Qualche giorno fa è entrata in circolazione una release molto speciale. Speciale perché i nomi in campo sono grossi, grossi davvero: Joseph Capriati e Dave Clarke – e potrebbe volendo bastare questo. Speciale perché i due non solo sono due pesi massimi della faccenda, ma sono negli anni diventati anche amici fraterni. Speciale infine perché il ricavato dell’operazione andrà devoluto tutto alla Fondazione Cannavaro Ferrara (…sì, proprio i due calciatori bandiere del Napoli e poi anche della Juve), a sostegno dei giovani e delle famiglie bisognose. A proposito: se volete contribuire direttamente anche voi, potete farlo qui. Sulla base di tutto questo, abbiamo voluto anche noi provare ad offrire un contributo non banale – e grazie agli stessi Dave e Joseph ci siamo riusciti. Ecco quindi una succosa “intevista doppia”: stesse domande per entrambi, ciascuno risponde a modo suo. Ne viene fuori un ritratto davvero molto, molto interessante, in cui emergono similitudini e diversità. Insomma: prima qui sotto potete sentire il take di Dave Clarke su “Love Changed Me”, estratto dall’album di Joseph (di cui vi parlavamo così) coi featuring di pregio Eric Kupper e Byron Stingily, un take molto singolare quello di Clarke, perché è raro sentirlo su traiettorie house. Poi, questa notevole chiacchierata a due. Buon ascolto, buona lettura.
Prendo spunto da “Love Changed Me”, il brano di Joseph che vi ha fatto incontrare per questo remix: quanto volte è successo davvero che l’amore vi abbia cambiato?
Dave: Quante volte? Praticamente ogni singola volta! (ride, NdI)
Joseph: Nel mio caso, paradossalmente, forse mai. Perché secondo me l’amore è qualcosa in cui credi, e nel momento in cui ci credi – sei sempre così, non è che “cambi”. O almeno, per me è così. Poi l’amore più che cambiarti può farti maturare, su tanti lati, quello sì: a partire dall’amore di coppia (sì, vale anche per me, anche se il rapporto è finito tre anni fa). Una cosa è certa: quello che fa l’amore, è metterti sulla retta via. E poi fammi aggiungere un’altra considerazione: le cose che restano per davvero sono solo quelle fatte per amore e non quelle fatte per ego o ambizione. Questo è un concetto fondamentale. Come diceva Frankie Knuckles: “Quando ti credi più grande della tua musica, per te l’inizio della fine”.
Domanda secca, ma forse oggi anche “scivolosa”: quanto è profonda la differenza tra techno e house?
Dave: Beh, se riesci a dirmi cosa sia davvero “techno” oggi, magari riesco a risponderti! (sorride, NdI)
Joseph: La differenza è molto profonda, in origine. Oggi si chiama “house” qualsiasi cosa, ma quando ho iniziato io – a undici anni, nel 1998 – quello che suonavo era house pura: Vega, Kenny “Dope” Gonzales, Todd Terry, Danny Tenaglia, Frankie Feliciano, David Morales, Benji Candelario… Allo stesso modo, quando attorno ai sedici anni ho iniziato a rivolgermi verso la techno era chiaro quali fossero gli artisti-guida del genere, nel suo senso più puro ed autentico, almeno era chiaro per me: Dave Clarke, Rino Cerrone, Jeff Mills, Billy Nasty… oppure se si vuole andare più verso la hard techno, allora Dj Rush, Pet Duo. Oggi purtroppo c’è invece una confusione totale, per quanto riguarda i generi. E’ bello sperimentare e combinare, e la tecnologia può aiutarti a farlo; ma se in questo processo si è perso di vista quali sono le origini più autentiche, secondo me è un po’ un peccato, è un problema. Non voglio fare un discorso da “dinosauro”, anche perché sono giovane, ho 34 anni, ho ancora tanto da fare: anche perché oggi comunque c’è tanta ottima musica. Non è questione di fare la morale a nessuno, ecco, ma rivendico il fatto che per me è un peccato che si sia persa un po’ di chiarezza sulle vere origini di questi generi musicali e del loro suono.
Domanda che fa allora da corollario: quanto è difficile tracciare, oggi, la differenza tra house e techno?
