Usciti fortemente ridimensionati dagli atteggiamenti da star “over rated” (le scene finali del documentario “A Cross The Universe” avevano portato antipatia più che idolatria), complice anche un secondo disco in studio che seppur bello non era memorabile, forse anche per quell’elettronica che si andava a coniugare al rock progressive, lasciando alle macchine un mero scopo produttivo e di digitalizzazione della propria musica, i Justice non potevano non sapere che, qualunque fosse stato il giorno deciso per il ritorno sulle scene, sarebbe servito molto di più che un ottimo disco di maniera per riprendersi scena e critica.
Ecco sotto questo punto di vista è innegabile: questo “Woman” fallisce l’impresa fermandosi allo status di disco figo, album “trop cool” ma nulla di più, una confezione degna del primo piano di Colette, un Fiorucci in salsa parisien frequentato da Lagerfield che però snobba i gingilli del primo piano e va al secondo dove risiede il lusso vero ma nulla di più.
Abbandonate major e ambizioni da rockstar quindi, il duo francese senza maschera torna alla casa madre tra le braccia rassicuranti di Ed Banger e dell’istrionico Busy P per produrre il loro lavoro più corale e orchestrale. Un “disco psichedelico” databile in fine decade Settanta, con forte spazio ai vocals, molti cori e arrangiamenti orchestrali poi effettivamente affidati alla London Contemporary Orchestra and Choir.
Un album disco perché la disco è l’unica cosa che i francesi, musicalmente, sanno fare bene, dichiarerà Xavier De Rosnay presentando l’album, aggiungendo anche cose come: “Village People was a French invention, so starting from that I think French people are definitely into disco“. Un album dedicato alla “forza maschilista” delle donne, donne che hanno sempre fortemente influenzato la produzione dei Justice sin dal simbolo, pare.
Messa così ci sarebbe da impazzire e da gridare al miracolo pre-avvento, peccato poi così in realtà non sia. È innegabile come nell’album ci sia tre razzi super-sonici che da soli valgono il prodotto – “Randy”, “Fire” e “Alakazam!”, anche se quest’ ultima, croce o delizia sua, suona davvero troppo “moroderiana”, troppo “I Feel Love” – il resto, però rimane “solamente figo” e un po’ spocchioso(“Love S.O.S” è comunque buona, parecchio). Insomma, tutto è tipicamente parigino nell’attitudine e poco più e questo potrebbe francamente non bastare.
Le cavalcate oniriche del secondo album non si ripetono, la freschezza compositiva di pezzi come “D.a.n.c.e.” o “DVNO” sono ricordi sbiaditi e la violenta tensione evolutiva di tracce come “Stress” e “Waters Of Nazareth” che dei Justice ci aveva fatto innamorare è tenuta troppo a guinzaglio. “Chorus” non riesce a decollare nonostante i mille reattori accesi e un carico di quintali nel pre riff, l’organetto di “Heavy Metal” ci aveva quasi convinti, risvegliando l’animo Manowar che aleggia tra i ricordi adolescenziali di molti di noi, senza però innescare definitivamente la traccia, senza raggiungere quell’esplosione sostanziale e necessaria che, ahinoi, è un po’ il leitmotiv di tutto l’album.
“Woman” è un orgasmo ben preparato con un corollario di preliminari da urlo, ma che manca l’apoteosi sul più bello: un ottimo petting, un delizioso petting che alla fine dei giochi innervosisce e non soddisfa.
Con meno distorsioni a registro e un’applicazione che parte dal taglio classico della musica e si offre a coralità canti e balli psichedelici, “Woman” è in buona sostanza un album frettoloso, una donna che ammalia, seduce e fa impazzire ma che non pratica ciò che ha promesso; qualcosa di finito con la smania di poter entrare nella line up di qualche festival, malignerà qualche appassionato in redazione, in un discorso reale che certifica come ormai molti prodotti musicali siano preparati e confezionati con l’unica idea di essere portati in tour e quindi vendere biglietti, avere un’entrata garantita che va oltre il misero rendiconto della messa in streaming o dell’acquisto fisico dell’album. Sembrano banalità ma di fatto troviamo più di una ragione per pensare che questo tipo di considerazioni siano molto più vicine alla realtà di quanto si pensi, in un discorso che andrebbe approfondito e che forse approfondiremo.
Detto questo, come con ogni donna di alto calibro incontrata nella vita ci abbandoniamo comunque al corteggiamento, allo zerbinismo e alla testardaggine e “Woman” gira già nei nostri impianti e continuerà a girare per un po’ di tempo. Fossimo stati più furbi invece, avremmo probabilmente lasciato perdere virando su qualcosa di più sostanzioso.