Continua la cavalcata di avvicinamento al prossimo Dekmantel Festival e ancora una volta ho pensato che nulla come raccontare una storia attraverso la musica possa essere ideale per descrivere quattro anni di nuovi incontri e amici di una vita, artisti di granitica esperienza e nuove leve ascese alla fama, distese di mani al cielo ed attimi di lucida follia. Oggi voglio farvi rivivere questa bellissima storia attraverso dieci momenti che ne hanno segnato, in ordine cronologico, i cardini fondamentali. A voi il piacere di lasciarvi prendere per mano e abbandonarvi al fascino dei ricordi o della scoperta, a seconda dei casi.
Sulle nostre pagine mi avete sempre visto tessere le lodi soprattutto del Selectors e del Greenhouse, quelli che sono nell’effettivo i due ambienti che forse sento più vicini per atmosfera e sonorità. Ma sottovalutare uno spettacolo da pelle d’oca come quello offerto dal Main Stage quando viene sera e scendono in campo i fuoriclasse sarebbe un errore madornale. Nella prima edizione la chiusura del primo giorno venne lasciata a questo signore qua. Uno che un paio di menischi li ha fatti muovere nel corso degli anni. Il risultato dell’equazione “Location da paura + il suo più grande classico” è semplicemente lì da vedere.
Avete presente le persone possedute che nei film si contorcono in preda a spasmi involontari come se una forza esterna le controllasse? Ecco, quando vedo suonare Joe Claussell mi lascia sempre la stessa identica sensazione. Poco prima di esibirsi lo vedi sempre molto pacato, serio, quasi disinteressato a ciò che sta accadendo. Ma appena le mani si posano sui pomelli del suo fedele isolatore ed è tempo di assumere il comando della nave è come se la musica prendesse possesso del suo corpo e lo attraversasse da parte a parte come un fiume in piena, tramutandolo in un autentico sciamano in preda ad una crisi mistica. La sua chiusura del primo anno di Dekmantel rimase a detta di tutti i presenti il punto più alto dell’intera manifestazione e da questo video non faccio particolare fatica ad interderne le motivazioni.
Sono passati ormai tre anni eppure riguardando questo video i ricordi sono ancora così vividi nella mente. Se dovessi trovare un artista che più di ogni altro potesse rappresentare lo spirito di Dekmantel in ogni sua sfaccettatura, sicuramente Danilo Plessow sarebbe uno dei principali candidati. Tecnica, selezione, carisma, entusiasmo della gente. In questa Boiler Room c’è tutto quello che vorreste trovare quando pensate ad un set ben riuscito. Essere stato diretto testimone inutilmente ne edulcora ulteriormente il valore in maniera esponenziale.
Nell’edizione 2014 uno degli act più attesi era di certo il progetto tutto detroitiano composto da Moodymann, Theo Parrish, Marcellus Pittman e Rick Wilhite, che avrebbe preso il controllo del Lab (oggi Greenhouse) per tutto il pomeriggio del secondo giorno formando, insieme ai set precedenti dei più giovani concittadini Jay Daniel e Kyle Hall, una giornata interamente presieduta dal meglio di ieri ed oggi della scena house legata alla Motor City. Quello che purtroppo non si poteva prevedere era che una di quelle “bombe d’acqua” che tanto piacciono ai telegiornali si sarebbe dovuta abbattere sul festival nel primo pomeriggio con conseguente chiusura precauzionale di una consistente fetta della location. La tempesta alla fine non era mai arrivata, ma i set degli ultimi due artisti menzionati erano stati ugualmente cancellati. Perciò i “vecchi” hanno deciso di aggiungere altre due “chairs” al tavolo della festa portando così a sei i partecipanti a quello che senza dubbio verrà ricordato come il back-to-back più numeroso e godereccio di questi ultimi quattro anni di Dekmantel.
