La genialità è dei semplici, e lui lo conferma. Lo ascolti e ti domandi: “davanti a quale bivio si trova un giovane come lui? Nell’Italia della crisi economica e sociale, quali pensieri attraversano la mente brillante di un ragazzo campano che in pochissimo tempo ha maturato esperienze significative da poter aspirare a qualcosa di prestigioso come la label svedese Drumcode?”
Adorato dai suoi fans per la sua rapidità di crescita e l’approccio onesto che ha per la sua musica, Joseph Capriati è conosciuto dal Sudafrica a Ibiza e ovunque lui vada è il nuovo ambasciatore techno. Originario del casertano, ma ormai cittadino del mondo crea techno piena con un groove fatto di vecchia scuola “made in Naples” e sonorità underground sempre al passo coi tempi. Nella nuova generazione napoletana ecco quindi uno dei maggiori esponenti del risorgimento techno in Italia. Il 2013 è senza dubbio un anno cruciale per Joseph: un album che uscirà nel mese di settembre su Drumcode con annesso tour mondiale e una lunga serie di date a Ibiza durante l’estate. Per i più impazienti ecco quindi un assaggio dell’album “Self Portrait” con questo EP di due tracce composte di potenti beat quattro quarti, aromatizzati dai groove tipici della techno napoletana.
“Awake” e “Fratello” rispettivamente lato A e lato B del disco, sono tracce in perfetta sintonia tra loro che soddisfano due gusti differenti. La prima è techno intensa con lo stile tipicamente partenopeo fatto di ripartenze inaspettate e momenti di grande tensione (scuola Rino Cerrone, Markantonio, Gaetano Parisio). “Fratello” presenta un accordo melodico fatto di campanellini e una bassline trascinante che crea implicite atmosfere ipnotiche senza adeguarsi per forza a un modello standard, troppo spesso seguito nella techno “napoletana” di adesso. Un altro episodio magnifico e forse anche tra i più interessanti dell’ampio bagaglio di produzioni sfornate in pochissimi anni.
Joseph Capriati, oggi più che mai, è un produttore da non sottovalutare, che ha giustamente catturato i riflettori di Adam Beyer facendone membro della sua etichetta Drumcode, tanto che in quell’epoca non lontana, si parlava dei set e dei dischi di Capriati più per la coerenza dello stile che per la volontà di entrare a far parte della famiglia svedese a tutti i costi. È proprio distinguendosi che Beyer apprezzò il giovane italiano. Un talento che riprende in mano la techno napoletana DOCG, immergendola in umori non tanto lontani dalla scena attuale europea. Un altro esempio e una prova concreta che l’Italia deve investire sui giovani; se non ora, quando?