Nonostante sulle nostre pagine dedichiamo sempre tanto spazio ad artisti italiani, spesso per raggiungerli e parlare con loro dobbiamo spostarci all’estero, dove risiedono per tanti motivi. Come nel caso di John Swing, italiano di nascita e inglese di adozione che divide la propria vita tra Londra e Berlino, dove si sposta per raggiungere il fratello maggiore EMG con cui gestisce le proprie label. Le serie di vinili e i progetti di John sono stati molto “fortunati” negli ultimi anni e trovare una definizione esaustiva della musica che lo contraddistingue è praticamente impossibile. Influenzato dalla città di adozione e contaminato da più generi diversi tra loro, ha dato vita al suo primo album intitolato “Assorted Moods” che uscirà il prossimo 5 Dicembre. Oltre a questa grande novità, le curiosità venute fuori sono tante come ad esempio la collaborazione con Mr. G, i primi approcci all’analogico e il rapporto con l’Italia. E tirando le somme di tutto, purché se ne dica, John Swing è il classico esempio, che il nostro paese rimane comunque una fucina di talenti, che speriamo poter rivedere presto.
Quando ti sei trasferito a Londra? E’ stato un trasferimento per motivi legati alla musica o per altre ragioni?
Mi sono trasferito a Londra nel 2009 per motivi prettamente legati alla musica. Ho iniziato a produrre a tempo pieno e a vendere i dischi. Posso dire che la mia vera identità musicale si è formata proprio qui.
E l’Italia ti manca un po? Molti artisti credono che attualmente vivere di musica qui sia impossibile, e in parte è vero. Ma tu hai pensato di tornare in futuro e che magari un giorno le cose possano cambiare per l’intera scena?
L’Italia mi manca certamente per molti aspetti, ma per quello che mi riguarda a livello musicale non è ancora abbastanza stimolante per ritornare a viverci, specialmente per vivere di musica. Al mio stato attuale devo ancora crescere molto artisticamente e quindi ho bisogno di stare in una realtà artistica ricca e in fermento, ma questo non vuol dire che non ho intenzione di ritornare in Italia in futuro. Anzi, a dir la verità ci spero sempre ma al momento non la vedo come base fissa. Riguardo al cambiamento della scena sono sicuramente molto motivato e positivo, credo che siamo in una fase di transizione in cui le nuove generazioni hanno molto da esprimere ma devono ancora trovare il loro spazio nella scena. Quello che manca in Italia sono gli incentivi per i giovani che hanno nuove idee da proporre ma la burocrazia la conosciamo bene, e purtroppo è ancora ancorata al vecchio modello che rende tutto molto difficile. La musica elettronica non è ancora considerata come una vera forma d’arte rispettata come in gran parte degli altri paesi, e come movimento culturale vero e proprio. Credo che non venga data la giusta importanza e considerazione alla subcultura, cosa che in Inghilterra e in Germania per esempio, è parte integrante dell’evoluzione culturale del paese. Ma un cambiamento c’è, e questo è importante, si sente una necessità di qualcosa che ancora manca e questo è quello su cui ripongo la mia fiducia affinché le cose cambino, anche perché il nostro paese ha un sacco di talenti che non riescono ad emergere come dovrebbero a causa di questi limiti.
Come hai iniziato a fare musica e come ti sei avvicinato alle macchine da studio? Sei partito con il digitale e sei tornato indietro o hai iniziato subito con un set up analogico?
Ho cominciato a fare i mie primi beat su Reason grazie ad un mio amico che ci lavorava già da tempo, che mi ha passato il programma. Da lì ho incominciato a divertirmi. Dopo qualche anno ho iniziato ad usare Cubase e l’approccio incominciava ad essere più articolato, ma sentivo che mancava davvero molto in termini di sound rispetto alla musica a cui mi ispiravo e non riuscivo a capire il perché. Chiaramente la mia esperienza era poca e sapevo che dovevo imparare ancora molto per raggiungere un determinato livello. Col tempo mi sono reso conto che tutti quei dischi a cui mi ispiravo erano stati registrati in un determinato periodo e con determinata strumentazione. Quindi c’era bisogno di un set up semi professionale che era prettamente formato da strumentazione analogica. Da li in poi ho dovuto ripartire da zero e imparare a fare musica come veniva fatta negli anni 80-90, gli anni della musica da club a cui mi aspiravo.
Ancora oggi il ruolo dj, e proprietario di un’etichetta non è visto da tutti come un lavoro vero e proprio. Tu e tuo fratello siete ancora giovani e avete iniziato già da un po di anni. Per quanto ti riguarda tu come hai presto la scelta di intraprendere questa carriera e come hanno reagito i tuoi genitori? Voglio dire, da semplice passione a lavoro vero e proprio c’è differenza.
Per quanto mi riguarda sono sempre stato molto appassionato di musica, tanto quanto mio fratello, tant’è che la sua influenza è stata sicuramente forte nel motivarmi a produrre. Credo che questa sia tutto nel momento in cui vuoi far diventare la tua passione un lavoro. Se non c’è abbastanza motivazione e determinazione la passione rimane solo passione e non riesci a portarla in profondità, quindi rischia di rimanere un passatempo. Cosa che non fa per me. Quando inizi a fare musica, vuoi solo vivere di musica, quindi ogni sacrificio ha un peso diverso quando sai qual è il tuo obiettivo.
