Uno dei personaggi più chiacchierati dell’estate, Tito Pinton. Ad esempio, leggetevi questo. Ma non è solo questione di quest’estate, dell’apertura di Musica – sulle ceneri del Prince – e del legame forte col brand Cipriani: sono più di vent’anni che Tito Pinton (amato, odiato, temuto, rispettato) è un personaggio cruciale nell’emisfero dance del nostro paese. Lo è con l’epopea del Muretto (uno dei pochi superclub resistiti e rimasti), lo è con le epiche adunate al Faro a Jesolo, lo è ovviamente ancora di più adesso, col suo “pesante” ingresso in Riviera, subito capace di cambiare gli equilibri e di portare una botta di vita (e di impresa) in una zona a lungo indirizzata verso il declino e che ora, invece, lotta per riprendersi lo scettro di epicentro estivo per il clubbing internazionale. Non è uno che le manda a dire, Tito. Parla diretto. Senza filtri. Agisce. Fa. Non si nasconde. Questa intervista è oro per tutti gli addetti ai lavori, e non solo per loro: spiega chiaramente e senza nessuna ipocrisia il suo modo di agire, di vedere le cose, il motivo per cui non si sente minimamente colpevole di nulla in tutte le polemiche che sono nate. Confrontarsi con una voce di questo tipo, è importante, anzi, fondamentale per tutti.
Allora, di sicuro non ti tiri indietro: ad Halloween organizzi di nuovo un evento, e di nuovo a San Marino.
Sì. E’ così. Fa parte di un progetto a lunga scadenza, pensato e realizzato proprio per San Marino. Qualcosa su cui lavoro da un po’. Il mio obiettivo è preciso: legare San Marino a Riccione, per darle la possibilità di innescare una dinamica turistica virtuosa che la leghi alla Riviera. Se ci pensi, sta a un quarto d’ora di macchina ed è una realtà dal grande valore storico, molto bella paesaggisticamente, con molte cose da raccontare: eppure, è più conosciuta tra gli stranieri che tra gli italiani. La scintilla iniziale è nata grazie ad un mio fornitore, quello che mi cura tutta la parte relativa agli impianti audio, che proprio a San Marino ha la sede. Sai, se pensi a San Marino pensi di solito sempre solo alla parte “commerciale”, al suo essere sede fiscale particolare, alla dogana per entrarci, eccetera… anche per me all’inizio era così, ovviamente. Ma poi ci sono stato, l’ho vista. E lì capisci il potenziale e la bellezza che ha. Quando mi hanno fatto vedere la Cava dei Balestrieri, suggerendomi “Ecco, qui si potrebbe fare qualcosa”, quella davvero è stata la spinta definitiva. Mi sono messo al lavoro. Ho parlato col Governo di San Marino, coi suoi ministri, mi sono confrontato col mio socio Giuseppe Cipriani. Da lì è partito un progetto ad ampio raggio, che comprende anche l’apertura di un ristorante in una delle zone più belle della città. L’obiettivo per il prossimo anno è di portare ogni giovedì la gente da Riccione a San Marino a divertirsi, con tanto di servizio navetta dedicato. Chiaramente l’amministrazione di San Marino non solo ha accettato ma ha messo pure sul piatto un piano di comunicazione ed advertising, piano che di riflesso aiuta anche Riccione e la Riviera tutta: ecco, questo è fare squadra, aiutare il territorio. Per il resto, il dato di fatto è che a San Marino anche adesso si può ballare, si possono fare feste, ce n’è una praticamente tutti i giorni… Noi ad Halloween ci riproviamo. Il nostro primo evento ha lasciato la città contentissima, quindi ora ci riproviamo. Ecco, questa è la storia.
Sulla specificità di San Marino e delle sue leggi sul ballo ci torniamo fra poco, ovviamente l’argomento non finisce qui. Ma prima vorrei chiederti: tu sei sempre stato un’icona del divertimento notturno nel Nord Est, come mai hai deciso di essere presente in maniera così pesante anche in Riviera? Una sfida personale? O è successo un po’ per caso, per la forza degli eventi?
