Il report ufficiale lo potete trovare qui. Ma la febbre da Europei non poteva non contagiarci, anche nel tirare le somme di chi ha suonato bene e chi meno in questo Sonar 2016. Ecco che quindi abbiamo provato a raccontare il festival immaginandoci una squadra di calcio (undici titolari, tre cambi dalla panchina a partita in corso per sostituire chi non stava rendendo quanto dovuto): come sempre succede, in una squadra non sempre si è tutti fuoriclasse e non sempre tutti si è al top, ma quella del Sonar di quest’anno è – anche senza aver stupito con effetti speciali – un team che il risultato lo ha portato a casa. Ecco come, ecco grazie a chi…
LAURENT GARNIER
Il portiere. Il capitano. Il leader carismatico. Quello che al momento giusto ha il tocco da campione che ti dà, semplicemente, la vittoria. Perché proprio quando pensi “Beh, è stato un buon Sónar, ma nulla di indimenticabile” lui, in extremis, l’ultima notte, ti pianta un set pazzesco, e mica solo per le 7 ore. Niente voli inutili, niente parate plastiche: molta essenza, una set list che a leggerla pare quasi noiosa e prevedibile, ma suonata da lui diventa goduria e classe a livelli quasi iper-umani. Fuoriclasse totale ed assoluto. Anche dopo tutti questi anni, i ventenni/trentenni rampanti devono ancora imparare da lui, oh se devono farlo. – Damir Ivic
KODE9
Che Steve Goodmann sia il primo della classe è fuori di dubbio. Il lavoro di ricerca sui suoni Uk-post-tutto che porta avanti con la sua etichetta “Hyperdub” è importantissima e lo è anche la sua discografia personale, seppur l’impressione è che il suo ultimo disco “Nothing” (il primo senza il sodale storico The Spaceape venuto a mancare a fine 2014) sia meno a fuoco dei due illustri precedenti “Memories Of The Future” e “Black Sun”. Dal vivo invece suona tutto inappuntabile ed il ritmo è trascinante. Peccato solo per la controparte visiva davvero orrenda (crediamo fosse volutamente orrenda). Brutto da vedere, top player nella performance! – Maurizio Narciso
KING MIDAS SOUND + FENNESZ
Non sempre i talenti provenienti da squadre diverse fatti giocare assieme funzionano. Questo tra King Midas Sound (Kevin “The Bug” Martin e la voce di Roger Robinson, solitamente dediti ad un’affascinante dub-soul futurista) e Fennesz (campione austriaco dell’ambient-drone-glitch) invece è un tandem perfetto! Ne viene fuori una sorta di trip-hop dalle basi glaciali, quando è presente la voce, mentre gli strumentali sono episodi ipnotici di downtempo al rallentatore. Esperimenti di cuore e di testa che dal vivo ci hanno tenuti incollati alla barricata. Fenomeni. – Maurizio Narciso
ATA KAK
Se c’è una cosa che sul palco principale del Sònar de Dia ha sempre funzionato è la presa bene, soprattutto se a base di funk e ritmi non eccessivamente sostenuti, per sculettare rilassati sotto il solleone barcellonese. Ata Kak ha fatto un live pieno di allegria ma anche molto raffinato, a cavallo tra i ritmi africani e il funk e il soul “nostri”: guarda caso, ha funzionato alla perfezione e ha trasformato il SonarVillage in una grande festa. Il classico motorino di centrocampo. – Mattia Tommasone
ONEOHTRIX POINT NEVER
II suo ultimo album “Garden Of Delete” è uno di quei lavori che non si piega al gioco contemporaneo dell’usa(ascolta) e getta e che a distanza di più di un anno dall’uscita suona ancora terribilmente alieno e affascinante, sospeso com’è tra IDM, speedcore e musique concrète. Sulla carta è una sfida già vinta, eppure in campo non riesce ad esprimere appieno le sue potenzialità. Performance incolore che nel migliore dei casi ricalca le soluzioni, per quanto perfette, che sono su disco, ma senza trasporto né guizzi di sorta. Un fuoriclasse a mezzo servizio. – Maurizio Narciso
DANNY L HARLE (dal 46′) > È vero, durante il suo set c’è stato più di un naso arricciato, anche all’interno del nostro gruppo, ma a nostro avviso Danny L Harle (e la PC Music in generale) è stata una delle cose “più Sònar” mai viste: il talento e la creatività con cui prende il pop, lo disseziona e lo riassembla per crearne qualcosa di completamente diverso, senza prendersi troppo sul serio, è la summa di gran parte delle lineup che abbiamo visto a Barcellona nel corso degli anni, come anche la capacità di spiazzare il pubblico, non necessariamente in positivo. Per chi lo ha apprezzato, però, è stato uno dei momenti migliori del weekend. Uno di quei fantastisti che dividono la critica, insomma. Ma che a furia di invenzioni bislacche ti fanno vincere la partita. – Mattia Tommasone
FATBOY SLIM
Non è più il campione di un tempo? Non è più il campione di un tempo. La vecchia ed acrobatica visionarietà è stata rimpiazzata da un fragoroso fracasse più fumo che arrosto? Beh, sì. Ma per quanto ormai l’ispirazione dei tempi d’oro sia andata, Fatboy Slim il suo contributo alla fine lo riesce sempre a dare. Lo piazzi in mediana a far legna e a far qualche veronica ogni tanto (poi se perde palla falcia da dietro l’avversario, come l’ultimo dei terzinacci), e insomma funziona, funziona ancora. – Damir Ivic
