Certe volte perdiamo di vista quali sono gli aspetti più belli del fare clubbing, soprattutto fra addetti ai lavori. Oggi spesso c’è il cinismo di chi tutto sa, tutto fa e tutto conosce; di chi accetta che alcune dinamiche siano immutabili e di chi vuole andare sempre e solo su strade (apparentemente) sicure. Ma i veri passi avanti, il vero fuoco della passione lo trovi quando provi a prenderti dei rischi, quando ti butti, quando provi ad immaginare l’inimmaginabile – e lo fai insieme ad una cerchia di amici, di persone bruciate dalla sua stessa passione e dalla voglia di fare gruppo. “Clubbing”, infatti, in origine è questo. Tutto il resto viene dopo. Ecco: da questo punto di vista, la storia di Ribbon – prima crew, poi locale & serata techno fra le più qualitative di sempre in Italia – è esemplare e bellissima.
Purtroppo siamo qua per un annuncio: Ribbon, come club, per come e per dove l’abbiamo conosciuto finora, non c’è più. Si chiude un’era. E noi siamo qua per celebrarla: perché davvero poche altre realtà d’Italia sono state altrettanto meritevoli nel costruire, seminare, diffondere, il tutto non in una metropoli ma a Terracina, nel Laziale, in una zona dove l’onda lunga romana di certo non arriva e dove sarebbe stato – ed è – molto più facile abbandonarsi al facile, al commerciale.
Beh: col cazzo che Ribbon l’ha fatto. In dieci anni di storia – una settimana fa cadeva infatti il decennale – è riuscito a fare l’impensabile, con tanto di festival da 5000 persone o escursioni “in città” (vedi le serate al Rashomon romano), il tutto mantenendo sempre la barra drittissima dal punto di vista artistico. Difficoltà doppie, ma soddisfazione decupla. Per celebrare la fine di questo capitolo, abbiamo chiesto loro una serie di flash, di ricordi, di “cartoline mnemoniche”: ne è venuto fuori un ritratto bellissimo, se lo leggete probabilmente capiterà anche a voi di respirare l’aria della passione nella sua forma più pura, così come vi capiterà di provare il brivido di chi si butta nell’ignoto e nel rischio solo perché ci crede, solo per amore.
Si chiude un’era, sì. Ma forse sarebbe più giusto dire che si chiude un capitolo. Siamo infatti convinti che la unit creativa a nome Ribbon è ben lontana dal deporre le armi: oltre alle sortite in ambito discografico o sotto forma di podcast – che non mancheranno, qui ad esempio trovate una serie assoluta di tesori – non saremmo per nulla sorpresi a dover annunciare a breve significative novità. Ora però è il momento di celebrarsi, di celebrare la strada fatta in un decennio: se lo meritano. Se lo meritano tantissimo. E tutta la comunità della club culture italiana dovrebbe stringersi attorno a “cellule di vita, passione e cultura” come Ribbon.
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“Trovare, ricordare momenti indimenticabili di questi quasi dieci anni non è facile. Il Ribbon è stato qualcosa di più di un club: il Ribbon è un vero miracolo, qualcosa di indescrivibile. Ribbon era una famiglia, un gruppo, un clan che viaggiava sulle stesse note. Sognavamo. Il Ribbon è stata pura energia, amore e connessione. Abbiamo messo Terracina sulla mappa ovunque, e non solo in Italia. Chiaro: come tutte le passioni, il Ribbon è stato sia gioia che sofferenza. Abbiamo ospitato nell’arco di quasi un decennio più o meno 300 artisti internazionali. Una cosa è certa: esperienza di questo tipo capitano poche volte nella vita. E’ stata questione del momento giusto con le persone giuste: avevamo una voglia pazzesca di musica, di un mondo tutto nostro. All’improvviso non c’era più bisogno di andare in trasferta per ascoltare i grandi artisti, quelli che amiamo di più: c’era il Ribbon. E’ davvero difficile spiegare queste emozioni…”
“Partiamo dalle basi. Dopo anni e anni di buio totale nella nostra zona, dopo le varie chiusure di posti come lo Zen Disco o il Giona Club, c’era bisogno di “rehabilitare” il nostro territorio. Le crew Rehab e Belli Freski decidono di unirsi: dopo una stagione invernale presso La Scuderia Club, con già ospiti come Fabrizio Maurizi, Raresh, Santos, Danilo Vigorito e molti altri, arrivò una chiamata inaspettata. “Ciao, sono Patrizio Palmacci, la prossima stagione non prendete impegni. Comincia a trovare il nome per il vostro club”. Eravamo increduli”
“26 novembre 2011: l’inizio della nostra avventura. L’inizio di un sogno. Avevamo una casa, e l’abbiamo avuta per nove anni e passa assolutamente indimenticabili. All’inizio le varie agenzie non ci stavano dando granché fiducia, e allora tanto per cominciare abbiamo voluto fare da noi: chiudemmo il live set degli Elektro Guzzi. Ancora oggi, se ci pensate, una mossa assurda rischiosissima per un club: iniziare con un live, un live vero, basso, chitarra, batteria, per quanto profondamente techno. Assurdo. Ma eravamo spensierati, sfrontati; e al tempo stesso eravamo parecchio consapevoli dei nostri gusti, delle nostre passioni, delle nostre conoscenze”
(Videoreperti storici: Elektro Guzzi al Ribbon; continua sotto)
“Di momenti incredibili ne abbiamo avuto tanti, tantissimi. Fotogrammi indelebili nella memoria. Ad esempio: l’ingresso di Robert Hood nel nostro club, con la sua tuta da “meccanico spaziale” d’altri mondi. Uno dei più grandi maestri di Detroit nella nostra Terracina: se ci ripensiamo, ancora oggi ci sembra incredibile”.
