Immaginate di ritornare al vostro banco: in fondo, al centro, sulla fascia dell’aula, tutti avrete avuto una lavagna davanti e ricorderete benissimo quando il tratto del gesso veniva cancellato e rimaneva il ricordo sbiadito di un’equazione, un bilanciamento stechiometrico, il nome del cattivo di turno… bene, questo è successo nel passato musicale di Kelis attraverso “Food”, il suo sesto album pubblicato su Ninja Tune.
Un nuovo capitolo, un tratto di gesso fresco su di una nuvola grigia che rappresenta il passato recente, che però c’è, persiste anche se lontano, ma c’è. Ed infatti, se “Food” rappresenta il nuovo, quello che rimane è la sua voce: registri diversi con la solita tremenda assurda fascinazione che la voce di Kelis ha sempre suscitato. La Kelis di “Food” è tremendamente agli antipodi della Kelis di “Flash Tone”, dalla Kelis di “Bounce”, dalla Kelis di “Trick Me”… è una Kelis matura, una madre, una donna con alle spalle un divorzio, una donna che riversa nei suoi pezzi i suoi nuovi interessi (infatti in patria è una chef conclamata e i titoli dei suoi pezzi sono un excursus culinario), un’artista con un volto fresco, nuovo.
Nel disco l’apporto di Dave Sitek, produttore dell’album e componente dei TV On The Radio, è fondamentale. Una band di tredici elementi con fiati strabordanti conferisce all’album quella complessità strumentale che mai si era sentita nel passato della cantante americana e si presta ad un’esperienza live assolutamente succulenta.
http://youtu.be/4kNWZK-zbNc
“Food” è un album che parla di cibo, sì, vero, ma non solo. È un album che parla di una donna (tremendamente sexy) consapevole di una nuova avventura, una donna che ci invita con l’opening track “Breakfast” a seguirla in questa nuova fase della sua vita, con l’indipendenza acquisita da un passato oramai lontano – lo canta in “Jerk Ribs”, dove i fiati dell’intera band elevano la sua voce e rendono netto il distacco rispetto alla musicalità del passato. L’album infatti nella quasi totalità si svolge su ritmi upbeat, scava alle radici del funk, ha forti connotazioni vintage soul, e quindi molti dei fan del passato potrebbero storcere il naso; ma questa è la una nuova dimensione di Kelis e le calza addosso come seta. Perfetta.
“Cobbler” è un richiamo forte al passato, un funk che avrebbe potuto cantare James Brown, mentre “Hooch” con la sua bassline sincopata e le sue trombe western ci riporta ai tempi della Stax di Memphis. “Friday Fish Fry” è un potentissimo botta e risposta che sfiora il blues, in cui chitarre arroganti portano il pezzo ad essere progressivamente perfetto per una colonna sonora di Tarantino ed in cui l’orchestrazione di Sitek si fa prepotente.
Ma l’album, come detto, guarda anche avanti: reinventa, spezzetta, riformula, ed è quello che succede in “Change”, dove il trip-hop viene fuso alle soundtrack da Blaxploitation, con echi di trombe magrebine a creare nuove appoggi per la voce della cantante americana che mai come in questo pezzo raggiunge diverse pigmentazioni. C’è spazio anche per una Kelis dai toni drammatici, la troviamo nella ballate “Floyd” e “Runnin’”: nella prima sax baritonali e vintage synth fanno da contorno ad una donna che chiede di poter ricominciare, di trovare qualcuno con cui farlo “I want to be blown away”; in “Runnin” invece i ricordi del passato risalgono a galla e lei lancia una supplica verso se stessa per poter continuare ad andare avanti “I became a runner to escape the fame / I still don’t wanna play / a lion will never change”.
Il lavoro nel suo complesso sembra avere una perfetta sintonia, è un album in cui Kelis ha riversato tutto quello che l’ha portata a questo nuovo capitolo: un album in cui i riferimenti al suo infelice matrimonio con Nas si rendono vividi in “Rumble”, un album che porta con sé anche tracce non necessarie, come la cover di Labi Siffre “Bless The Telephone” che sembra essere fuori dal contesto, o come “Forever Be”, una orchestrazione pop che ha fondamenta più nel passato che non nel nuovo, tranne che per gli echi di trombe che sono un background necessario per tutto l’album.
In chiusura c’è “Dreamer”, anche questo pezzo sembra essere lontano dallo spirito complessivo di “Food”, ma è una traccia eterea, la ciliegina sulla torta, un soul futuristico ed un auspicio (“There are millions just like us / fighting fears and fighting lust”) che chiude degnamente un album importante.
Sicuramente questa release è molto lontana da quello che la Ninja Tune ha creato negli anni, le orchestrazioni elettriche ad esempio sono ridotte al minimo, ma è il segno di una nuova apertura verso il mercato musicale (e, a sua volta, del mercato musicale), apertura che ha permesso ad una cantante over-pop come Kelis di poter esprimere la sua vera anima. Perché “Food” per quanto potrebbe anche non piacere e non soddisfare tutti, è comunque un album autentico, vero, un album in cui c’è musica fatta di passione viscerale. Ed è fondamentalmente questo che chiediamo ad un musicista: darci tutto quello che ha.