No, no, sono tanti anni che lavoro in Riviera. Di più: se il 31 ottobre esiste in Riviera come momento canonico per organizzare eventi di un certo tipo, è perché me lo sono inventato io. 2001, Ibiza Convention. Il primo anno al Prince; per sei anni successivi, al Peter Pan. Io la Riviera la conosco molto bene, per dire avevo già rapporti di collaborazione col Cocoricò ai tempi di Bruno Palazzi, e avevo ancora tipo diciotto, diciannove anni, capisci? Poi, assieme a Marco Palazzi, per dieci anni di fila abbiamo organizzato eventi legati al SILB. Ne ho fatte di tutti i colori, insomma, e in tempi non sospetti. Tutto questo fino a quando, quattro anni fa, avevamo stretto un accordo con i fratelli Spadini, proprietari delle mura del Cocoricò: quando già la gestione De Meis mostrava dei segni di cedimento, ero arrivato ad un’intesa con loro per cui, se fosse saltato tutto, avrei rilevato io la gestione del club – e su questo avevo lasciato come pegno 50.000 euro, a garanzia della serietà delle mie intenzioni. Tre anni dopo è successo quello che è successo, De Meis è saltato definitivamente, e appunto c’era un accordo già preciso. L’accordo però non lo ritenevo più adeguato: aveva bisogno di una messa a punto, e in più le strutture del locale erano veramente messe male. Tutte cose che ci hanno decisamente preoccupato, e invitato ad essere prudenti. In più, c’era da aggiungere anche la considerazione che il Cocoricò, come struttura, era difficilmente modulabile: difficile cioè adeguarlo a degli standard di efficienza commerciale. Abbiamo quindi cambiato obiettivo, arrivando a rilevare il Prince. E’ andata così. Una cosa è sicura: prima di agire ho fatto una attenta analisi di strategia complessiva, e il risultato di questa analisi era chiaro – Riccione è destinata a tornare al centro di un certo mondo. Ibiza sta implodendo – o comunque, non vuole tornare più quella di prima; Mykonos ha un irrecuperabile deficit sulle strutture; il sud si è già giocato le carte che poteva giocarsi, più di questo non può fare. Bene. Oggi, a livello proprio europeo, il posto più centrale in assoluto è proprio Riccione. Servitissimo a livello di trasporti: treni, aerei.
Vedi insomma una prospettiva proprio internazionale, per Riccione, non solo italiana.
C’è già. L’aeroporto di Bologna in pochi anni ha raddoppiato gli utenti; ora farà delle modifiche e degli ingrandimenti strutturali, che lo porteranno a liberarsi in breve tempo del traffico delle low cost, Ryanair, Easyjet, eccetera, che verrà dirottato sugli aeroporti di Forlì e Rimini. La Riviera è destinata ad esplodere di nuovo, proprio a livello di dinamiche di turismo internazionale.
La cosa fondamentale è arrivare un attimo prima che l’esplosione avvenga, come recitano tutti i manuali base dell’impresa di successo, no?
Mi pare di essermi mosso per tempo. Abbiamo anche un altro progetto, tra l’altro: un investimento immobiliare su un albergo fronte mare. Alla fine avremo un club, una spiaggia, un albergo. Questo è il nostro obiettivo finale.
Ok, quindi aprire un club è ancora oggi un buon investimento?
Bravo, bella domanda. Diciamo che la risposta definitiva te la posso dare fra due, tre anni. Però ti posso dire che in soli diciassette giorni di apertura di Musica ho fatto più di due milioni di euro di fatturato. C’è potenziale d’impresa, quindi. Che poi di questi soldi abbia dovuto spendere tutto quanto, è un discorso a parte, rientra nelle logiche d’impresa in fase d’avvio. A spanne, credo che si possa arrivare a fatturare nell’arco di un anno circa dieci milioni di euro. In passato, il Cocoricò per dire ci è riuscito.
Però nel tirare le somme sui conti bisogna considerare che ok il fatturato, ma oggi la marginalità è molto più a rischio, visto che in primis si sono impennate le fee dei dj. E’ sempre più difficile guadagnare, c’è una dose sempre maggiore di rischio che grava sui promoter.