Dave: Per me, non lo è. Anche perché conoscere ed amare la house music e prima ancora l’electro nei suoi protagonisti principali è stato per me di enorme aiuto proprio per capire ancora meglio cosa sia la techno: basta ascoltare alcune versioni dub delle release dei veri maestri di house ed electro. Io l’ho fatto con attenzione e l’ho trovato un vero e proprio “template” per ciò che poi sarebbe effettivamente diventato “techno”.
Joseph: Tracciare la differenza tra le due non è difficile: se appunto le conosci bene, se ne conosci le radici più pure e decisive. Oggi chiaramente la situazione è un po’ più complessa in effetti, se vai su Beatport o altre piattaforme è sempre più difficile individuare una differenza netta fra questi due generi, scorrendo tra le release. Allora cosa succede? Succede che la differenza la puoi tracciare tu: col tuo gusto, con la tua conoscenza, con le tue scelte, con la tua consapevolezza.
Quali sono le cose più importanti che voi due avete in comune?
Dave: Vorrei dire la pizza e la Nutella, per cui Joseph va pazzo, ma considerando che a me non piacciono… In assenza di questo, ti dico: credo che tutt’e due siamo persone di cuore.
Joseph: Una cosa che mi ha incredibilmente colpito di Dave fin dalla prima volta in cui ci siamo incontrati è il senso di onore e rispetto che lui prova e porta verso la musica. Da lui ho visto l’esempio concreto di come non si debba vendere la propria passione e la propria anima, per nessuna ragione al mondo, anche a costo di dover lottare, anche a costo di dover affrontare ulteriori difficoltà. Io e lui abbiamo caratteri diversi, ma la cosa incredibile è che Dave è una persona che ha grandissimo rispetto dell’altro. Ed è un vero amico. Non ha mai paura di dirti le cose in faccia, di dirti le cose per come sembrano a lui. E non parla mai dietro le spalle: se sente di avere una cosa da dirti, se vede che è in disaccordo con te, non si fa problemi a coinvolgerti direttamente nella discussione. Come dicono dalle mie parti: “Il parlare chiaro è fatto per gli amici”.
Come vi siete incontrati per la prima volta?
Dave: Credo sia stato da qualche parte in Nord Italia – o era forse Ibiza? Mi sono seduto e mi sono messo ad ascoltare un suo set. Era un sacco di tempo fa, credo più di dieci anni fa. Ecco: non credo che abbiamo parlato molto, lì. Ma io, quando sono nei club, non è che sia granché comunicativo…
Joseph: La prima volta che l’ho visto fisicamente suonare è stato all’Old River, nel 2003. Io ero semplicemente in mezzo al pubblico, e non avevo accesso alla zona console. Mi aveva però colpito perché, contrariamente a tutti gli altri, era arrivato lì giusto prima di suonare, aveva suonato e poi era andato subito via. Gli altri dj arrivavano, stavano lì, facevano festa… lui no. Tutte le altre volte in cui l’ho visto suonare, beh, faceva sempre così, sempre! Ma nel 2009, eravamo a Rimini, all’Altromondo, successe l’incredibile: dovevo suonare subito dopo di lui e lui, invece di andarsene come al solito, ho visto con la coda dell’occhio che era rimasto. Si era seduto sulla sua valigia dei dischi – era una di quelle borse rigide in alluminio che allora si usavano ancora molto – e sì, restò ad ascoltarmi per almeno venti minuti. Io dentro di me ero: “Wow…”. Ad un certo punto se ne va. Ma il giorno dopo Genny Mosca, da sempre il mio manager, mi chiama e mi dice “Senti, mi ha chiamato Dave Clarke. Ti fa i complimenti e dice che vuole un tuo set per il suo radio show White Noise”. Io, senza parole. Da lì abbiamo iniziato a sentirci via mail prima e poi via Skype, fino a quando ad un Awakenings lui mi fece un’intervista – credo la si possa trovare ancora su YouTube – e da lì è nata un’amicizia forte, reale.
Vi è mai successo di essere esplicitamente in disaccordo, su questioni di musica, o più generalmente lavorative?
Dave: E’ successo di sicuro con tutto lo scandalo della raccolta fondi per tour manager, hai presente? Ma lì è bastato parlargli direttamente e ho capito subito che, se stava sbagliando, stava sbagliando in completa buona fede. La sua intenzione era di aiutare, di dare una mano.