“O ancora: lo showcase Border Community, con James Holden e Luke Abbott. Una data che avevamo desiderato tantissimo, un sogno che si avverava. Capite? James Holden al Ribbon. Vi rendete conto?!”
“Nel 2012 ospitammo, per una preview, Ben Klock. Si trovò così bene che volle tornare assolutamente per la chiusura, nella stessa stagione. Già averlo una volta era per noi un traguardo eccezionale, averlo due volte – e per sua volontà – era una soddisfazione pazzesca” “Ma vogliamo parlare del nostro primo Capodanno? Sapete chi c’era in line up? Francesco Tristano e Nina Kraviz. Bisogna aggiungere altro?”
(Robert Hood al Ribbon, anno 2014; continua sotto)
“Passate i primi tre anni, ci siamo resi conto che era il momento di fare un investimento serio: un impianto audio di altissimo livello. Tramite un nostro caro amico, Alessandro Rea, comprammo un Loud Professional. Beh: fu amore e grande intesa a prima vista. Per il nostro club, era semplicemente perfetto. Impossibile immaginare di meglio: da un lato una pressione sonora fortissima, dall’altro comunque grande qualità. Da quel momento l’alleanza tra Ribbon e Loud Professional, a partire dal boss Valerio Cherubini, diventa indissolubile”
“Ribbon non è mai stato questione di singoli, di individualità. Ribbon non era solo Dave, Fabiana, Davide, Mario. Ribbon era casa ed era famiglia per tutte le persone che negli anni ci hanno supportato – e l’hanno fatto senza scopi ben precisi e tornaconti personali. Siamo stati un gruppo eccezionale. Rivoluzionari, e romantici. Inutile fare troppi ringraziamenti ad personam: chi sa, sa”
(Pure la reginetta Ellen Allien non mancò di fare visita; continua sotto)
“Un altro dei miracoli incredibili di Ribbon fu a Natale 2012. Volevamo fare la serata, ma essendo una data quell’anno richiestissima sembravano non esserci artisti disponibili: c’era tanta concorrenza, all’epoca, e cercavano un po’ di frenarci, di farci terra bruciata attorno. Per dire, in un locale a pochi chilometri da noi c’era un artista super; noi eravamo pronti a tutto, avremmo anche corso il rischio di fare un Carl Cox, ma niente, nulla da fare. In extremis ci sentimmo con Genny Mosca: Markantonio per una serie di casualità era ancora libero. Bene: di quella serata ci sarebbero mille dettagli da ricordare, ma basta vedere come – da quell’anno in poi – avere Markantonio a Ribbon per Natale è diventata tradizione, è diventata una regola”
(Celebrate il Natale con Markantonio! Continua sotto)
“Un altro momento indimenticabile sono tutte le serate con DVS1, in particolar modo la prima. Ancora adesso è impresso nella nostra memoria il disco con cui chiuse la serata”
“Che dire poi di Raffaele Attanasio: la prima volta che lo facemmo fu addirittura a Sperlonga, a Valle Corsari. Facevamo i venerdì in uno spazio microscopico, una specie di giardinetto che avevamo trasformato in mini-club. Oggi vederlo uscire sulla label di Jeff Mills è una soddisfazione enorme. Così come è enorme la soddisfazione per ogni traguardo dai raggiunti in cui abbiamo creduto profondamente fin da subito, penso ad esempio anche a Z.i.p.p.o. o Mattia Trani”
“Un altro momento intenso fu quando ci ritrovammo col club forzatamente chiuso per svariati mesi, e spostammo la programmazione a Roma, al Rashomon. Ricordo la Pasquetta con Joe Farr, Ancient Methods, il live di Sleeparchive, Sunil Sharpe, Violet Poison. Una line up, vista con gli occhi di oggi, assolutamente super; all’epoca forse non ce ne rendemmo nemmeno conto, di cosa avevamo messo in piedi. Ma l’energia dei 700 ribboniani che vennero a supportarci vale più di qualsiasi giudizio e spiegazione”
“Dal nostro lavoro nacqua anche un festival, Blast. Cinquemila persone allo Stadio Colavolpe di Terracina. In line up Liebing, Capriati, Markantonio, Tommy Four Seven e tanti altri. Quello che non tutti sanno è che il giorno prima del festival la Commissione di Vigilanza ci bocciò per una serie di cavilli la richiesta di agibilità, con tanto di sigilli alla venue. Furono direttamente l’amministrazione locale e la forza pubblica di polizia a consentirci di svolgere la serata, tale era la passione e la pressione delle persone che erano venute e trovarci. Ci sono tantissimi ricordi su quell’esperienza, nei nostri archivi”
(Un momento del set di Tommy Four Seven; continua sotto)
“Il martedì verrà da noi ricordato quasi come il giorno della Santa Messa: era il giorno della settimana in cui ci trovavamo per preparare la serata successiva in arrivo. Il massimo dell’attenzione era speso su ogni singolo dettaglio”
“Non abbiamo mai seguito mode. Anche per questo, siamo riusciti a fare artisti diventati poi enormi, famosissimi. Una cosa era certa: se potevamo osare, osavamo”
Ribbon Club Culture: da parte nostra di Soundwall, ma non solo nostra, GRAZIE. E sì: siamo sicuri che non è finita qui. No, non è finita qui.