Tanto le cose vanno a cicli. Chi ha un minimo di esperienza (e di passione per il genere), sa che ci sono delle fasi in cui pare che l’hip hop sia sul punto di prendersi il mondo in una marcia inarrestabile; poi, però, regolarmente, arriva il riflusso. L’euforia si spegne, l’attenzione del grande pubblico – volatile per definizione – si sposta da altre parti, ciò che prima era figo e di moda diventa in un amen irrilevante e un po’ fuori luogo. Ci sono due differenze rispetto al passato: ora comunque, dopo tutti questi anni, l’alfabeto del rap è molto più patrimonio comune e meno “stranezza esotica” alla “Yo!” di Jovanotti; ma soprattutto, il rap italiano, “superando a destra” per certi versi il modello americano, si è fatto veramente paraculissimo e pur di restare nelle vette del pop non si fa problemi a mettere la cassa dritta commerciale, o sapori reggaeton, featuring del pop nazionale più liso e nazionalpopolare. Una malattia, quest’ultima, che ha contagiato pesantemente anche l’ultima generazione, quella della trap. Che è emersa con un linguaggio suo, nuovo per l’Italia (e questo è un gran merito), ma in certi casi si è più dedicata a bearsi dei suoi numeri e della sua instant-popolarità che ad altro.
Ma tutte le cose vanno a cicli, appunto. Sono le leggi del pop, le leggi delle mode. Ma per chi crede ancora che l’hip hop sia una musica, una cultura, uno sguardo sulle cose che è diverso o addirittura antitetico al pop e alle mode, ci sono pochi “porti sicuri”. Uno, sicurissimo e bellissimo, lo si avrà in questo weekend: venerdì 13 settembre a Milano, e domenica 15 settembre a Roma. Ovvero, Propaganda Festival. Propaganda: ovvero la “unit creativa” (etichetta, management, poi anche marchio d’abbigliamento di successo nascendo da qui e pure punto di riferimento per il tattooing nazionale) che ha da sempre Noyz Narcos come punta di diamante.
Ma non è questione della fama o bravura di Noyz (peraltro, al di sopra di ogni sospetto entrambe): il punto è che negli anni tutto ciò che è stato Propaganda è sempre stato profondamente hip hop nell’attitudine. Lo è stato nel modo di nascere, lo è stato nel modo di consolidarsi sempre fedelmente all’interno della scena, lo è stato nel modo di porsi all’esterno (senza mai rinunciare alla propria identità e ai propri valori fondanti), lo è stato anche nell’espandersi e diventare “adulto”, perché lo ha fatto senza mai rincorrere la moda del momento ma seguendo un proprio percorso ben preciso. Che poi è un discorso che si potrebbe applicare a praticamente tutti gli ospiti in cartellone. Fateci fare soprattutto una sottolineatura musicale sui quattro ospiti fissi a livello di deejaying/producing: The Night Skinny, Sine One, Gengis e TY1. Tutta gente che ha sempre cercato di avanzare i confini ed alzare l’asticella, nell’hip hop, rifiutandosi di stare comodi nella “moda del momento” all’interno della scena; ma anche gente che non ha assolutamente mai voluto flirtare a corpo morto col pop, gente che non ha mai pensato di addomesticare il proprio suono per renderlo più potabile ai grandi numeri – quei grandi numeri (play di YouTube, stream di Spotify) che sono davvero troppo diventati una ossessione per il rap italico. Ossessione cancerogena, se chiedete a noi.
Insomma, questo weekend tra Roma e Milano succede qualcosa di prezioso. Succede che ci saranno ottimi live (da non perdere ad esempio la presenza di Speranza a Milano), ma soprattutto succede che si celebra una cultura, un’attitudine. Qualcosa insomma che non rientra nel cappello delle mode. Quelle vanno e vengono. Le cose importanti, restano.