Per percorso eccellente, di questo si tratta. Perché quella di John Talabot, artista catalano considerato vera e propria icona del clubbing “made in Barcelona” come la sua presenza nei cartelloni di Primavera Sound (dove sarà chiamato a rispolverare tutto il suo repertorio disco) e Sónar Festival (che gli ha affidato le sei ore del SónarCar la notte del sabato), è una storia che parla una lingua riservata solo ai grandissimi dell’elettronica. Entrato in modo deciso all’interno della scena a suon di EP a partire dal 2009, con Permanent Vacation, Young Turks e la sua Hivern Discs a spartirsi i suoi primi lavori, è proprio sulla meravigliosa label bavarese che tre anni dopo esce il disco in grado di sancirne l’esplosione definitiva: “fIN”. La raccolta è un successo mondiale che catapulta John Talabot, all’epoca nascosto in ogni foto dietro un foglio di carta stagnola, al centro del mondo della notte, con club di mezzo pianeta che lo rincorrono per affidargli la loro consolle e le timeline di Facebook invase dai suoi dischi.
Clubber navigati e ballerini improvvisati del weekend ne decretano in quei mesi un’affermazione che conosce pochi paragoni: lo spagnolo piace a tutti, sia agli amanti del dancefloor “nudo e crudo” che al pubblico più hipster. È proprio questa la sua forza: John Talabot piace a tutti, nessuno escluso, per via di contenuti dall’identità solida e dalla (quasi) sovrannaturale capacità di interpretare il gusto tanto del pubblico elettronico, tanto di quello indie. Il segreto è la musica fatta molto bene, ma che comunque non ha la pretesa di riscrivere in alcun modo le consolidatissime regole di un ecosistema che ha le sue leggi e che sa premiare (sì, a volte succede) chi come John Talabot ha il merito di fare le cose in modo naturale, senza forzare nulla e rispettando i cicli che inevitabilmente caratterizzano le “ere musicali” – anche quando è chiamato a sfide importantissime come il recente progetto Talaboman al fianco dello svedese Axel Boman con cui ha pubblicato lo scorso anno l’album “The Night Land” sulla prestigiosissima R&S Records.
In attesa di vederlo all’opera nella meravigliosa cornice di Villa Solaia a Sesto Fiorentino per Lattexplus Festival, abbiamo deciso oggi di ripercorre un po’ la sua storia, andando a spulciare nella sua incredibile discografia in cerca di dischi tanto significativi quanto fuori dalle rotte degli ascolti più comuni. Vi è venuta voglia di andarvelo a ballare, non è vero?
John Talabot – Matilda’s Dream
“Matilda’s Dream” è, con ogni probabilità la traccia più sottovalutata di John Talabot. Impregnato di quelle atmosfere che poi Talabot riprenderà in “fIN”, si tratta di un lavoro trascinante e avvolgente. Quel synth un po’ acid, poi, ci sta benissimo.
Lost Scripts – I’ll Be Watching You
Questa volta la collaborazione con fido Pional, presenza fissa in “fIN” (e nel live dell’album), si traduce in uno nuovo alias. “I’ll Be Watching You” esce nel 2013, inserito nel primo EP della serie Young Turks 2013 insieme ad altri lavori a firma The xx, Sampha, Koreless, Short Stories e dello stesso Pional. Inutile dire che sia la nostra traccia preferita tra quelle delle tre release.
Jimmy Edgar – Sex Drive (John Talabot’s In Aguirre Rework)
Jimmy Edgar non è mai stato tanto elegante: un remix magistrale, senza “se” e senza “ma”.
John Talabot – When The Past Was Present
Nascosto da uno delle tracce più ingombranti della discografia di John Talabot, “Destiny”, “When The Past Was Present” è un lavoro di una bellezza delicata e travolgente. Semplice e diretto, è buona oggi così come tra vent’anni.
Talaboman – Loser’s Hymn
Accolto dalla critica come uno degli album più attesi dello scorso anno, “The Night Land” è un lavoro la cui dove malinconia e danza s’abbracciano con quella naturalezza che spetta solo a chi, certa deep house, la maneggia davvero con maestria.