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[tab title=”Italiano”]”Classico” è la parola che vien fuori più spesso intervistando The Juan MacLean. Classica è la spinta che sta dietro al nuovo album “In A Dream” (trovare la miglior combinazione in cui far convivere le note influenze del passato), classico è l’approccio con cui è stato composto il disco (rappresentare con la massima onestà il proprio immaginario, senza inseguire le mode), classica è il ruolo che il disco vuole avere verso il pubblico (recuperare la qualità e la solidità della vecchia buona musica). Un classicismo evidente fin dalla cover, un classicismo che riassume tutto quel che Juan MacLean rappresenta per la DFA: solidità, sicurezza, garanzia. Mentre la modernità avanza, mentre i giovani continuano a investigare le intuizioni valide per il prossimo futuro, esiste una parte del sistema musicale che ha a cuore qualcosa di opposto, ossia preservare la connessione con una qualità a cui si resta legati affettivamente. Se vi sentite parte di questa categoria, è a voi che oggi si rivolge Juan MacLean. Con parole che non lasciano nulla all’incertezza. Con un disco che punta esclusivamente a dar conferme.
Prima domanda a bruciapelo: in cosa l’ultimo album “In A Dream” è coerente col vostro noto sound, e in cosa invece è differente?
Penso somigli molto all’ultimo album per l’uso di live drums, le canzoni dalla struttura lunga e che si allungano nello sviluppo, e i synth analogici, un sacco di synth analogici. La cosa per cui si differenzia di più invece è la maggiore enfasi sulle parti vocali. In passato, i vocals venivano aggiunti alla fine del processo di scrittura. Per quest’album, al contrario, siam partiti già strutturando le canzoni intorno ai vocals, fin dall’inizio.
L’impressione è che il vostro modo di fare musica tenda sempre a prendere un sound che il pubblico conosce bene, elaborarlo e e restituirne una versione perfezionata. Può essere house, techno o electro, ma è sempre un approccio “assorbi-e-potenzia”. È qualcosa che avviene intenzionalmente?
È divertente, perché quei tre generi sono molto, molto simili tra loro. La house è semplicemente disco elettronica e la techno è praticamente la stessa cosa della house quando vai un po’ oltre. Chi non sa nulla di musica elettronica, per esempio, non è in grado di distinguere tra house e techno. Quindi davvero, il genere di cui mi occupo io è veramente ristretto, la mia musica suona molto simile a sé stessa, alle mie orecchie. Molti amano andare tanto nello specifico coi sottogeneri e roba simile, ma son cose a cui non faccio mai molto caso. Faccio semplicemente musica che riflette le influenze che avevo sin da quando ero adolescente: disco, house, techno e prima electro.
E stavolta, con “In A Dream”, quanto dici è ancora più evidente: quest’album ha più sensazioni classiche del solito, puoi rintracciare chiaramente le vere origini: disco, prog, space, new wave. È un po’ il compendio definitivo del vostro sound?
Suppongo sia l’album più coerente che abbia mai fatto. Meno sperimentale degli altri, non ci sono quelle piccole, strane canzoni che c’erano nel primo album. Penso che questo disco combini tutte le influenze nel più sensato modo possibile.
Le influenze classiche ritornano ancora una volta… quanto pensi possa ancora offrire la musica del passato ai nostri giorni? In un modo o nell’altro, dall’inizio del secolo la musica ha sempre sentito il bisogno di riprendere qualcosa dalla storia, andare più a fondo, raggiungere livelli successivi. Da dove viene secondo te questo bisogno?
La musica popolare occidentale (che non sia jazz o musica classica) non cambia in modo significativo ormai da 50 anni. Il rock è partito negli anni ’50 e ancora oggi suona più o meno uguale, escludendo i progressi delle tecniche di produzione. Lo stesso per la musica elettronica. Ogni cosa è semplicemente una nuova interpretazione dello stesso concetto di base. E nella maggior parte dei casi, suona tutto uguale. Si usano in studio nuove tecnologie ogni volta che arriva qualcosa di nuovo, e magari nascono nuovi suoni, ma di fondo è sempre la stessa cosa. E sinceramente, non credo sia così importante. Il pop è musica per giovani, non è la tecnologia che lo guida ma la risonanza emotiva. Quindi per me la cosa più importante è comporre musica che rifletta in modo fedele e onesto le intenzioni dell’artista.