Joseph: Oh, è successo spesso e volentieri di essere in disaccordo, o meglio, di discutere su alcune scelte! Lui ad esempio anni fa, per un po’ di tempo mi ha rinfacciato il fatto che andavo ad Ibiza a suonare: a lui Ibiza non piace, non ne apprezza lo spirito attuale, trova che sia diverso dal senso puro della techno e dell’house e che ti porti spesso ad andare là e finire col suonare tech-house abbastanza scontata, e non era per nulla d’accordo che per me fosse normale andarci. Mi ricordo ancora una discussione che avemmo ad Amsterdam proprio su questo argomento, e non era appunto la prima volta che lo toccavamo: “Non sono d’accordo col fatto che accetti di suonare ad Ibiza. Non è il posto per te. Tu fai techno, tu sei un artista techno vero”. Lì provai a rispondergli: Dave, ti sbagli, guarda che il mio background è nell’house music, e quindi Ibiza ha un forte senso per me, sai? Poi sono italiano del sud, campano, ho il groove nel sangue e le vibrazioni di Ibiza mi accendono l’anima. Amo suonare sull’isola e creare momenti magici con la musica e le persone. Siamo andati avanti così per un po’. Lui ci ha riflettuto sopra, per poi dirmi: “Ok. Continuo a pensare che non sia la cosa giusta andare a suonare là; però vedo che tu lo fai facendo una scelta consapevole e ragionata, lo fai per passione e non per i soldi, e se vai a suonare lì ci tieni a dare un valore aggiunto, a dare vita a qualcosa di bello è particolare. Se te la vivi così ok, posso accettarlo. Ma sappi: continuo a non essere d’accordo”. (risate, NdI) In generale, ogni volta che è accaduto che avessimo una posizione diversa su qualcosa, magari su argomenti che erano di dominio pubblico, lui mi ha sempre chiamato per confrontare le reciproche idee, senza nascondermi che lui la vedeva in altro modo. E’ così raro trovare qualcuno che non ti nasconde il fatto di essere in disaccordo con te, pur stimandoti… Sono queste le persone che più sono state importanti per me, e più mi hanno aiutato. A Dave posso solo dire: grazie per essere come sei!
Domanda: ma la musica elettronica è ancora in grado di avere un impatto radicale sulla vita delle persone, come è stato ai suoi esordi, o è diventata mero intrattenimento?
Dave: Buona domanda. Nel 90% dei casi, il processo di mercificazione della musica elettronica ha portato la techno ad essere mero intrattenimento, oggi. Tutto l’aspetto controculturale, che era una componente fortissima dell’esperienza-techno nei primi anni ’90, è stato invece cacciato via a pedate. Va detto che questo è un processo che si è ripresentato in mille altre forme di arte, nella nostra società contemporanea. Non certo solo nelle cose “nostre”.
Joseph: Se la musica elettronica abbia su di te un impatto decisivo o sia solo intrattenimento, diciamo che dipende da che tipo di persona sei. Se prendiamo a riferimento solo i social, effettivamente la techno e in generale la musica elettronica sono diventate oggi una grandissima forma di intrattenimento e poco altro. Questo perché se tu valuti il valore delle cose a seconda dei numeri ottenuti, delle posizioni in un certo tipo di chart, dal numero di follower sui social – allora sì, trasformi la musica elettronica in semplice intrattenimento. Ma siamo sicuri facciano tutti così? Io non credo, sinceramente. Io vedo ancora tantissime persone che hanno un amore ed un interesse vero per la musica. Quando è così, allora puoi anche fare intrattenimento – perché comunque una componente del deejaying è anche l’intrattenimento, così come il comunicare, in un’era della comunicazione come la nostra – ma comunque avrai sempre con te la giusta consapevolezza sulle cose da fare e sui confini da non attraversare. E anche lì, si parlava di comunicazione: è appunto sempre molto importante il modo in cui comunichi le cose che fai. Anche in questa maniera puoi fare capire chiaramente se fai quello che stai facendo solo per i numeri, i soldi, la fama, o se lo fai perché per te la musica è una esigenza di vita. In ogni caso non nascondiamolo: il numero di dj che comunicano “solo intrattenimento” – e anche di pubblico che vuole vedere solo questo – negli ultimi anni è molto cresciuto.