Si potrebbe avere da ridire sull’effettiva presenza scenica e tecnica di questo progetto, ma vedere Robert Hood e sua figlia Lyric suonare per la prima volta insieme davanti a tanta, ma davvero tanta gente (era letteralmente impossibile entrare nello stage) è stato sicuramente uno dei momenti che hanno segnato la storia di questo festival. La selezione musicale molto energica eppure festaiola e la più che notevole presa sul pubblico sono stati senza dubbio fattori chiave per uno dei set che rimarranno per sempre incisi nella memoria collettiva del festival.
Quando pensi alle cinque del pomeriggio di un festival open air, in uno stage pieno di vegetazione e sotto un sole semi-cocente, ti aspetteresti una colonna sonora che vada a fare da perfetto corollario a quel tipo di ambientazione. In poche parole un’esperienza di grande rilassatezza e vagonate di endorfine. Ecco, diciamo che Helena Hauff nel 2015 (e sono abbastanza sicuro sia così ancora ora) aveva in mente qualcosa di leggerissimamente diverso. Prese in mano la motosega e decise di aprire in due come una cerniera la testa delle prime file con una sequela di electro e industrial techno da far impallidire molti degli act più furibondi dell’UFO, l’unico stage interamente dedicato alla techno della manifestazione. Sorprendentemente la reazione della gente fu più che positiva, come potete vedere.
Del Selectors abbiamo già lungamento discusso ma sarebbe impensabile escluderlo totalmente da questo articolo in quanto di attimi memorabili, come detto, da quelle parti se ne sono vissuti parecchi. La chiusura di I-F dell’edizione 2015 rimane forse la mia preferita in assoluto. Essere in mezzo a quella pista mentre lo storico talento di Rotterdam piazzava gli ABBA (mi aveva già fatto questo scherzo qualche anno prima al Panorama Bar con risultati che vi lascio immaginare) è stata un’emozione indescrivibile. Da non voler più andare via fino all’anno dopo.
Stavo per scrivere sotto il video di I-F che si trattava dell’occasione in cui avevo visto saltare di più la gente in quattro anni di Dekmantel, ma ripensandoci devo omaggiare di questa palma il set colossale di The Black Madonna dello scorso anno, dove la reazione che vedete nel video era stata assolutamente costante e genuina. Viverlo da dentro è stato follia pura. Stretti come sardine e sudati ma felici come bambini nel paese dei balocchi. Un pomeriggio difficilissimo da dimenticare.
Un altro minimo comun denominatore di Dekmantel è sempre stata la chiusura di Jeff Mills nel Main Stage. Capace di spaziare dall’ambient più astratto alle cavalcate più poderose, l’alieno di Detroit si è sempre trovato alle prese con una folla oceanica di curiosi e fedelissimi che ogni volta ha apprezzato dal primo all’ultimo discorso le sue imprevedibili esibizioni. Quest’anno la sua assenza si farà sentire, ma il video della sua sempreverde “The Bells” dello scorso anno potrà lenire almeno in parte l’inevitabile amarezza.
L’ultima edizione, lo scorso agosto, è iniziata sotto il segno delle maledizioni al cielo per lo spostamento dell’attesissimo secondo set – dopo quello obbiettivamente un po’ deludente del 2014 – di Harvey Bassett nel Selectors da metà pomeriggio all’ora di pranzo del venerdì per problemi tecnici. Messo senza grande preavviso ad aprire letteralmente il festival, in una situazione possibilmente ancora scarica e col rischio reale che il set di una leggenda del genere potesse avere un impatto ancora una volta inferiore alle aspettative. Al solito, un gigantesco errore di valutazione da parte del sottoscritto. Le tre ore abbondanti con cui DJ Harvey ha dipinto a piacere sulla tavolozza della sua immaginazione musica è stata pura poesia. Lento, lentissimo eppure di un piacevole da impazzire. Un lento climax culminato nel disco di chiusura che potete trovare nel video. Dopo una tale sequela di emozioni, vissute con un gruppo di amici stupendo, avrei potuto andare a casa subito ed essere a posto per un altro anno. Invece era solo l’inizio di un’avventura fantastica.