Non credo. Credo invece che sia sempre stato un po’ così. Per non parlare della musica live: vogliamo dirlo che lì, mediamente, un cantante o una band si porta via il 98% dell’incasso di biglietteria? Se proprio vogliamo parlare di margini… Quindi: figuriamoci. La differenza tra un club e un grande evento live è che nel club puoi tentare di andare avanti anche senza fare i grandissimi nomi, poi certo, sta alla volontà e alla pazzia di un promoter voler fare grandi nomi anche lì, investendo; ma finché in ultima analisi esiste una marginalità per investire, e poi guadagnare, ha senso farlo. Ovviamente quando si buttano soldi per un Black Coffee, che a fine serata non ti fa rientrare dell’investimento, è il caso di capire che bisogna stare attenti.
Beh, Black Coffee tu appunto l’hai preso. Era necessario? Serviva per fare profilo?
Partiamo dal presupposto generale che io faccio quello che mi piace e sì, a volte mi faccio prendere dal mio gusto personale e lo rivendico pure; detto questo, so e sapevo anche io che Black Coffee, a livello di puri numeri, per quello che costa e quello che dà, non era l’investimento migliore da fare. Ti ho nominato lui perché di lui, fondamentalmente, non me ne frega un cazzo, nel senso – non me ne frega un cazzo di perdere soldi con lui. Perché ci sono dei dj, e lui è fra questi, che in determinati periodi servono a tratteggiare il profilo di un locale, irrobustendolo, innalzandolo: piaccia o non piaccia è così. Un locale, soprattutto se nuovo, va impostato, va sverginato: alcuni nomi sono strategici. In fondo, è come fare un investimento in pubblicità. Un investimento una tantum di 50.000 euro ci sta, no? Poi chiaro: se perseveri nell’errore, allora sei stupido.
Chiarissimo. Domanda: ma in questi vent’anni e passa che sei sulla scena, trovi che il pubblico sia cambiato?
Vent’anni? Venti? Io ho la partita IVA dal 1993, caro. Fanno ventisette anni. Ho organizzato commerciale, latinoamericana, concerti, grandi eventi su spiaggia; ho gestito il Muretto dal 1998; prima avevo il King’s, e prima ancora il Tacabanda, un locale commerciale, sempre come gestione. Venendo alla tua domanda: il pubblico continua a volere sempre la stessa cosa, ovvero divertirsi, possibilmente in modo spensierato. Se qualcosa è cambiato non è il pubblico di per sé, ma la società. I social, soprattutto, hanno cambiato il mondo: oggi si parla tanto, si parla di tutto, si parla probabilmente troppo. Un tempo non era così. Si faceva di più, si parlava di meno. Il club però rimane uno dei pochi contesti dove hai la possibilità di entrare davvero in contatto con le persone, e vivere il divertimento in modo reale, normale. Il club, la discoteca, è se guardi bene uno dei pochi posti che ha mantenuto il ruolo sociale e la rilevanza originari.
Ecco, “club” o “discoteca“: è corretto fare una distinzione? Lì dove la discoteca è la forma più tradizionale e commerciale, se vuoi “facile”, mentre il club è più legato ad una matrice anglosassone e proprio culturale…
Sono le solite pugnette di chi è malato di protagonismo intellettuale, e non capisce che stiamo semplicemente parlando sempre della stessa cosa: posti dove andare per incontrare le persone. Ok, se fai un “club” magari sei più portato a fare qualcosa di un po’ alternativo, un po’ innovativo nei contenuti; o anche, in un “club”, è più facile che la clientela sia ricorrente e, quindi, vada più curata, più seguita, ci sia più interazione, anche per creare dei prodotti che siano di suo gusto. Ma in fondo anche nella “discoteca” devi fare più o meno lo stesso: cambia che l’attenzione al cliente è meno specifica e ci si concentra più sul fatto di poter dare un’offerta varia, più di massa, per numeri maggiori. La differenza può essere questa. Sai in realtà chi sono i veri “club” originari? Le balere. Sai perché? Perché hanno una clientela affezionata, che viene ogni settimana, hanno i loro riti, alle due di notte ti servono sempre la pasta, quando entra il padrone del locale tutti lo salutano e lui saluta tutti, il barista ti conosce, sa cosa bevi… Ecco: questo è il “club”. Questa è la vera “club culture”. Tutto il resto sono pugnette che portano fuori strada.
