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[tab title=”Italiano”]Provate a pensare ad un aereo. Non un aereo in quanto ammasso di ferraglia assemblato capace di volare a millemila metri da terra. Pensate a quello che si può fare con un aereo, alla possibilità di poter visitare il mondo, di riuscire in relativamente poco tempo a raggiungere luoghi lontani, scoprendo la cultura di terre che, fino a qualche fa, venivano solo raccontate nei diari di viaggio di pochi fortunati. Khruangbin è questo e molto di più: è una parola thailandese che significa per l’appunto “aeroplano” e che una band texana ha scelto come nome d’arte, fondendo così l’amore per la Thailandia con quello per la musica. I Khruangbin sono tre ragazzi americani che compongono le loro liriche in un fienile, Laura Lee è al basso, Mark Speer alla chitarra e D.J. alla batteria, diventati famosi fuori dai confini del Texas grazie a Bonobo e dopo aver pubblicato quattro EP, sono pronti adesso per spiccare il volo con il loro album di debutto ““The Universe Smiles Upon You”, uscito il 6 novembre su Night Time Stories Ltd, sub-label di LateNightTales. Noi di Soundwall li abbiamo incontrati per conoscerli meglio, in modo da poter godere a 360° del loro primo LP.
Avete dichiarato più volte che la vostra musica si ispira apertamente al cinema di Tarantino, quali caratteristiche dei suoi film vi hanno colpito e accresciuto maggiormente?
M: Tarantino usa la musica per impostare il tono dei suoi film, scegliendo colonne sonore tutte diverse, ma allo stesso tempo interessanti: troviamo che questo suo modo di operare sia una grande fonte d’ispirazione. Diciamo che la maggior parte delle volte la musica scelta ricorda vecchi film di samurai o quei western di produzione italiana chiamati “Spaghetti Western”. C’è qualcosa di intrinsecamente figo in quel tipo di musica, una sorta di suono alla Jackie-Brown-Pulp-Fiction-Kill-Bill … noi lo amiamo molto.
Tarantino rientra tra quei registi che non commissiona la colonna sonora dei suoi film, piuttosto preferisce scegliere in prima persona brani già pubblicati funzionali alla sceneggiatura. Quale dei vostri lavori pensate possa calzare con uno dei suoi film? A quale scena li assocereste?
LL: Esatto! Visto che Tarantino sceglie brani già pubblicati, rientrare tra quelli che lui vuole nei suoi film sarebbe un grande onore per noi. Detto questo però, vorremmo comunque che fosse lui a decidere quale film e quale scena potrebbe calzare a pennello con la nostra musica. Dovrebbe fare lui “l’uomo” in quella situazione.
Khruangbin è una parola thailandese che significa letteralmente “motore aereo”, un nome inusuale per una band texana. A cosa è dovuta tale scelta?
Mentre davamo vita alla nostra band abbiamo ascoltato un sacco di musica thailandese degli anni Sessanta e Settanta che ha ovviamente influenzato per i primi tempi molta della nostra musica. Khruangbin significa “aeroplano”: il nome si riferisce all’influenza musicale globale, rendendo anche omaggio al particolare genere musicale che ha influenzato la nostra band.
Tra tutti i generi sonori presenti nel panorama musicale mondiale, quello che vi appassiona di più è il rock/funk thailandese anni ’60/’70. Come siete entrati in contatto con tali sonorità? In che modo queste si differenziano dal quelle del funk americano?
LL: Sentiamo una forte connessione tra tutti i generi musicali presenti nel mondo. Non so se poi siamo più vicini ad uno rispetto ad un altro, ma comunque il funk thailandese è quello che ha influenzato il nostro nome e che ci ha ispirato di più: proprio per questo gli abbiamo dato una grande importanza. Abbiamo scoperto questo genere musicale prima in Thailandia e in seguito in maniera più approfondita attraverso i brani contenuti nel blog di Monrakplengthai (raccolta di musica thailandese contemporanea n.d.a.), che ha caratterizzato diverse cassette di quel periodo.
M: Sono dell’idea che il funk sia funk, ovunque ci si trovi e in qualsiasi modo venga chiamato. Ovviamente troviamo sfumature diverse, ad esempio la lingua thai è parecchio tonale, e di conseguenza le loro melodie hanno alcuni elementi che l’occidente, per forza di cose, non ha.
La Thailandia è una terra meravigliosa, sia dal punto di vista paesaggistico che per quanto riguarda la cultura del suo popolo. C’è qualcos’altro, oltre alla sua musica, che vi ha fatto innamorare?
