Ne abbiamo già parlato, torneremo a parlarne; anzi, ne parleremo finché il problema non è risolto. Perché è una vergogna. E’ una vergogna che ancora se ne debba parlare, è una vergogna che ancora non ci sia stata una riforma sensata e condivisa con tutte le persone che operano sul campo. Già: quando parliamo di “legge fascista” non stiamo facendo propaganda di sinistra, non stiamo usando un linguaggio da centro sociale in corteo, no, nossignori. Stiamo semplicemente descrivendo quella che è una realtà tecnica: Il TULPS, Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, è stato promulgato durante il Ventennio fascista e sì, ne rispecchia anche un certo modo di vedere la società. Fra i suoi articoli, ecco il famigerato articolo 100:
Oltre i casi indicati dalla legge, il questore può sospendere la licenza di un esercizio, anche di vicinato, nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini.
Qualora si ripetano i fatti che hanno determinata la sospensione, la licenza può essere revocata.
Articolo che viene usato dalle questure d’Italia in maniera spesso arbitraria e decisamente come una clava. Quest’anno abbiamo avuto già le chiusure del Tenax e dell’Area City, l’ultimo nome grosso è quello del Piper. Ma a Giancarlo Bornigia, promoter della notte che non ha bisogno di presentazioni per chi un minimo mastica di storia del divertimento notturno in Italia, è finita la pazienza e si è armata – a ragione – la voglia di mettere i puntini sulle “i”. Ha prodotto infatti questo post, di cui qui riportiamo alcuni punti salienti:
Nella giornata di ieri, come già noto a tutti i media ancor prima del nostro locale, i Carabinieri della Stazione Parioli ci hanno notificato un’ordinanza di chiusura emessa dal Questore di Roma, per 4 giorni, a seguito di alcuni episodi di violenza e inciviltà provocati da terzi all’interno o nelle adiacenze dell’ingresso del club, sito nel quartiere Coppedè, dal dicembre 2021.
Il locale Piper Club in tutta questa storia si dichiara vittima di un sistema di norme antiquato, risalente al 1936, fatte in pieno regime fascista, che non sono più attuali e non risolvono i problemi di ordine e sicurezza pubblica, principi ai quali il legislatore del tempo si era ispirato. Inoltre, il Piper, è vittima in questo momento di un attacco mediatico da parte di alcuni giornalisti perché sfruttano la notorietà del club per fare click inserendo notizie spesso false e tendenziose per le quali assumeremo ogni idonea iniziativa prevista dalla legge a tutela del buon nome del locale, della sua attività e dei suoi collaboratori.
Usando un termine calcistico, difendere la porta del Piper, è un caso impossibile con le attuali leggi in vigore dal 1936. Le regole cardine stabilite delle norme, sono che in un locale aperto al pubblico non è possibile fare selezione all’ingresso. Questo principio comporta che il gestore del locale non è in grado di selezionare la propria clientela e di conseguenza se persone con brutte intenzioni si avvicinano al locale e vogliono entrare non abbiamo gli strumenti legali per respingerli. Il secondo problema che abbiamo, è che le stesse norme di pubblica sicurezza non permettono agli addetti al controllo delle agenzie, con le quali collaboriamo, di intervenire per sedare il comportamento scorretto degli avventori maleducati. Infatti le norme prevedono che solo la polizia possa intervenire per mettere fine ad una eventuale diatriba tra avventori. Terzo aspetto, le norme impongono al gestore di chiamare le forze dell’ordine che a quel punto intervengo, ma generalmente a fatti già conclusi, ovvero quando il danno è stato già fatto. E per questo motivo le autorità di pubblica sicurezza sanzionano il locale con l’ordinanza di chiusura: come si suol dire “Cornuti e Mazziati”!.
Non ci vuole molto a capire che, così stando le norme, non è possibile immaginare una collaborazione fattiva da parte dei gestori che non hanno alcun strumento per tutelare la sicurezza nei propri locali e per di più se si autodenunciano vengono sanzionati con multe salate, chiusure per diversi giorni e, se non addirittura, la revoca della licenza.
Prosegue Bornigia:
Bene allora cosa si può fare per gestire la sicurezza nelle discoteche?