FOUR TET
Praticamente un giocatore della nazionale belga: valutazione altissima, gli operatori del mercato impazziscono per lui, e in realtà pure i tifosi alla notizia di un suo acquisto pensano di avere in squadra un top player. In realtà Four Tet come dj è anche interessante, varia, si prende dei rischi, ma diciamolo, non nasce come dj e nella specifica del deejaying non fa (ancora) la differenza. Dargli in appalto lo slot delle 7 ore, in venerdì, è stato come chiedere ad Hazard di essere il giocatore più decisivo degli Europei. Poi però arriva il Galles, ne prendi tre e a casa. – Damir Iivc
SOICHI TERADA (dal 46′) > Si presenta suonando hip hop strumentale con una camicia che definire discutibile sarebbe riduttivo, ma alla fine del suo live siamo tutti fan sfegatati suoi, del suo sorrisone, delle sue coreografie buffissime ma soprattutto della sua house dal sapore nipponico: rigorosa e mai sopra le righe, ma al tempo stesso “sporca” e festaiola, ricercatissima eppure in grado di far ballare praticamente chiunque. Non solo un grandissimo trascinatore quindi, ma anche una delle cose più divertenti e più interessanti di tutto il Sònar. L’ala tutta fantasia che salta l’uomo (ma non lo umilia con mai, e a fine partita chiede la maglia al suo marcatore diretto riempiendolo comunque di complimenti). – Mattia Tommasone
ANOHNI
Elegante, oltremodo. Impeccabile. Si impegna anche, mette pathos nel suo gioco – e pure moltissimo. Però, per quanto le emozioni siano al primo, primissimo posto delle sue priorità tecniche, sembra sempre che giochi stando attento a non sporcarsi la divisa da gioco. E’ stata una partita strana, quella di Anohni, uno degli act più attesi di quest’anno al Sonar: non ha deluso, è sicuramente fra quelli che hanno giocato bene e ha contribuito all’equilibrio tattico della squadra, ha tirato fuori varie giocate di fino. Ma anche qualche pausa di troppo. E un po’ di supponenza alla base (…erano proprio necessari quei venticinque minuti di video in loop di Naomi Campbell cubista come inizio concerto?). – Damir Ivic
KAYTRANADA
Gli esperti, i veri esperti, sono tutti concordi: sei tu il talento emergente che spaccherà tutto nei prossimi anni. Hai già fatto vedere doti eccellenti, una classe quasi vecchio stile ma una intensità di gioco molto contemporanea: sai pressare, coprire il campo, andare lì dove ci sono gli hype e le novità ma senza mai sbilanciare il quadro tattico della squadra. Insomma: siamo curiosissimi di vederti all’opera in una partita così importante. Come, aspetta? Dj set e non live? Uh. Vabbé. Facciamocelo andare bene lo stesso. Poi però cosa succede? Succede che fai una partita di un moscio, di un brutto, di un inutile, di un loffio che nemmeno il peggio Hellas Verona del campionato appena finito. E ce ne vuole. Ora qualche dubbio ce l’abbiamo… – Damir Ivic
DJ EZ (dal 46′) > È inutile negarcelo, al Sónar il pubblico inglese è una percentuale rilevante e per gli inglesi lo UK Garage è come per noi la commerciale degli anni ’90: il boato con cui sono stati accolti i classici del genere è stato memorabile, e l’entusiasmo sia della pista che dello stesso EZ contagioso. Se a questo si aggiunge che il set è stato davvero splendido, con un continuo saliscendi tra garage e dubstep, la solita tecnica eccellente di EZ e il giusto quantitativo di anthem noti a tutti i presenti, il risultato è l’ora e mezza in cui probabilmente abbiamo saltato ballato e sudato di più nei tre giorni. Insomma, quei giocatori che da soli tengono su una squadra col loro piglio e il loro impatto, e pazienza se i piedi non sono raffinatissimi. – Mattia Tommasone
NEW ORDER
Hai avuto ai tuoi piedi un’intera nazione. La nazione universale degli amanti del synth pop più raffinato, inquietante e malinconico. Assieme al Depeche Mode FC, ne sei stato il vero fuoriclasse. Più forte delle avversità, degli infortuni, dei drammi. Tutti noi ti dobbiamo qualcosa. Tutti noi c’hai fatto sognare. Foss’anche solo per quei maledetti, incredibili, micidiali Lunedì Blu. Ma in realtà ogni tua partita, ogni tua canzone è qualcosa di epico. Quindi ecco, ti vogliamo ancora bene. Anche se oggi sei bolso. Lento. Patetico. Annaspi. Tenti dei dribbling, ma lento come sei ti fai soffiare la palla dal più scarso dei terzini. Però ecco, non rusciamo a tenerti in panchina, non riusciamo a non darti il numero 10. – Damir Ivic
BADBADNOTGOOD
Esiste ancora chi gioca con un’eleganza d’altri tempi (il jazz – perché questi signori fanno esattamente jazz, senza trucchi, senza sofisticazioni, senza sperimentazioni, senza elettronica) ma sa inserirsi perfettamente nei meccanismi tattici ultracontemporanei: pressing, diagonali, ripartenze – o in questo caso un groove efficacissimo, delle soluzioni armoniche perfette anche per orecchie abituate all’elettronica di qualità, la capacità di andare dritti al cuore e alla mente anche di chi il jazz tradizionale non l’ha mai filato. Bravissimi, fra le prestazioni migliori del Sonar 2016. – Damir Ivic