All good things come to an end: questo ci eravamo detti qualche anno fa per digerire la fine di Sandwell District e forse a ragione, data l’inestimabile influenza che il progetto di Function (David Sumner), Regis (Karl O’Connor), Silent Servant (Juan Mendez) e Female (Peter Sutton) continua ad esercitare su gran parte della scena techno, forse proprio grazie ad un’estetica espressa con determinazione in pochi anni e non diluita nel tempo. All good things come to an end: ci ritroviamo a dirlo ancora, stavolta in seguito all’annuncio della fine dell’era Jealous God dato dal label boss Juan Mendez un paio di settimane fa, senza spiegazioni più precise.
L’etichetta, sorta sulle ceneri di Sandwell District nel 2013, nacque come progetto satellite di Downwards, gestito in primis da Karl O’Connor, con Juan Mendez e James Ruskin coinvolti rispettivamente come visual e music director. Il manifesto che accompagnava la fondazione di Jealous God ne introduceva il concept: “we are not here to advocate religion but rather to advocate visual symbolism […] Jealous God is intended for the mutants of our age” e fu subito chiaro che non si trattasse di una debole eco dei progetti che l’avevano preceduta. I primi due EP, uno split Silent Servant/Svreca e un solo di Ruskin, sembrarono però contraddire queste ambiziose intenzioni, presentandosi come DJ tools ben prodotti ma lontani dall’originalità e dallo spirito innovativo e insieme naive dichiarati nel manifesto: solo gli artwork e gli splendidi mix CD (ad opera di Irazu e Moopie) lasciavano presagire che quello spirito non avrebbe tardato a concretizzarsi. È infatti la terza release targata Broken English Club a dare via al match unico di sound e aspetti visuali che segnerà tutta la successiva discografia della label: da un lato l’ossessione per le sonorità EBM, industrial e post-punk, dall’altro un delizioso immaginario sapientemente kitsch che mescola sacro e profano, rosari e tirapugni, statue di angeli e calze a rete, volti di madonne e rossetti rosso lacca.
Progressivamente la gestione dell’etichetta passa unicamente nelle mani di Juan Mendez e sono sue le scelte – mai scontate – che conducono in casa JG alcuni dei nomi più interessanti di tutto quel mondo un po’ eighties-nostalgic di cui egli stesso fa parte: il leggendario Laurent Prot di In Aeternam Vale (che abbiamo da poco intervistato), Lili Schulder aka 51717, artista newyorkese metà del duo Shadowlust, Terrence Fixmer e Alexey Volkov (artista russo affiliato della Planete Rouge dello stesso Fixmer), il duo noise danese Damien Dubrovnik appartenente al collettivo Posh Isolation, il newyorkese Phase Fatale, il parigino December e l’italiano Domenico Crisci. In ogni uscita gli artisti danno il loro personalissimo contributo alla definizione del sound Jealous God, rafforzato in modo non trascurabile dai mixati che accompagnano ogni release fino alla nona, raffinate selezioni curate da nomi un po’ off the radar, accuratamente selezionati da Mr Mendez. E per soddisfare anche i feticisti della collezione, i dischi sono spesso corredati da oggetti, inserti e artzine in edizione limitata.
Come dicevamo però ogni cosa bella ha una fine: Juan Mendez ha comunicato la conclusione del progetto Jealous God con buona pace dei suoi affezionati. Ci sono però due cose che renderanno meno amara questa fine: innanzitutto la programmazione delle prossime uscite della label, prima della chiusura definitiva, con il ritorno di Phase Fatale, Broken English Club e Alexey Volkov, i debutti di Champagne Mirrors, Black Merlin, Alessandro Adriani, Beau Wanzer e Pye Corner Audio e infine Silent Servant che firmerà l’ultima release; e last but not least lo showcase Jealous God intitolato “Optimistic Decay” che si terrà all’Atonal il 26 agosto.
Nell’attesa abbiamo selezionato dieci tracce, dieci sfaccettature dell’estetica dell’enjoyable punishment che Jealous God ha declinato nel suo breve ma intenso percorso.