E secondo te le istituzioni danno abbastanza attenzione e supporto a club e discoteche? O, semplicemente, non la danno e manco sono tenuti a darla, in ultima analisi?
Le istituzioni danno a club e discoteche l’attenzione che serve, ovvero l’attenzione che club e discoteche si meritano, quella che riescono a guadagnare. Ti faccio un esempio: la sindaca di Riccione a me ha dato molta attenzione, quest’anno.
Ho visto.
Ne sono contento. Ma se parlo con la Regione, no. Col Governo, nemmeno. Tutto questo ci sta. Guardiamo in faccia la realtà, guardiamo i numeri: non siamo un comporto economico così grande. In più, siamo un comparto economico molto confuso, disorganizzato. Difficile da inquadrare in modo preciso, difficile quindi da rappresentare. Poca professionalità. Molta confusione. Regole ed abitudini diverse da regione a regione. Come fai a rapportarti in modo serio e sistematico con un settore così? Chiaro che non si è ben visti.
(come già a settembre, anche ad Halloween si balla, a San Marino; continua sotto)
The vibe is on.
MusicaRiccione torna nella Repubblica di San Marino per Halloween 2020.
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Pubblicato da Musicariccione su Giovedì 1 ottobre 2020
Ecco, a proposito dell’essere “ben visti”, veniamo a un punto cruciale. Non devo dirtelo io che per molti tuoi colleghi, e in generale per un po’ di persone dell’ambiente, tu ormai sei una specie di “anima nera”: quello che ha voluto sfidare tutto e tutti facendo un evento ballereccio a San Marino in pieno settembre, mentre il resto d’Italia per il ballo era blindato e proprio il ballo era sotto pesante accusa, con l’escamotage che lì a San Marino non vige la legislazione italiana. Un cattivo esempio. Un capro espiatorio, volendo. Uno che mette tutto il settore in cattiva luce.
Mi spiace deluderti: io non sono il capro espiatorio o l’”anima nera” di nessuno, tranne che di quelli che non hanno nulla da pensare o da fare tutto il giorno. Io faccio, semplicemente, il mio lavoro. Su San Marino, come ti dicevo, c’è un progetto molto grande e strutturato, esteso nel tempo. Nel nostro primo evento lì, c’abbiamo anche rimesso. Non ho guadagnato. La rimessa alla fine è stata di ventimila euro circa. Ma quell’evento lì non era fatto solo per i soldi: era il primo passo di un progetto a lungo termine. Non capirlo è ignoranza. Ecco, qui trovi uno dei motivi per cui è difficile trovare una rappresentanza, come categoria: perché siamo un settore fatto di persone invidiose, che non capiscono nulla. Non capiscono ad esempio quale può essere un progetto imprenditoriale da sviluppare in più passi. Non capiscono che avrebbero potuto cavalcare, piuttosto, quanto fatto da me a San Marino a settembre e quanto sarò fatto anche ad Halloween, arrivando a dimostrare quanto le normative varate dal governo italiano a metà agosto nei confronti del nostro settore siano ipocrite. Non si puniscono i bar, le piazze, le spiagge, i vari punti di assembramento; no, si puniscono solo le discoteche. Perché? Te lo dico io perché: perché siamo una categoria di caproni. E’ piovuto fra capo e collo un provvedimento senza nessuna giustificazione scientifica, perché – ascoltami bene – non c’è ad oggi un singolo dato scientificamente riscontrato che dimostri come l’apertura delle discoteche sia correlata ad un aumento dei contagi. Nessuno. Nemmeno uno. Una categoria intelligente avrebbe commissionato a degli esperti un’analisi particolareggiata di questa situazione, l’avrebbe presentata alle autorità, avrebbe posto alle domande – e l’avrebbe fatto prima di mettersi a fare ricorsi al TAR. “Scusate, vogliamo parlare nel merito dei provvedimenti che avreste intenzione di porre nei nostri confronti?”: un’associazione di categoria efficace avrebbe fatto così (e il Governo sarebbe stato obbligato ad ascoltarla, perché è la legge che lo obbliga a dare udienza alle associazioni delle categoria colpite da determinati provvedimenti), questo tentativo andava portato avanti. Se invece come categoria non ti fai sentire e non provi a proporre tu qualcosa, chiaro che poi manco ti stanno a sentire e manco ti considerano. Perché dovrebbero? Ecco, invece di agire in questa maniera, in modo concreto, nel nostro settore si pensa invece più a criticare a chi fa, a chi va avanti, e lo fa comunque rispettando le leggi. Perché sì: San Marino è un altro stato. Lo sanno queste persone? Con le sue leggi. In Germania si balla; in Tunisia si balla; in Svizzera pure. No? Bene: si balla anche a San Marino. E a San Marino si balla, perché il governo locale ha deciso di non fare discriminazioni tra attività, nelle sue normative. La mascherina è obbligatoria? Bene: lo è nei bar come nelle discoteche. Ma non ha detto “Eh no, ma le discoteche sono brutte, sono pericolose, vanno fermate a prescindere in tutto e per tutto”; ha fatto altro, ha fatto una analisi basata sui fatti e sui numeri, ha visto che all’interno del suo territorio ci sono sei contagi, sei!, e si sono detti “Bene, al momento non abbiamo motivo di vietare il ballo”. Legittimamente.