LL: Beh, penso che la prima cosa che mi ha fatto innamorare è il cibo. Il cibo thailandese è così tremendamente thai! Il fatto è che quando sei in viaggio nei pressi dei paesi confinanti, è possibile trovare pietanze i cui sapori risentono di influenze esterne, ma nel complesso, la cucina thailandese è unica nel suo genere. La Thailandia è l’unica nazione di quella parte del mondo a non essere mai stata colonizzata ed è proprio per questo che conserva una cultura così indipendente.
La vostra avventura è diventata una faccenda seria dopo essere entrati in contatto con la musica di Bonobo nel suo tour americano del 2010. In che modo i lavori di Simon Green vi hanno cambiati? Quale caratteristica della sua musica vi ha influenzato maggiormente?
LL: Ciò che mi ha ispirato di più di Bonobo, soprattutto dopo averlo seguito durante il suo tour, conoscendolo meglio, è il modo nel quale lui riesce a produrre la sua musica in live: ciò che risulta già essere meraviglioso da registrato, diventa ancora più suggestivo vedendolo suonare da una band dal vivo, senza soluzione di continuità e con suonatori e cantanti che vengono illuminati e messi in ombra dalle luci di scena. È uno spettacolo eseguito a regola d’arte.
La vostra “A Calf Born In Winter” è stata pubblicata lo scorso anno da LateNightTales dopo essere stata inserita da Bonobo nella sua compilation. Che impatto ha avuto questo riconoscimento sulla vostra carriera?
M: Tutto è iniziato proprio da lì. Prima della compilation nessuno fuori dal Texas sapeva realmente chi eravamo: la raccolta ha fatto sì che la nostra musica fosse apprezzata da un pubblico più vasto e questo è bellissimo.
Un altro step fondamentale del vostro percorso è la pubblicazione di “The Universe Smiles Up On You”. L’album introduce un elemento tutto nuovo per la vostra musica: la voce. Perché avete maturato tale cambiamento?
LL: La voce è stata introdotta perché volevamo provare a vedere cosa sarebbe successo con questo nuovo elemento. In molti ci avevano chiesto se eravamo intenzionati ad utilizzarla e allora abbiamo sentito che era qualcosa che andava sperimentato. Continuiamo comunque ad utilizzare molto i suoni strumentali con qualche pezzo cantato qua e là, ma ci piace questo nuovo lato del nostro sound.
Già dal titolo scelto si capisce che la raccolta vuole narrare una storia felice, quanto c’è del vostro vissuto al suo interno?
M: Beh diciamo che parla proprio di quello che è Khruangbin: è un album creato da tre persone che amano in maniera genuina il progetto e fortunatamente questo lo si può ascoltare e percepire.
i-D afferma che il vostro album rappresenterebbe la colonna sonora perfetta per i nostri sogni, ma quali sono le vostre?
LL: A me piace sognare ad occhi aperti con “Amarsi Un Po’” di Lucio Battisti.
M: A me pice ancora andare a dormire sotto le note di “Karma” di Pharoah Sanders.
Avete dichiarato di produrre la vostra musica in un fienile. A cosa è legata tale scelta? Che impatto ha questa ambientazione sulle sensazioni trasmesse dai vostri dischi?
M: Si tratta del luogo nel quale, fin dal principio, abbiamo suonato quella musica che poi ci ha fatto decidere di diventare i Khruangbin, tutte le volte che dovevamo provare andavamo lì perché era comodo: lontano dalla città e da ogni rumore. Nel fienile potevamo fare chiasso o stare in silenzio a seconda di come ci pareva.
LL: Quando è arrivato il momento ufficiale di registrare un album, abbiamo discusso a lungo su dove farlo e alla fine abbiamo capito che il nostro fienile era il luogo migliore in assoluto per portare a termine il lavoro: abbiamo registrato di tutto qui, fin dall’inizio. Il fienile è come se fosse casa nostra.[/tab]
[tab title=”English”]Try to think of an airplane, but not the assembled pile of junk able to fly thousands of meters from the ground. You have to think about the things you can actually do with it: the chance to visit the world, to succeed (in a relatively short time) to reach distant places and discovering cultures and lands which, until a few ago, were only recounted in the travel diaries made by some lucky few. Khruangbin represents that and much more: it is a Thai word that precisely means “airplane” and that is the moniker that a Texan band has given itself, merging their love for both Thailand and music. The Khruangbin are three American kids that compose their lyrics in a barn; Laura Lee at the bass, Mark Speer at the guitar and D.J. on drums. They became famous outside of Texan borders mainly thanks to Bonobo and after releasing four EPs and now they seem ready to take off with their debut album called “The Universe Smiles Upon You“, released the 6th of November by Night Time Stories Ltd, one of the sub-labels of LateNightTales. We’ve recently met to know them better, so you can fully enjoy and understand the base behind their first LP.
You’ve often stated that your music takes inspiration from Quentin Tarantino’s movies. Which features of his films you think are the most impressive and the ones that most inspired you?
M: Tarantino uses music to set the tone for his films, and curates diverse and interesting soundtracks–which we find inspiring. Much of the time the music is reminiscent of old Samurai flicks or Spaghetti Westerns. There’s something effortlessly cool and spacious in that music. A Jackie-Pulp-Fiction-Bill sort of sound…. We love all that.
Usually Tarantino doesn’t ask to a particular artist to take care about the soundtrack of his movies. He prefers to choose already released tunes that can be functional to the script. Which of your tracks you think might fit better to one of his movies? At what scene would you associate it?
LL: You’re right. We’d obviously be overwhelmed and honoured by something like that, but we’d let him decide where we’d fit in best. He’d be the man in that situation.
Khruangbin is a Thai word that means “fly engine”: a very unusual name for a band from Texas. Why did you choose this particular name?
LL: We were listening to a lot of Thai music from the 60s and 70s during the creation of the band, which have naturally influenced a lot of our earliest music. Khruangbin means aeroplane, so the name represents the global sphere of influence, and pays tribute to the particular music that inspired the band.
Globally it is possible to can find lots of different kinds of music but the one you feel closest to is 60s Thai funk. How did you discover it? What are the main differences between the Thai funk and the US one?
LL: We feel a connection across many types of music from all over the world. I don’t know if we feel closer to any one kind of music than another, but the Thai funk influence relates to our name and inspiration, so we’ve spoken about it heavily. We discovered it in Thailand, and also more thoroughly through the Monrakplengthai blog, which features various cassettes from Thailand during that time period.
M: I think real funk is real funk; it’s the same in any language, but because the Thai language is a tonal language, their melodies have certain elements that are missing in the West.
Thailand is an amazing land for many reasons: from the naturalistic beauties to the local culture. Besides the music, why did you fall in love with this country?
LL: Well, I think the first thing I fell in love with is the food. Thai food is so specifically Thai. When you travel near bordering countries, you can taste the outside influence, but overall, Thai cuisine is unique and stands on it’s own. It’s the only country in that part of the world that has never been colonized, which I think nurtures a very beautiful and independent culture.
After 2010, when Mark and Laura were invited to tour with Ninja Tune’s YPPAH supporting Bonobo across his American tour, you started to think about your music and your group more seriously. How the influence of Simon Green changed your point of view? Which part of his music inspired you most?
LL: I think the most inspiring part of Simon and Bonobo (especially from touring with them), is to see how he translates his music to the live arena. What sounds already beautiful in his tracks is amplified by seeing it done with a live band, seamlessly weaving instrumentalists and vocalists in and out of the spotlight. It’s brilliantly executed.
Your song “A Calf Born In Winter” was released last year by LateNightTales after being included in Bonobo’s compilation. How this event changed you career?
M: It absolutely started everything. Before that compilation, no one outside of Texas really knew who we were. It got the music to an audience who would enjoy it, and that’s beautiful.
Another important occurrence of your career is the release of your first LP “The Universe Smiles Up On You”. The album includes something completely new: vocals. Why did you decide to introduce this new element to your music?
LL: We wanted to try it out and see what would happen, really. Several people kept asking us if we were going to, and we felt like it was something we needed to try and experiment with. We still kept things mainly instrumental, with a little singing here and there, but we like the new addition.
The new album conveys happy feelings and we can perceive it starting from its title. How much of your personal background we can find in it?
M: It’s about as honestly Khruangbin as it can be. It was created by a team of people who genuinely love the project, and hopefully you can hear that.
i-D declared that your LP is the perfect soundtrack to our dreams, but what are yours from a private and artistic point of view?
LL: I love daydreaming to Lucio Battisti’s “Amarsi Un Po’”.
M: I still love going to sleep listening to Pharoah Sanders “Karma”.
You said you produce your music in a barn. Why did you choose this kind of location? What kind of affection does this place give to what you try to convey within your music?
M: It’s where we first started playing the music that would become Khruangbin. All of our rehearsals were there because it was far out, away from the city. We could be as loud, or as quiet, as we wanted.
LL: When it came time to officially record an album, we discussed at length about where to do it, but ultimately decided the barn was the best place for the project. We’ve recorded everything there, since the beginning. The barn is our home.[/tab]
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