Dalle 22 alle 5 del mattino, tutto in una sera: una serata però speciale sotto molti punti di vista. Col bellissimo motivo del festeggiare il compleanno del grande Frankie Knuckles (il 18 gennaio avrebbe compiuto 62 anni) e al tempo stesso il Martin Luther King Jr. Day, allo Space Ibiza New York si sono alternati in consolle qualche giorno fa tre pilastri della storia della musica house: David Morales, Louie Vega e Tony Humphries, accompagnati dalle apparizioni di Satoshi Tomiie nell’inedita versione di pianista nell’eseguire un solo brano, “Tears”, nella versione Instrumental, e poi dalle meravigliose performance di Bebe Winans e Leroy Burgess.
E’ difficile raccontare quando si tratta di sentimenti, sensazioni ed esperienze vissute, ma voglio fare del tutto per farvi sentire in pista e rivivere quei momenti. Poi ditemi voi, a fine articolo, se ce l’ho fatta o meno.
Prima di tutto, a parte la musica e le esibizioni di cui parlerò a breve, quello che voglio sottolineare è che qui a New York City nei locali ad impronta house non esiste la “selezione all’ingresso”: si va a ballare per l’amore della musica, per celebrare la musica, per la passione e la fratellanza creata proprio nel tempo da questo filone musicale. Quindi: non importa il taglio di capelli, il loro colore, se si indossa il cappello o se hai il gel fin sotto le ascelle; non importa se si indossa una tuta, scarpe da ginnastica, canotta o occhiale da sole; importa invece quanto balli (ragazzi miei qua si balla per ore senza pause, e se non balli sei lo sfigato di turno, sappilo!). Poche chiacchiere insomma: siete usciti per andare a ballare, no?, e ballare è quello che farete tutta la notte. Portatevi tanti sorrisi, portatevi un asciugamano per il sudore, portatevi la passione che dite di avere perché qua si studia storia dell’house music: età media 45 anni o più, tante maglie del Paradise Garage e dello Studio 54 – perché la storia è stata fatta a NYC e stasera c’è il ricordo dei bei tempi che furono, c’è la gioia di vivere, di godersi la musica ed amarsi. Portatevi anche il portafogli, una birra costa almeno 9 dollari.
Torniamo alla musica, al focus della nottata, e ai disc-jockeys. I pilastri della storia della musica house. Louie, inizia dalle 22, la pista è quasi piena (avete letto bene: la pista alle 22 è quasi piena, il locale ha appena aperto e Louie Vega è già in consolle, capito Italia?) e via con l’house music per almeno un ora e mezza. La gente balla, canta, suda, si respira aria di Paradise Garage, sullo schermo dietro Louie passano le foto di Frankie Knuckles, di Martin Luther King Jr e il logo di Kings of House NYC. Louie seleziona principalmente “Vocal version” di ogni traccia, una fra tutte “Shake Your Body” di Jeanette Thomas:
E’ il turno di Tony Humphries (che per l’aspetto e la selezione ricorda proprio Frankie Knuckles) senza nessuna pausa, solo un passaggio di dischi, un mix perfetto e via con un’altra ora e mezza di pura house music. Mr. Humphries non sbaglia, Tony balla, Tony sa il disco che New York sta aspettando, “Somethin Wit Jazz (Dario D’Attis Remix)”, di Mr. V:
La pista è in delirio, si creano i primi cerchi intorno a gruppetti di singoli ballerini che dimostrano tutto il loro talento. Compare David Morales in consolle ma non è ancora il suo turno; c’è Vega ancora una volta, che però mette solo le basi per far cantare gli amici di una vita: Leroy Burgess prima e Bebe Winans (accompagnato del suo coro) dopo. Lo show nello show: microfono, speeches di ringraziamenti per Frankie, per l’house music, per la gente presente ed ancora per Vega.
Immaginatevi Leroy Burgess in completo grigio con abbinata camicia rossa, completamente bagnato di sudore dall’emozione e dalla felicità nel cantare “Mainline” con i suoi compagni del gruppo Black Ivory:
E tutti a cantare a squarciagola insieme a loro, TUTTI!
E’ il turno poi di Bebe Winans con il suo bravissimo coro che tra pantaloni di pelle, vestiti neri e voci gospel, ci regala il bis da brividi di “Thank You”:
Ancora Vega, con “Someday” di Ce Ce Rogers prima e “Ain’t No Mountain High Enough” di Inner Life poi, disco con il quale passa il testimone all’amico Morales che tra un pezzo recente ed uno del passato (stranamente con t-shirt e felpa) anima la pista con la sua energia.
Dopo sei ore il locale è completamente pieno, ma non da non poter respirare. I dischi girano, la gente sorride e continua a ballare, la metro è aperta 24/7 nella città che non dorme mai. E’ sabato notte, NYC non dimentica la sue origini e Frankie sa che siamo tutti là per festeggiarlo, così come Martin Luther King Jr. Applausi scroscianti. La serata volge al termine, ad un certo punto. Applausi, ancora applausi. Poi tutti a casa.
Ma la musica rimane per sempre, così come il ricordo di chi c’era e non c’è più.
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