Non è facilmente inquadrabile la musica di Larry Gus, tantoméno lo è colui che si nasconde dietro a questa curiosa ragione sociale ovvero il produttore greco Panagiotis Melidis. Nei suoi dischi la triangolazione cantautorato-ritmi africani-musica disco, trova un equilibrio mirabile – ha avuto l’occhio lungo la “DFA” che l’ha messo sotto contratto già dal 2012 – ma a colpire è soprattutto quell’aria naïf che trasuda dai solchi dei suoi dischi e ancora di più dalle sue parole. Come se non bastasse Larry Gus mostra una sorta di pessimismo cosmico quando parla di sé, misto a un’ironia caustica che rende il discorso ancora più surreale. Consigliamo di partire dall’intervista che segue per farvi un’idea su questo eccellente musicista, per poi recuperare uno dei migliori dischi usciti nel 2015: il suo “I Need New Eyes”.
Ti chiami Panagiotis Melidis, sei greco e hai abitato per parecchio tempo a Milano; hai all’attivo sei dischi di cui gli ultimi tre per la DFA Records; sulla tua pagina Facebook ti dichiari influenzato da Lucio Battisti, Albert Ayler, Otis Jackson Jr, Creedence Clearwater Revival e Black Dice. E’ tutto vero?
Vero al 100% e ti dirò di più, quel mio periodo milanese mi manca più di qualunque altra cosa al mondo. Anche se cerco di convincermi che non centri nulla con la nostalgia mi fa male pensare a quel meraviglioso tempo speso tra Porta Venezia e i Giardini Pubblici.
Toglimi una curiosità, c’è un significato particolare dietro allo pseudonimo “Larry Gus”?
E’ un gioco di parole in lingua greca che ruota attorno al termine gola. E’ qualcosa che si avvicina al vostro “otorinolaringoiatra”.
Com’è nato il tuo amore nei confronti della musica di Lucio Battisti?
Mio padre aveva un paio di compilation con dentro suoi pezzi risalenti alla metà degli anni ’70 tra cui “Il mio canto libero”, “Emozioni” e “Anima Latina”. “Anima Latina” rimane il mio album preferito di tutti i tempi, ancora non sono riuscito a trovare qualcosa di altrettanto buono. Recentemente ho recuperato anche la musica de “Il Volo” (la prog band italiana attiva tra il ’74 e il ’75 ndr) e dei “Formula 3”, i cui componenti hanno suonato nei miei dischi preferiti di Battisti.
Come nasce una tua canzone?
Certe volte compongo canzoni in modo del tutto tradizionale, suonando il pianoforte, annotando gli accordi e le melodie e così via; altre invece scelgo un file dalla mia libreria di suoni registrati e campionamenti e parto da lì; oppure ancora mi invento una sequenza elettronica partendo da zero e magari succede qualcosa.
l tuoi testi sono dei flussi di coscienza che hanno un valore al di là della controparte musicale. Mi parli delle tue influenze letterarie?
Apprezzo quello che dici ma credo di essere davvero una frana a scrivere i testi. Eppure continuo a provarci, magari tra qualche anno riuscirò a sentirmi più a mio agio con la scrittura, diciamo che tutte le mie energie vanno in questa direzione. Ad ogni modo amo leggere, penso che sia la cosa che preferisco di più al mondo. Le altre cose che mi piace fare è svuotare il frigo e camminare in giro da solo. Attualmente sono nel bel mezzo della lettura dell’Ulisse di James Joyce ed è così eccitante, non come “L’Arcobaleno della Gravità” (di Thomas Pynchon ndr) ma comunque estremamente eccitante. So che non andrebbero confrontati questi due testi, ma l’ho appena fatto.
Il tuo ultimo disco si chiama “I Need New Eyes” perché hai voluto citare Proust? “Le véritable voyage de découverte ne consiste pas à chercher de nouveaux paysages, mais à avoir de nouveaux yeux.”
Sai, più che una citazione ho compreso di voler letteralmente rimuovere gli occhi dal mio cranio, sperando che con un nuovo paio di occhi io possa ottenere una visione migliore, meno schiava dell’invidia.
E’ così difficile essere un musicista oggi?
Lo è al 100%. E’ davvero dura, soprattutto perché vedo così tanto talento in giro che mi travolge; spesso mi viene da pensare che io ne sia totalmente sprovvisto. Allo stesso tempo credo di poter essere da sprone per altri, i quali ascoltandomi potrebbero dire “se può farlo lui, allora tutti possono farlo” e io a quel punto non potrei che essere d’accordo con loro.
Qual è stato il tuo primo contatto con la DFA Records?
Jonathan Galkin (che gestisce la DFA ndr) mi chiese di remixare un pezzo di Yacht “I Walked Alone” e il risultato gli piacque. Può darsi che sia per questo o perché innamorato della musica di Vangelis e di Aphrodite’s Child a tal punto da volere un ragazzo greco in scuderia.
L’Africa è un crogiolo artistico sempre vivo; credo che il suo riscatto non possa non passare anche dalla musica ma deve essere endogeno, quindi partire dal Continente stesso. Sei sensibile a questi temi considerato che il tuo suono è influenzato dai ritmi africani?
Ho da poco finito di leggere “Mumbo Jumbo” di Ishmael Reed, una lettura fondamentale che mi ha aperto la mente. Ti fa capire come tutto sia partito dall’Africa. E’ una lettura che vi consiglio, mi ha davvero fornito una nuova prospettiva di analisi rispetto a questo tema. Faccio mie le sue tesi.
Quali sono i dischi che recentemente ti sono piaciuti di più? Di qualunque genere.
Equiknoxx – Bird Sound Power;
Jay Glass Dubs – New Teeth For An Old Country;
Mark Ernestus’ Ndagga Rhythm Force – Yermande;
Doug Hream Blunt – My Name Is Doug Hream Blunt;
Il Volo – Essere O Non Essere?;
Billy Higgins – Once More;
Doug Hammond & David Durrah – Reflections In The Sea Of Nurnen.
E riguardo alle letture?
Molto di Bernard Arthur Owen Williams e di Robert Walser, l’“Ulisse” di James Joyce, la nuova traduzione in greco del Tractatus Logico-Philosophicus di Ludwig Wittgenstein, Stendhal On Love, molto di Efthymis Filippou, l’Antologia di Spoon River e W.G. Sebald sempre e comunque.
C’è qualcosa che ti piacerebbe fosse diverso nello scenario musicale contemporaneo?
Tutto è perfetto così com’è, ci si sente estremamente liberi, non potrebbe essere migliore. Se solo potessi cambiare me stesso.
Quando non leggi e non produci musica cosa fai?
Un sacco di corsa notturna nella città di Atene, leggo libri per bambini assieme a mio figlio, guido da solo per un paio d’ore; odio me stesso perché non dovrei essere sempre così iper-stressato; visito costantemente il sito “MealTimeVideos”.
Quando hai voglia di rilassarti cosa ascolti?
La radio, soprattutto “Lifegate”. Era parte del mio vivere quotidiano a Milano ma adesso non lo è più.
Hai idee musicali per il prossimo futuro?
Scrivo e registro tutto il tempo, sto pensando a nuovi alias e a diversi modi di produrre musica ma non è mai facile perché mi viene il disgusto al solo pensiero di quanto sia impossibile migliorare sé stessi.