E non hai mai paura che in qualche modo il tuo sound possa risultare prevedibile?
Non più di tanto. Se resti in giro abbastanza a lungo, accade che il tuo pubblico invecchia un po’ insieme a te. Inizia a disinteressarsi della nuova musica in generale, tutto inizia a suonare uguale alle loro orecchie e ci si inizia a lamentare della cosa, dicendo che la musica non ha più la stessa qualità di un tempo. Ma c’è sempre una nuova generazione di giovani che si presenta eccitata per la musica e non si cura di tutti questi ragionamenti.
Com’è nata la cover di quest’album? Cosa avete voluto esprimere in quell’immagine?
Di nuovo, abbiamo voluto fare qualcosa di… “classico”, non saprei descriverlo diversamente. Ho sempre amato le cover con ritratti, come “Heroes” di David Bowie o “The Man-Machine” dei Kraftwerk, cover dove gli artisti sono raffigurati in un certo modo stilizzato. E volevo che la cover desse una sensazione senza tempo, in modo da rendere difficile capire in che era fosse stata fatta.
Come si divide il processo di scrittura tra John MacLean e Nancy Whang? Chi mette il primo contributo, e come vi amalgamate in fase di produzione?
Tutte le canzoni cominciano con un groove scritto da me. Poi inizio a sostituire il groove di base con strumentazioni live, come i live drums. Da lì solitamente parto con l’editing, fino alla canzone vera e propria. Per quest’album, Nick Millhiser degli Holy Ghost! è stato coinvolto come producer fin dall’inizio, e ha avuto un ruolo importante. Niente avrebbe suonato come suona di fatto, se non fosse stato per lui. E in più, quest’album è stato diverso in quanto Nancy è entrata nel processo molto prima del solito.
Di recente abbiamo riepilogato i dieci artisti contemporanei che stanno avendo un ruolo più o meno marcato nel tenere attuale la disco, e ne fate parte anche voi, insieme a nomi come Prins Thomas, Breakbot e Dimitri From Paris. Vi ci sentite a vostro agio?
Non particolarmente. Quegli artisti mi piacciono abbastanza, in particolare Prins Thomas, penso sia un dj fantastico. Ma li considero tradizionalisti disco, più o meno. E io sono più interessato nel dar vita a un nuovo sound, invece che ricreare il sound originale della disco. Di fatto, son rimasto abbastanza sorpreso quando la gente ha iniziato a usare la parola “disco” per quest’album. Non c’è alcun pezzo disco. Ho l’impressione che l’ultimo album dei Daft Punk abbia spinto la gente che non è molto familiare col sound disco a usare questo termine per descrivere molta musica elettronica con live drums e parti vocali.
Qual è la tua idea di futuro? E qual è il contributo che stai dando nell’accompagnare la musica verso il futuro?
Non ho idea di dove stia andando la musica, in particolare quella elettronica. Non è cambiato poi molto negli ultimi anni, e sinceramente non credo si possa poi cambiare granché. Non faccio altro che sforzarmi di far bene ciò che faccio, restare onesto e fedele alla musica che amo, evitando di inseguire l’ultima onda house del momento o altro.[/tab]
[tab title=”Inglese”]”Classic” is the word that comes up more often, while interviewing The Juan MacLean. Classic is the element that triggered the new album “In A Dream” (to find the best combination for the known influences from the past), classic is the approach used on songwriting (to communicate with the highest honesty his own musical world, without following any trend), classic is the role that this album wants to play with people (to restore the quality and the robustness of good old music). A classicism that comes up even in the cover, a classicism that summarize what Juan MacLean represents on DFA: solidity, certainty, trust. While modernity goes forward, while young people keep investigating the sound of the future, there is still a part of the music community that wnats something somehow opposite, that is preserving the emotional connection with music quality. If you feel like you belong to this category, it’s you the one Juan MacLean is talking to. With words that avoid any uncertainty. With an album that only wants to give confirmations.
Let’s start with a direct question: for which aspects “In A Dream” is coherent with your known sound, and for which ones it’s different?