Vi è mai capitato di pensare “Basta, mi sono stufato, voglio smettere di fare il dj”?
Dave: Amo ancora andare in giro a suonare, quando finisci in posti speciali – e in Italia ne avete molti, penso a Napoli, Milano, Roma ed anche altri – l’energia che ti restituisce il pubblico ti regala sensazioni straordinarie. Ma ammetto che ogni tanto vai in posti dove, ad un certo punto, inizi a dirti “Mmmmmh…”, eh sì. E’ dagli anni ’80 che faccio il dj e, in un certo qual modo, è qualcosa che fa proprio parte del mio corredo genetico; però è vero che sono diventato più selettivo. Soprattutto dopo quello che mi è successo quattro anni, il terribile incidente d’auto mentre stavo tornando dall’Exit Festival verso l’aeroporto di Belgrado: lì ho pensato che forse era il momento di ragionare un po’ sul da farsi. Lo stesso è successo anche più di recente, quando sono stato colpito da polmonite (col senno di poi, posso dire con ragionevole certezza che era colpa del Covid): pure lì, ho riflettuto un po’. E la riflessione ha avuto come esito il fatto che devo dare più spazio al lavoro in studio, alla mia passione per la fotografia e per lo scrivere. E, naturalmente, devo concentrarmi a fare date che siano davvero belle e significative.
Joseph: Smettere? Sinceramente, non vedo perché dovrei pensare una cosa del genere. Davvero. Sinceramente, non vedo perché dovrei pensare una cosa del genere. Sono ancora all’antipasto. Sono ancora all’antipasto. Ho almeno vent’anni, credo, di missione musicale da portare ancora avanti. Questo se il mio corpo reggerà, ovviamente – perché dipende prima di tutto dal fisico. A occhio non ci dovrebbero però essere problemi e allora sì, ho proprio voglia di andare avanti, non sono mai stato sfiorato dall’idea di fermarmi perché sento di avere ancora tantissimo da dire e da fare. Che poi: perché dovrei smettere? Perché dovrei stufarmi? Forse perché magari da un certo momento in poi ci sono persone che fanno più like di me su Facebook? Sai, conosco colleghi che veramente si rovinano la vita per non essere abbastanza in alto, che so, sulla chart di Dj Mag, la Top 100. Ma che senso ha? Dico solo una cosa: si parla già dei voti e delle candidature per la classifica 2021, quando ci sono un sacco di dj – a partire dal sottoscritto – che è almeno da febbraio 2020 che non suona. Per quale diavolo di motivo dovrei stare in classifica? (Ride, NdI) Ad ogni modo: no, non mi stufo, e no, non ho mai pensato di fermarmi.
Nella propria quotidianità, quali sono le cose più importanti da tenere sempre a mente? Ve lo chiedo come dj – ma anche come esseri umani.
Dave: Ah beh, se lo chiedi a me come dj non c’è granché da dirti, visto che è più di un anno che non suono! (ride, NdI) In generale, invece, devo ricordarmi di essere meno duro con me stesso. E devo imparare a tornare a godermi alcune piccole cose che invece ho messo in secondo piano durante trent’anni di viaggi e dedizione alla causa del clubbing. Devo curarmi di più, stare più attento al mio benessere mentale, fisico ed anche musicale – perché sì, anche con la musica voglio imparare ad avere una visione sempre più ampia.
Joseph: Cosa bisogna tenere in mente? Le piccole cose. Quelle più semplici. E ricordarci il fatto che tutti, nessuno escluso, prima o poi dobbiamo morire. Non puoi sapere quanto durerà la tua vita: e allora bisogna lasciare una traccia concreta nella musica, nella propria vita. Bisogna regalare luce alle persone che ti circondano. E bisogna imparare dai propri errori, a partire dal fatto di ammettere di averne fatti e di farne. Perché il punto è andare avanti – ma mai giudicando gli altri, ma nemmeno mettendosi in competizione. Perché la vera saggezza è quando capisci che ognuno ha un suo modo di vedere le cose, dei propri obiettivi, dei propri modi per ottenerli. Non ha senso fare gare. Una cosa però ha senso, ed è anzi necessaria: se cadi, devi sempre avere la forza di rialzarti.
Nella foto: Joseph Capriati ritratto da Dave Clarke