Come ogni anno, per una settimana Amsterdam è stata il centro della scena dance elettronica con l’Amsterdam Dance Event, attirando migliaia di artisti, professionisti e appassionati da tutto il mondo in una settimana frenetica. Con oltre 3000 nomi e centinaia di eventi disseminati per la città, l’ADE rappresenta un universo di possibilità, un’immersione senza eguali che mette in mostra il meglio che la scena abbia da offrire. L’offerta infinita è la forza e il tallone d’Achille dell’evento. Le migliaia di eventi e l’accessibilità a nomi di punta come a progetti innovativi danno a tutti una possibilità, ma il sentore di dispersione e di disorientamento è sempre dietro l’angolo. Per chi è ai primi passi o non prepara un’agenda precisa, l’esperienza può trasformarsi in una corsa affannosa tra set e conferenze, con la costante sensazione di lasciarsi sfuggire qualcosa di importante. La sovrabbondanza, anziché appagare, sfocia in una sorta di caos frenetico e l’impressione di aver visto tanto, ma senza realmente afferrare il cuore di qualcosa. L’ADE offre probabilmente la qualità più alta della scena per un evento di questa portata: dalle produzioni imponenti ai nomi di punta fino ai set più di nicchia, l’evento ha uno standard elevato. Tuttavia, questa qualità si disperde in un mare di quantità che rischia di annacquarla, a scapito della profondità.
Parlando prettamente del lato musicale, se i grandi eventi sono indispensabili per la sostenibilità economica della scena, la maggior parte dà l’impressione di essere il risultato dell’ottimizzazione di una formula testata e prevedibile. È nelle venue di media dimensione che si scopre l’energia creativa che fa da incubatore per nuove tendenze e artisti: chi cerca un’esperienza più vicina alla scena underground sa che spesso qui si trovano le vere gemme, grandi abbastanza da potersi permettere una produzione di tutto rispetto, mantenendo l’intimità del piccolo club e prendendosi qualche rischio (un esempio: il set di Joe Claussell al party Brighter Days.)
Le conferenze all’ADE cercano di rincorrere il discorso globale, perlomeno occidentale, puntando su temi come intelligenza artificiale, sostenibilità e salute mentale. Sebbene rappresentino un’importante piattaforma di dialogo, molti di questi panel rimangono in superficie, offrendo un assaggio più che un vero approfondimento. Il valore, in questo caso, è nell’offrire spunti di riflessione da esplorare più a fondo nei momenti di networking, vero punto di forza dell’evento, che permette ai professionisti del settore di connettere e confrontarsi. L’ADE resta uno dei migliori luoghi per fare rete, ma il prezzo da pagare è anche qui la sensazione di sovraccarico, tra incontri frenetici e spam generico ricevuto sull’app di networking. Come ogni piattaforma, il valore dipende dall’uso che se ne fa.
Con l’annuncio dell’edizione 2025, che coinciderà con i 750 anni di Amsterdam, l’ADE ha un’opportunità d’oro: quella di ritrovare quella cura per l’esperienza che rende speciale la scena elettronica. Se da un lato è inevitabile che un evento di queste dimensioni miri a un pubblico più vasto, che in fin dei conti è quello che sostiene economicamente l’evento, d’altro canto un’esperienza più curata che non ricordi il caos organizzato dei social network sarebbe una scelta coraggiosa per un evento che guida la scena, piuttosto che un riflesso di ciò che già viviamo ogni giorno sugli schermi dei nostri smartphone.
Articolo scritto in collaborazione con Erica Pegoraro.
Foto copertina: Enrique