Quando Theo Parrish aspetta, con impazienza, le tue produzioni e Antal, Hunee e Tama Sumo fanno a gara per chi suona prima le tue tracce vuol dire che il groove è il tuo mestiere. La conferma di questa tesi è Patrick Gibin, dj e produttore di base a Verona, entrato nel giro internazionale con “Black Aroma”, EP del 2011 firmato col nome di TwICE, e riconfermatosi talento di gran classe ad ogni uscita, fino alla recente collaborazione con Kaidi Tatham, mente dietro progetti cruciali come The Propheteers, The Herbaliser e Bugz In The Attic. Tra residenze artistiche di culto (“Roots” a Corte Radisi), nuove one night e diverse uscite in cantiere Patrick Gibin si conferma nome da osservare con attenzione nel fiorente clubbing nostrano. Lo abbiamo intervistato alla vigilia del nuovo party Autentica che lo vedrà protagonista al Full Up di Firenze venerdì 24 febbraio.
Sei nato nel Regno Unito. Quando e perché hai deciso di trasferirti a Verona?
Mia madre è inglese e mio padre è italiano: i primi anni della mia vita li ho vissuti in Inghilterra. Dalle elementari in poi sono stato stabile a Verona, anche se, chiaramente, avendo metà famiglia in UK ero spesso là, soprattutto durante le feste.
Sei prima diventato conosciuto con l’alias TwICE e ora esci anche col tuo nome. Come vivi questa ‘doppia identità’ artistica?
Non la definirei una “doppia identità”, semplicemente una naturale conseguenza del mio percorso. Al nome TwICE sono legato perché ha un significato “storico” per me, nel senso che è nato quando ero ancora studente universitario: mi ricorda molto quel periodo, oltre all’emozione legata all’uscita del primo EP ‘Black Aroma’. Usare il mio nome/cognome oggi deriva da un’esigenza di identità e unicità, e chiaramente non c’è nulla di più unico del proprio nome e cognome.
“Black Aroma”, all’inizio, era un EP; poi è diventata una serie: come si è sviluppato il progetto?
Il tutto parte dal fatto che ho sempre realizzato edit. Le ho fatte per me, da suonare, fin dagli inizi. Poi, col tempo, ho deciso di farne uscire alcune e contemporaneamente di creare la mia etichetta. Visti i feedback positivi raccolti da artisti come Theo Parrish e altri heavy weights della scena che hanno cominciato a suonarle, la serie è continuata con uno slancio naturale, fino al volume 9 che vedrà la luce in aprile. Credo che il volume 10 lo farò uscire sempre quest’anno. Ho in mente qualcosa di speciale.
Hai creato l’etichetta Blend it! records nel 2011. Con quale idea? E a che punto del suo percorso pensi sia?
Blend it! records è nata, molto semplicemente, con l’idea di proporre musica in grado di darmi emozioni. Nel tempo si sono delineati tre progetti sull’etichetta, che attualmente sto portando avanti: Black Aroma, Flying Machines e Collective Blends. Le prime rappresentano le due facce di quello che più mi piace comprare e suonare, quindi uno spettro abbastanza ampio che va dal soul all’elettronica, anche se trovo sempre difficile e poco sensato incasellare la musica in generi. Collective Blends, invece, è il progetto che coinvolge musicisti della mia città, in particolare Sandro Zampera e Alessandro Mutto, oltre che artisti internazionali, e rappresenta quindi la mia sfida più grande e stimolante. La direzione e l’ambizione sono quelle di rendere immediatamente riconoscibile l’etichetta per il tipo di suono che propone, indipendentemente dall’artista coinvolto.
Flying Machines è il progetto che hai fondato insieme a Native. Sta per uscire una nuova release?
Matteo (Native) ed io abbiamo gusti musicali apparentemente molto diversi. Con il tempo ci siamo però accorti d’essere in realtà “musicalmente” molto vicini: l’idea di Flying Machines è stata quindi quella di unire i nostri due mondi per creare un progetto che si differenziasse da Black Aroma e che fosse molto più “elettronico”, come feeling generale. Al momento stiamo lavorando alla prossima produzione, che dovrebbe uscire entro la fine dell’anno.
Quelle con Kaidi Tatham e Clara Hill sono due collaborazioni di gran prestigio. Ci racconti come sono nate?
Questi due dischi sono al momento la mia più grande soddisfazione: in entrambi i casi c’è stata sintonia fin da subito, come se avessimo già lavorato insieme mille altre volte. La release con Kaidi, nello specifico, ha un significato particolare perché è stato un mio “pallino” per tantissimo tempo. La collaborazione si è resa possibile grazie a Sounds Familiar. Lo considero uno dei tanti esempi di come questa non sia semplicemente un’agenzia di booking ma qualcosa di diverso, in grado di creare un vero e genuino senso di appartenenza.
Il club Roots è uno dei tuoi marchi di fabbrica. Come si è evoluta questa one night negli anni e come ha fatto a rimanere un appuntamento così speciale?
È veramente difficile esprimere a parole quanto sia importante per me. Corte Radisi è una villa veneta del ‘400, in provincia di Verona, il cui proprietario è uno dei miei più cari amici. Abbiamo fondato Roots nel 2007 e, da allora, ho avuto il piacere di invitare artisti per me fonte di grande ispirazione: Theo Parrish, Sadar Bahar e Lee Collins, Dego, Ron Trent, Marcellus Pittman e molti altri. Complici anche l’atmosfera unica del posto e il sound system, siamo riusciti a creare un seguito di persone che ogni volta ci raggiunge da tutta Italia (e non solo) perché sa cosa trova, indipendentemente dall’artista ospite. L’unico limite è il poter usare lo spazio solo saltuariamente (3/4 volte l’anno). Ma, a pensarci bene, questo aspetto contribuisce a rendere Roots ancora più speciale.
Col tuo amico Volcov hai lanciato, a Verona, un nuovo progetto chiamato ‘Go To’. Con che presupposti è nato?
È da tanti anni che parliamo di poter organizzare un appuntamento regolare nella nostra città, considerando che le serate al Roots sono saltuarie. Diciamo che, oggi come oggi, si sono create le condizioni giuste per poter portare avanti questa idea: la collaborazione con Rocket Radio che rappresenta un po’ il “punto di incontro” delle varie persone coinvolte nel progetto, un nuovo locale (ex Colorificio Kroen), il supporto di Ledisque Record Store e il coinvolgimento di amici come Sandro Zampera e Native. Sono tutti elementi che hanno contribuito a creare questa nuova realtà in cui già crediamo molto. Saranno serate a cadenza mensile. Il 10 marzo c’è il secondo appuntamento con ospite Specter.