Siamo stati all’Interval Festival in quel di Bucarest assistendo a 100 ore di musica senza interruzioni, spalmate su 5 intensissimi giorni consecutivi. Prima di darvi le nostre impressioni, suddivise nei 5 punti che seguono, è necessaria una premessa: la proposta iniziale, come riportato anche da noi, è stata ridimensionata nel numero degli artisti (da 100 a 65) e nelle location (da 3 a 1) a causa della chiusura – forzata e precauzionale a quanto sembra – di molti dei locali storici della città per ragioni di sicurezza alla luce di eventi tragici provocati da un incendio durante un concerto nell’ottobre scorso. L’annuncio del taglio, che ha interessato alcuni artisti molto attesi come Nina Kraviz, Ben UFO, Jackmaster e Levon Vincent, a poche ore dall’inizio del festival non prometteva bene, salvo ricrederci appena è partita la musica, e qui sotto vi spieghiamo per bene il perché.
1) La musica al centro di tutto. Perché di questo si è trattato, in sostanza. Assistere ad una maratona sonora di ben 100 ore consecutive ti fa perdere di vista sia l’ora del giorno fuori del locale che il dettaglio del calendario con su scritto i nomi dei dj che si stanno esibendo e sposta l’attenzione sul suono, quello proveniente dalle due sale del Control Club – un bellissimo spazio multifunzionale al centro di Bucarest con due piste dedicate alla musica ed un piano superiore con un locale dove mangiare un boccone se necessario – dove in quella principale provenivano le vibrazioni grosse e quadrate della techno e quelle appena più morbide della house, mentre in quella più piccola si respirava generalmente più contaminazione tra generi ed un utilizzo più marcato del vinile tra break e scratch in odore di old school disco.
2) Scoperta di nuovi artisti. Perché se da un lato, come detto, non si badava troppo al dj di turno, nel momento in cui si ascoltava qualcosa di veramente fuori dagli schemi era inevitabile informarsi su chi fosse l’artista in questione, ed è così che ci siamo imbattuti, tra gli altri, nella house in odor di afrobeat di Mr Raoul K, la tech-house di Romansoff, la deep-house dei Lisière Collectif, la disco-house di San Proper, il broken beat dei Chaos In The Cbd, la bass music profondissima di SEME, la centrifuga downtempo dei Khidja, l’ambient techno di Terekke, in modo del tutto casuale, senza inseguire per forza i nomi più quotati, che comunque c’erano e hanno proposto set solidissimi: gli eroi nazionali Priku, Raresh, Barac, Petre Insipescu e Rhadoo autentici mattatori hanno gremito la sala grande dandosi il cambio con Bambounou, Ryan Elliott, Eduardo De La Calle, Recondite, Âme e Marcel Dettmann. Insomma ce n’era per tutti i gusti.
3) Qualità di ascolto e logistica. Sia dal punto di vista artistico – i nostri preferiti ve li abbiamo segnalati con tanto di link per l’ascolto attraverso SoundCloud, pur lasciando fuori altri nomi che hanno reso l’esperienza dal punto di vista dei generi musicali pressoché completa ed adatta a tutti i palati, non rinunciando né alla ricerca sonora né all’attitudine più orientata al dancefloor – che da quello tecnico. I volumi erano altissimi, senza perdere in dettaglio e qualità della grana sonora, si veniva investiti dalla musica in qualunque punto della sala ci si trovasse. Anche raggiungere l’altro spazio è stato reso agevole attraverso una portone di collegamento assai funzionale e sgombro da pubblico in sosta. Ci è stato raccontato che il club fino a qualche tempo fa ospitava principalmente concerti jazz e stentiamo a crederlo considerato come l’impianto sembri perfetto per la musica elettronica.
4) Sentirsi a casa. Lo sappiamo che è un luogo comune ma è stato proprio questo il sentimento che più ci ha animati. Il rimanere nel club fino allo sfinimento, abbandonarlo solo il tempo di prendere un po’ d’aria o mangiare qualcosa e poi ritrovare la musica lì dove l’avevamo lasciata, nelle due sale costantemente piene di gente che balla, anche il lunedì mattina alle sette, per dire, è stato qualcosa che ricorderemo per molto tempo. Inoltre i visi erano quelli di un pubblico che era lì esclusivamente per la musica e dopo qualche ora già ti sembrava di conoscere tutti – la vendita di pass che garantivano l’accesso all’intero pacchetto dei 5 giorni rendeva l’avventura di carattere familiare – spalla a spalla con persone che erano nel club il giorno prima e sarebbero state accanto a te anche l’indomani.
5) La città di Bucarest. Il valore aggiunto dell’Interval è stata la stessa capitale romena, senza scomodare la toponomastica – Bucuresti deriva dalla parola “bucurie” ovvero gioia – abbiamo trovato un luogo accogliente e con quello spirito malinconico caratteristico dell’est-Europa che riconcilia con sé stessi e con la propria dimensione naturale, con gente disponibile a suggerirti luoghi da visitare, fare una sosta in parchi verdi di cui la città è piena oppure entrare in caratteristiche taverne nel centro storico, ad un passo dal club, dove mangiare piatti tipici a base di carne a prezzi bassissimi.
Semmai quello che stupisce è che sia soltanto la prima edizione dell’Interval, l’organizzazione è già rodata – sicuramente i promotori non sono nuovi a questo tipo di esperienze – e tutto è filato per il meglio senza alcuna interruzione, un flusso continuo di musica; per l’appunto ben oltre le 100 ore filate, si sono sfiorate le 110, in una trance da ballo collettiva davvero da record.
Vorremmo lasciarvi con le parole di uno dei presenti, che l’ultima sera ci ha fermati notando il cartellino “press” appeso al collo per chiederci le nostre impressioni e per darci le sue. Ci ha detto che per Bucarest la chiusura precauzionale di molti club dove si va per ascoltare e ballare musica elettronica è un duro colpo, ma che esperienze come Interval servono proprio a dimostrare come ci si possa divertire in sicurezza e proporre un festival dal respiro internazionale che faccia da richiamo non solo a persone del luogo come lui ma ad una platea perlomeno europea. Ha aggiunto che non gli importa degli artisti cancellati, di essere felice di essere lì e di non voler essere in nessun altro luogo. Noi non possiamo che essere d’accordo con lui!