Ponendosi su un piano diverso rispetto all’Italia.
Ma le regole sono le stesse. Le stesse! L’unica differenza, è che in Italia è vietato il ballo. Ed anche che a San Marino non c’è la “responsabilità oggettiva” a gravare sul locale: si privilegia la “responsabilità soggettiva”, quella cioè che grava sul singolo cliente. Se ci ragioni un attimo, capisci che è una differenza molto importante, ed intelligente. Con la responsabilità soggettiva, basta mettere all’ingresso due persone, che possono tranquillamente essere pagate dal locale, che hanno il potere di emettere delle multe a tutti coloro che si tolgono la mascherina. Alla terza multa comminata in pista, stai sicuro che la gente ci pensa bene a togliersela, la mascherina.
Non si puniscono i bar, le piazze, le spiagge, i vari punti di assembramento; no, si puniscono solo le discoteche. Perché? Te lo dico io perché: perché siamo una categoria di caproni
Ok, ma il problema del distanziamento? E’ un po’ un’utopia, su un dancefloor.
Se hai addosso la mascherina, il distanziamento non è necessario.
Sì?
Sì.
Ma quanto durerà secondo te questa fase blocco del nostro settore, sul territorio italiano?
Fino a quando non arriva un vaccino. Hanno parlato di marzo 2021: bene, vedrai che a marzo 2021 un vaccino verrà fuori.
Tu quindi stai già lavorando sul programma della prossima estate, quindi…
In parte sì, in parte no.
Cosa ti frena?
Io di mio avrei ben chiaro cosa fare. Cosa mi frena… Non mi frena niente, in realtà, sono gli altri che si frenano da soli. Prendi Michael Bibi: se oggi per avere la conferma della data del 31 ottobre abbiamo dovuto attendere molto, figurati se pensiamo alle date della primavera o dell’estate quanto tocca aspettare. E poi: che offerta gli faccio? A quanti soldi lo chiudo? Difficile rispondere. E, a dirla tutta, non ho in questo momento nemmeno troppa voglia di rispondere ad una domanda così… L’estate 2020 è finita da poco e per me è stata davvero travolgente, dal punto di vista lavorativo. Sono anche molto stanco. Non sono uno di quelli che non ha fatto nulla, e quindi può permettersi ora di fare grandi filosofie. Una cosa la so, però: bisogna prima di tutto concentrarsi a pensare ai locali e a come accogliere le persone, prima ancora di concentrarsi sulle line up.
Hai mai avuto dei momenti in cui hai pensato di mollare tutto?
Non so fare altro, Damir. Semplice. Non chiedermi di virare sulla ristorazione, non la sopporto. Ma non è solo il club, non sono solo i club: io ho un’agenzia che crea eventi a trecentosessanta gradi. I gran galà per Cipriani. Gli eventi a Venezia, palazzi, alberghi di lusso, eventi per la Biennale Arte, per la Mostra del Cinema. Produzioni per aziende. I concerti in spiaggia. Ne faccio di tutti i colori. E sarà così, fino a quando arriverò alla pensione.