“Un sogno divenuto realtà”: una frase sentita tante volte, che rischia di essere percepita ormai come un luogo comune, ma la verità è che quando la vivi sulla tua pelle – riacquista tutto d’un colpo il suo significato più intenso, profondo ed autentico. Ecco: è per questo che siamo convinti che nel momento in cui Michele Bianchino l’ha pronunciata inziando a raccontarci la storia del Kepler, beh, aveva un peso specifico forte, fortissimo.
Troppo spesso e (mal) volentieri la Puglia vive solo d’estate, quando serate e festival la colonizzano in una maniera con pochi eguali in Europa. Ma la vera vita, la vera socialità, la vera (fuga dalla) quotidianità si vivono d’inverno, e le vivono chi nei posti ci abita, non chi ci passa solo qualche giorno in allegra vacanza. Peccato però che in bassa stagione tutto diventa più difficile, per molti settori: la Puglia da “centro del mondo” torna ad essere “periferia dell’impero”, luogo lontano, quasi inaccessibile, relativamente rilevante. Tutto questo fa dimenticare che se in estate festival e serate sono possibili, è perché si è seminato durante l’anno. Perché si è creato un parterre sia di pubblico che di professionisti in grado di giocare ad alti livelli.
“Il Kepler è stato fondato nel 2015 in una vecchia villa nella periferia di Giovinazzo”, racconta Michele. “Chiaramente il Covid è stata una batosta che c’ha fatto fermare”. Ogni stop è solo un altro start, cantavano i Casino Royale: “Ora però siamo riusciti a riaprire, spostandoci a Bari in una location più comoda, più ampia, più spaziosa, più moderna. Location però dove ci siamo portati alcuni nostri “gioielli”, come i trangoli motorizzati fatti costruire da Nicola Di Meo, il nostro visual & light designer. Lui e Massimo Rizzi, Emiliano Vacca e Gianfranco Chimienti, oltre al sottoscritto, sono l’ossatura di Kepler. Fin dall’inizio abbiamo sempre voluto fornire una esperienza molto inedita, mi permetto di dire rivoluzionaria, dove audio e video sono ugualmente importanti”.
Mmmmh. L’esperienza “inedita e rivoluzionaria” di solito costa. “Sì. Così come è vero che fare le cose al Sud è spesso più difficile. Ma è altrettanto vero che se le cose si fanno bene, la gente risponde. Bisogna essere bravi a proporre cose interessanti; e coraggiosi a rischiare, a proporre cose diverse dagli altri. Noi siamo nati col clubbing: sin dai nostri primi passi abbiamo voluto lasciare una traccia importante e non banale nella parte settentrionale della Regione. Nel momento in cui ora abbiamo riaperto, non siamo insomma partiti da zero: abbiamo subito raccolto tutto ciò che avevamo seminato in passato. Quindi il vero problema non è il rapporto col pubblico, che è felice ed intenso, ma l’aumento dei costi: spese decisamente più alte e marginalità sempre più basse hanno reso davvero complicato il questo gioco. Ma appunto: siamo coraggiosi. E siamo convinti che il coraggio premi”.
Come si declina questo coraggio? Lasciamo parlare i fatti. Gli ospiti delle prossime settimane sono, nell’ordine, Brina Knauss (domani 18 febbraio), Mathew Jonson, Francesco Farfa, Cinthie, Chloe Caillet, Henri Bergmann, una delegazione di Toy Tonics (Kapote, Sam Ruffillo), una del Dekmantel (Young Marco, Kasper Tielroij), Radio Slave, il back to back tra Steffi e Virginia, Jennifer Cardini, arrivando così fino a Pasqua; e gli ultimi due eventi appena passati hanno visto protagonisti dei signori di nome Roman Flügel e Donato Dozzy. Troviamo questo elenco un ottimo equilibrio tra vecchio sempre-valido e nuovo meritevole da esplorare, tra nomi consolidati ma non banali ed artisti che per vari motivi meriterebbero di essere più considerati. “Vogliamo proporre cose nuove ma non troppo di tendenza, stando allineati alle migliori declinazioni del clubbing che ci sono all’estero. Vogliamo che la nostra visione sia ben definita, e che non sia solamente dettate dalle mode. Sia chiaro che noi nasciamo nel territorio – la primissima serata nostra, il 5 dicembre 2015, vide protagonisti solo dj locali – e vogliamo vivere nel territorio”.
Non è per nulla male, questo “sogno diventato realtà”. In una fase in cui si parla tanto di crisi del clubbing, di come chiudano le serate e tutte le risorse siano monopolizzate dai festival, proprio nella regione per eccellenza dei festival – la Puglia – ecco che in controtendenza una club night non solo è riuscita a resistere all’ondata del Covid, ma lo ha fatto e continua a farlo con uno standard piuttosto alto sotto vari punti di vista. È bellissimo poter segnalare queste cose; e chi vive nella zona del Kepler, sappia che ogni volta che ci va, che ci balla, che ci vive, che ci porta buona vibrazioni contribuisce a rendere la propria vita e il proprio territorio più vivo, più dinamico, più sprovincializzato, più connesso, più interessante. Non è solo questione di “andare a ballare”, e men che meno di “andare a sballarsi”. Domanda finale per Michele: qual è stato il set più emozionante, in questi otto anni di storia del Kepler? “Direi Omar S, nel 2017: musica e vibes uniche. Ma anche la nostra riapertura, qua a Bari, è stata qualcosa di speciale”.
Come saluto finale a chiudere questa chiacchierata, ecco un’immagine di quella magica notte del 2017: