Si è fatto un gran parlare della ondata chill wave, in particolar modo di Toro Y Moi e ancora di più di Washed Out. Volete il nostro personalissimo parere? Pure troppo se n’è parlato. La ricetta è carina: prendi una musica house-e-dintorni da ascolto, rendila un po’ nebbiosa un po’ lo-fi (per evocare l’effetto nostalgia, come se fosse un disco proveniente dalla nostra infanzia), cerca di non disturbare con soluzioni melodiche strane. Un oggetto grazioso, ma non ‘sta roba geniale. Bella in effetti l’idea di rendere la musica sfocata, ok, giochi un po’ col mixaggio e fai della povertà della strumentazione a tua disposizione un punto di forza e non di debolezza, ma appunto: un gioco. Le nuove frontiere in musica sono ben altro. O comunque: non basta avere un’idea carina in testa – bisogna anche essere bravi, tecnicamente bravi nel portarla avanti. Anche quando fai finta di suonare male, o di cantare male, o di registrare male: almeno una delle tre, amici ed amiche, deve essere svolta a modo.
Kindness, alias Adam Bainbridge, sulla carta è un perfetto fighetto mezzo insopportabile: si divide fra Londra e Berlino, fa un po’ il musicista un po’ boh, si butta sulla chill wave tanto apprezzata negli ultimi mesi dagli hipster. Abbastanza da cestinare il suo cd prima ancora di metterlo sul lettore, che dite? Poi per fortuna: metti il cd nel lettore. E: guardi meglio i credits. E’ lì che scopri che di mezzo, come co-produttore, c’è niente di meno che Philippe Zdar. Ora, va detto che Zdar è da tempo prigioniero del suo stesso successo in un determinato settore sonoro della club culture (nu rave?, nu electro?, come lo vogliamo chiamare?), cosa che sta rendendo i suoi dj set ma anche le sue produzioni sempre più crowdpleasing e sempre meno interessanti. Per lui lavorare a questo disco di Bainbridge deve essere stato il migliore degli sfoghi: ha avuto carta bianca nel tirare fuori tutte le sue passioni più vintage (i richiami disco, black e afro, l’eleganza di certo white soul anni ’80) e nello spalmarle a piacimento. Zero necessità di lavorare per il suo attuale pubblico di riferimento e di asseconda quel tipo di gusto lì.
Kindness è diventato così una interessante tavolozza su cui spremere il valore aggiunto della sua conoscenza musicale, che c’è ed è enorme e resta ultimamente nascosta quando deve fare o suonare le hit attuali. L’impronta di base di “World, You Need A Change Of Mind” quindi è rimasta quella chill wave di cui sopra, perché questo Bainbridge sa fare e non altro, ma grazie all’intelligentissimo lavoro di co-produzione se ne sono tenuti alla fine solo i lati positivi (la stranezza di fondo, la lunare svagatezza da cameretta del cantato e delle esecuzioni). Le innervature che rimandano a Nile Rodgers per il pop-funk anni ’80 da un lato e allo spirito di Walter Gibbons e Larry Levan per visionarietà dall’altro (la New York dove la club culture nasce!) danno infatti decisamente una marcia in più al risultato finale. Ok, non c’eravamo negli studi, non sappiamo quanto sia farina del sacco di Kindness e quanto invece di Zdar, ma ciò che conta è che finalmente abbiamo fra la mani un disco che, pur essendo da infilare nel filone chill wave, convince davvero. Convince anche se non si è dei modaioli che vogliono applaudire all’ultima tendenza slavata per poi dimenticarla cinque minuti dopo, al piombare della prossima moda. E ce ne sono, oh se ce ne sono.