we love the movies of Akira Kurosawa and we initially wanted to have a live vegetation like that of his films.
JH: Behind it all there is an idea, more than a concept. We knew what we can do as musicians and how far we can push as directors, so we tried not to schedule much and let our feelings flow.
Thus the focus was to suggest something to the public more than provide a unique interpretation key, is it right?
That’s right, the interpretation is quite open and let to the public.
The combination video and music that serves more to suggest different feelings and moods than for the plot is something like the vision of David Lynch, made perfectly in his last film “Inland Empire”. You wanted to create such a thing?
JT: I think our film is made in a similar way to Inland Empire, but with fewer money and in a totally instinctive mood.
JH: We focused more on feelings than on the plot, which for us is not so important. It’s the same concept that links melody to music, you don’t need to have a melody to create a good song as you don’t require a solid story to make a great movie.
An aspect that I like particularly is the fact that, despite being an experimental project, it results accessible to a wide audience, it’s also like a “pop” film if you will, full of references to the classic science fiction. Then there is also a lot of irony, is definitely not a snooty project.
JT: It’s a zero budget film, we have stolen elements from films that we like and in the realization of some scenes we abandoned us selves to imagination. The references to the classic science fiction are a lot and speaking to a larger audience is always better that referring only to whose like conceptual films.
JH: We let ourselves go both visually and musically, we didn’t want to realize something academic. We shot most of the scenes during a road trip we did in eastern Finland, we have many hours of footage, and the version that we presented at Sonar was the first with this cut.
Therefore each show will be different both from the point of view of sound and vision?
Yes, the idea is that every time there will be different details and scenes, also the story could change a bit and of course the music that will adapt to it.
The main character of the film “Mr. Normal” is quite perfect for the part, where did you find him?
JT: He’s really Mr. Normal, in the evening he goes around to carry out his mission (laughs).
JH: I know him at least for ten years, the first time I met him during a concert of John Foxx and then I asked him to act for a video in 2010 by the project Processory that I share together with Jerry Valuri. That video already contains some elements that could be referred to Nuntius.
The thing that I like the most about this project is that it suggests other worlds to the public – not just in music – that are close to the main topic proposed. I’m thinking about the different genres that you play live and the reference to the films by Buñuel, Murnau, Lang and Tarkovsky. The curious listener has only to connect the dots.
We are both curious persons and over time we have experimented on different fields, so I think that’s normal to carry around our influences and give different suggestions to the public. That’s part of the improvisation, to just do what we can do.
Do you think that this aspect linked to the discovery of new related worlds it’s a fundamental part of the fruition or I’m just making the speech too serious? To produce music or a movie is first of all related to an expressive urgency, maybe it’s just a journalistic rumination the fact that art has to do with a “high” purpose. Maybe it’s simply a matter of happiness in producing it.
When you’re producing something, in music or for cinema it’s inevitable to think about your audience, even if everything goes through your own personal satisfaction. If something don’t satisfy yourself it won’t never enjoy other people.
It’s not the first time that you collaborate together. When you enter the studio to improvise you have in mind a given theme or something to converge to for a common solution?
No, when you are young you try to give to your sound a particular character, that may be that of your musical myths or something else, but then to matters the most is to be close to your personal style. Improvisation always starts from ourselves.
What do you like to listen to when you are at home and want just to relax?
JT: I’m such an hippy and when I want to relax I listen to hippy jazz or something, but the rest of my family hates these sounds so I have to close the door and do it secretly.
JH: I listen to an unfailing record called “I’m The Center”, a compilation of American new age songs, very amazing.
And what about recent electronic productions, do you follow the scene or not?
JT: Jori can surely answer the question.
JH: Yes, I follow the scene because I’m also a DJ and I have to be up to date. It’s something that keeps you busy because every day you can listen to new productions and it’s not easy to disentangle. But I’m fascinated by all that can be considered new in music. I don’t like nostalgia, I have respect for the past but I don’t like producers that only reproduce old sounds.
Plans for the near future?
To show Nuntius all around the world.