Il 5 Dicembre uscirà il tuo album “Assorted Moods” che conterrà 10 tracce. Da cosa è stato scaturito il bisogno di fare un album? Tu abiti a Londra, è stato fatto tutto li? Come ci hai lavorato?
Questo album rappresenta un po’ tutte le influenze che ho assorbito vivendo a Londra in questi anni, dove i generi musicali sono davvero tanti, dove la musica da club ha mille sfaccettature diverse. Le tracce sono state prodotte tutte qui, nel mio studio in casa. La strumentazione usata è prettamente analogica ed è composta da campionatori, drum machine, synth ed effetti vari. Tutto mixato su un banco e registrato live su cassette di vario tipo.
Com’è nata la collaborazione con Mr. G? Tu e tuo fratello Emanuele anche lui produttore sotto il nome EMG avete lavorato con lui più volte
Ci siamo conosciuti in un negozio di dischi a Londra (Black Market) ormai chiuso da qualche anno purtroppo. Gli abbiamo lasciato una copia del primo LiveJam (Spontaneous Music From Natural Feelings) e da quel giorno siamo rimasti in contatto. Mr G è uno degli artisti e produttori che rispetto di più per come ha gestito la sua carriera oltre alla musica che produce fin dai tempi in cui era nel progetto “The Advent”. Possiamo dire che se non avessimo ascoltato i suoi dischi, le nostre etichette non avrebbero il tocco che hanno. Grande ispiratore.
Perché avete scelto di avere così tanti alias? In cosa si distinguono principalmente?
Domanda che ogni tanto ci facciamo anche noi ora. La motivazione principale è per confondere e far parlare esclusivamente la musica, un modo puro per vedere l’impatto reale della musica. Questo per quanto riguarda i miei alias come solista; per i progetti di gruppo è un modo per distinguere i vari stili e dare un’identità diversa ad ogni collaborazione.
Avete anche più piattaforme su cui stampate i dischi. Quali sono e perché questa scelta? Sono curioso di chiederti anche come sono stati gli esordi di queste piattaforme.
Livejam Records è la prima etichetta aperta nel 2009 da mio fratello, quella che ha iniziato tutto. Pochi mesi dopo l’inaspettata vendita dei primi 2 Livejam abbiamo deciso di iniziare Relative, dove volevamo focalizzare principalmente la nostra musica con il progetto Vinalog e come solisti. Dopo un anno abbiamo deciso di iniziare altre 2 etichette più indirizzate verso i nostri stili più personali e sperimentali: io con Warm Sound e mio fratello con Experiential Learning. Anch’esse hanno avuto un riscontro molto positivo e questo non ha fatto che fomentare la nostra voglia e passione di stampare dischi.
E per quanto riguarda il progetto Appointment? Gli Appointment sono anche una delle serie di vinili più ricercate degli ultimi anni, in molti si chiedono se questo progetto tornerà.
Gli Appointment sono dischi fatti su “appuntamento”. Essendo questo un progetto formato da 4 persone ( io, EMG, Lucretio e Marieu aka The Analogue Cops) ed essendo io l’unico a non vivere a Berlino, dovevamo prenotarci le sessioni di studio che sono state fatte praticamente tutte nella base operativa dei Cops. Sicuramente tornerà presto.
C’e molta aria di mistero intorno a voi perché al primo posto c’è la musica e non voi stessi, eppure attorno ai vostri progetti c’è molto appeal. Sei d’accordo? Oltre a fare buona musica cosa credi sia importante per riuscire a farsi notare oggi?
Ad oggi non saprei cosa rispondere. L’unica cosa che mi viene da dire è fare qualcosa di diverso, distinguersi in qualche modo.
Ho letto in un intervista che tuo fratello Emanuele veniva in Toscana a partecipare a un sacco di party techno e progressive e per questo ha molte influenze anni 90. Ascoltando i suoi dischi tutte queste influenze si sentono bene eppure le possiamo sentire anche nelle tue produzioni nonostante tu abbia vissuto altri tipi di party e in un altro periodo. Attualmente che cosa “contamina” nella produzione e che musica ascolti?
Qualsiasi genere musicale che abbia groove e un suono caldo e definito. Non mi piace definire un genere ma se devo farlo direi Disco Funk, Jazz e Roots Giamaicana.
Oltre all’album quali saranno i tuoi prossimi passi? Ti prenderai un periodo di riposo o ti metterai a lavorare su altro? So che chiederti questo è un po azzardato però dai, svelaci qualcosa in anteprima.
Nessun periodo di pausa, anzi le primissime uscite sono già in programma. Ora è appena uscito un Vinalog su Relative (Flashbacks), a invece Gennaio farò la mia prima apparizione come John Swing su Warm Sounds assieme a David Soleil-Mon. Poi un altro Vinalog (con influenze più techno progressive) e altre release ancora da definire. Ed infine stiamo lavorando sull’album di Vinalog.
[Photo Credits: Giorgia Tobiolo]