I think it’s a lot like my last album in that it has live drums, analog synths, long song structures that stretch out over time, and a lot of analog synths. The biggest way that it’s different is that there is a lot more emphasis on the vocals. In the past, the vocals were done at the end of the songwriting process. For this album we started structuring songs around vocals from the very beginning of the songwriting process.
The impression is that your productions always take one sound that people know good, elaborate it and return back the result of your personal refinement. Can be house, disco, electro, but it’s always a digest-and-improve approach. Is it something intentional?
It’s funny, because those three genres are very, very similar to each other. House is simply electronic Disco, and Techno is practically the same thing as House when you step away from it a little bit. For someone that doesn’t know anything about electronic music, for example, they would not be able to make out a difference between House and Techno. So really I think it’s a very narrow genre that I’m working in, to me most of my music sounds similar. People do like to get very specific about sub-genres and that sort of thing, but I’ve never really paid attention to that sort of thing. I just make music that references the same influences I’ve had since I was a teenager: Disco, House, Techno and early Electro.
And this time, with “In A Dream”, what you say is more evident: this album has more classic feelings, you can hear clear the real origins: disco, prog, space, new wave. Is it like the final compendium of your sound?
I suppose it is the most coherent of any album I have done. It’s less experimental than the past albums, there are no weird little songs like I had in my first album. I think this album combines all of the influences in a way that makes the most sense.
Classic influences that come back once again… how much can music from the past still offer in our days? In some way, since the beginning of this century music has always needed to take again something from the history, going deep, reaching further levels. Where does this need come from?
Western popular music (music that is not classical or jazz) has not really changed in any major way for like 50 years now. Rock music got it’s start in the 1950’s and sounds pretty much the same today, aside from the advancement of production techniques. The same is true for electronic music. It is all just different interpretations of the same template. Mostly it just sounds the same, though. People use new devices in the studio that come along every once in a while, and new sound is born, but basically it is all the same. I don’t think it’s that important really. Pop music is generally for young people and it’s not the technology they are reacting to, it’s emotional resonance of the music. So for me the most important thing is to make music that is a true and honest reflection of your intentions at an artist.
And aren’t you never afraid that your sound can look somehow predictable to your audience?
Not really. If you stick around long enough, what happens is that some of your audience starts to get a bit older. They become disinterested with new music in general, it all starts to sound the same to them and they start complaining about it and saying that music is not as good as some time in the past. However, there is always a new crop of young people coming along who are excited about music and don’t care about any of that stuff.
How was the cover of this album born? What did you want to express in that shoot?
We wanted to do something… ‘classic,’ for lack of a better way to describe it. I have always loved album covers that featured portraits, like David Bowies ‘Heroes,’ or Kraftwerk’s ‘The Man Machines,’ album covers that features the artist in a highly stylized fashion. I also wanted to make it seem timeless, sort of difficult to pinpoint the era that it was made.
How is the composition of songs split between John MacLean and Nancy Whang? What comes first, how does each part give his contribution on production?
All of the songs start with a groove that I’ve written. Then I start replacing elements of the basic groove with live instrumentation, like live drums. From there I usually start editing the tracks into proper songs. On this album, Nick Millhiser of Holy Ghost! was involved as a producer almost from the beginning, so he played a very significant role. It wouldn’t sound anything like it does without his contribution. Also, this album was a little different in that Nancy came into the process much earlier than past albums.
We recently listed a set of contemporary artists that have a role in the reprise of disco music that we are seeing in last couple of years, and we placed you between them, together with people like Prins Thomas, Breakbot and Dimitri From Paris. Do you feel at ease in this frame?
Not really. I like those artists quite a bit, especially Prins Thomas, I think he’s a fantastic DJ, but they are all Disco traditionalists, more or less. I’m much more interested in trying to forge a new sound as opposed to trying to recreate the sound of Disco. In fact, I was very surprised when people starting using the word ‘Disco’ in reference to this album. There is not a single Disco song on the album, but I think the last Daft Punk album probably got people who aren’t so familiar with the original Disco sound into using the term to describe electronic music with live drums and vocals.
What is your idea of future? How are you contributing to bring music in the shapes of the future?
I have no idea where music is going, particularly electronic music. It has pretty much not changed in many years, and I don’t think it’s possible for it to change that much really. I just put my head down and do what I do, try to stay honest to the music and what I love without chasing the latest iteration of House music that everyone loves at the moment or whatever.[/tab]
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