Fa strano, lo so. E non guardate lo schermo con quelle facce inebetite, sono sconvolto almeno quanto voi. Il francese dalla faccia rossa, Laurent Garnier, sulla francese Ed Banger. Sembra quasi il titolo di un film a luci rosse – a quanto pare colore ridondante in questo contesto – e per quanto sbalorditiva sia la cosa, è reale.
Non chiedetemi se il buon Laurent soffra di disturbi di doppia personalità visto che, in un’intervista di alcuni anni fa per RA, lanciava parole intrise nel napalm contro il modo di fare dell’etichetta francese di Winter, denunciando come col passare del tempo l’estetica e il marketing abbiano prevalso sui contenuti e sulla musica. Pare quindi che dopo tre anni, Laurent, sia salito in cattedra per “insegnare” – lo dico ironicamente e col massimo rispetto verso Ed Banger, per quello che ha fatto, e continua a fare per la musica elettronica – ai giovincelli francesi, come curare più le melodie, e meno i ciuffi.
L’uscita è la numero cinquantotto del catalogo, dal titolo “Timeless” (a voler sottolineare qualcosa che si contrappone alla volatilità delle mode, e la futilità di certe cose) ci presenta ciò che effettivamente il produttore francese, col featuring di LBS Crew, sa fare nel migliore dei modi, e nemmeno con troppi adattamenti: prendere o lasciare. Sul piattino ci sono tre tracce techno con qualche sfumatura electro, che certamente non dispiacerà ai ragazzi di Ed Banger: “Jacques In The Box” e le due versioni di “Our Futur”, (Loud Disco Mix e Detroit Mix).
Keys di piano, roteanti arpeggi metallici e un basso dalla forza trainante di una tonnellata, da metà traccia in poi, per i fedelissimi della label, entrano in scena un synth electro e un lead mordente, elementi che personalmente non preferisco, ma che nemmeno posso giudicare cattivi nel complesso della traccia. Sembra di sentire “ciuff, ciuff”, ah, è il treno chiamato “Jacques In The Box”. L’altro side, nelle versioni Disco e Detroit, risente maggiormente dell’influenza stilistica della label: il pad profondo e la voce robotica, comuni ad entrambe le versioni sono delle ottime armi per sfasciare un dancefloor. In effetti credo che l’uso di certe tracce in pista dovrebbe essere regolamentato.
Comunque, volendo sbilanciarmi, nel complesso preferisco il Detroit Mix: gli arpeggi hanno un maggior peso e il sound complessivo è più snello e diretto. La campanella è suonata, la lezione e finita e, voi potete andare.