Il Piper Club già dal 2018 ha iniziato un progetto virtuoso per migliorare la sicurezza nei propri locali. In breve, ha sottoscritto un protocollo con la Prefettura di Roma che ci impegna a mettere in piedi una serie di iniziative per ridurre il rischio di incidenti e per controllare cosa accade nel locale. Tra queste iniziative ricordiamo le principali che sono: 1) l’installazione di telecamere all’interno del locale; 2) l’utilizzo di agenzie esterne e addetti al controllo selezionati dalla Prefettura con patentino rilasciato dalle autorità a seguito di corsi di abilitazione riguardanti le tematiche legate ai rischi che si manifestano nei locali; 3) Attua un controllo all’ingresso per vietare l’accesso al locale di minorenni ai quali comunque è vietata la somministrazione di bevande alcoliche per policy aziendale; 4) Collabora quotidianamente con le forze dell’ordine e di emergenza segnalando ogni evento a rischio e aiutando le autorità a svolgere qualsiasi indagine si rendesse necessaria.
Questo protocollo è stato sottoscritto nuovamente nel 2022 a seguito di alcune modifiche che sono state introdotte dalla Prefettura per attualizzare il documento alle tematiche Covid e all’abuso di sostanze alcoliche da parte dei giovani.
A questo punto, quando un locale dimostra con i fatti che ha avviato un percorso di collaborazione e partenariato con le istituzioni, nonostante tutte le difficoltà che incontra a gestire centinaia di eventi l’anno, oggi si viene a contestare, al Piper Club, che ci sono stati 5 episodi di violenza all’interno del locale causati, non dal comportamento del proprio Staff, ma da terzi clienti o addetti esterni.
Il Piper Club è un’attività economica, e come ogni attività economica ha anche una funzione sociale. Impiega circa 80 dipendenti nelle varie mansioni necessarie per l’organizzazione delle serate tutti regolarmente assunti. Offre lavoro a giovani per pagarsi gli studi universitari e a persone con un’età ormai adulta che magari hanno avuto difficoltà a trovare un lavoro alternativo. Genera un indotto commerciale non indifferente in diversi settori produttivi tra cui il turismo, il food and beverage e il mercato musicale. Non da ultimo il locale continua ad essere fucina di giovani talenti che oggi non si chiamano Pink Floyd o Patty Pravo ma che con le loro doti artistiche diventano dj di fama internazionale o cantanti rap. Molti nomi noti che ascoltiamo quotidianamente in radio sono passati o addirittura cresciuti nel nostro locale. Abbiamo 57 anni di storia.
Infine vogliamo spendere un’ultima parola in merito all’episodio del 28 aprile, che ha visto un ragazzo essere colpito da un addetto al controllo all’interno del nostro locale. Chiediamo infatti di incontrare la famiglia per capire meglio cosa sia successo quella sera e per permetterci di individuare le iniziative migliori affinché fatti di questo genere non accadano più.
A noi pare tutto molto chiaro e preciso. A parte la questione del 28 aprile, su cui appunto andrebbero approfonditi i fatti (qui un articolo, un po’ discutibile nei toni, dell’edizione romana del Corriere), gli interrogativi sollevati sono pesanti. E l’arbitrarietà dei comportamenti delle questure di tutta Italia che si fanno scudo dell’articolo 100 per decidere chi chiudere e chi no in maniera completamente arbitraria (esattamente come visto per L’Area City – vedi qua – anche quanto successo al Tenax tra l’altro due volte in pochi mesi è ai limite del surreale: una volta perché ci sono stati problemi nelle vie adiacenti, un’altra volta perché una ragazza è riuscita ad entrare falsificando i documenti tra carta d’identità e Green Pass e ha ben visto di inciucchirsi pesantamente, con lo staff del club che per la salute stessa della ragazza ha chiamato un’ambulanza) è qualcosa che non è (più) degno di un paese civile e moderno.
Infatti, guarda caso, non siamo più nel Ventennio.
Ora che non siamo più in emergenza-Covid, che non è più questione di chi fa il furbo e chi no, chi apre e chi chiude, chi controlla le mascherine e chi no, vediamo di tornare su questioni fondamentali. Una riforma, anzi, una riscrittura dell’articolo 100 e in generale dell’impianto legislativo riguardo all’ordine pubblico e della sicurezza delle discoteche è oggi semplicemente una priorità: perché è cambiata la società, è cambiato il pubblico, sono cambiate le discoteche.