DJ Seinfeld è uno dei volti di spicco di una nuova generazione di produttori balzati su tutti i blog, siti, conversazioni tra addetti ai lavori, small-talk tra produttori per la tanto criticata scena lo-fi inglese che chiude il cerchio magico con i cavalieri DJ Boring, Ross From Friends e la gilda Lobster. Frutto di una coincidenza secondo le sue parole, è innegabile che l’hype attorno alla scena lo abbia portato a produrre un album e tre EP nel 2017 con il solo moniker DJ Seinfeld e ad iniziare una intensa carriera da dj. In alcuni momenti siamo stati tendenziosi per capire se c’è un patto non scritto tra loro ma davanti si è parato un ragazzo sincero e frutto di questi tempi.
Dando uno sguardo alla tua pagina Discogs, balza agli occhi come il 2017 sia stato l’anno della tua consacrazione. Come hai iniziato questo 2018?
Sto cercando di godermi ogni momento, viaggio e show e quelli in cui riesco a produrre. Non credo di voler fermare il mio processo creativo perché mi permette di comprendere dove sono, musicalmente ed in generale, e dove voglio arrivare. Durante lo scorso anno non ho avuto molto tempo per produrre e questo mi ha in qualche maniera destabilizzato ed ero fiducioso che l’inizio 2018 sarebbe stato un ritorno alle mie abitudini, ma non ci sono ancora riuscito. Ci sono tanti progetti su cui sono impegnato e che valgono ogni secondo di lavoro ed insonnia che dovrò spendere.
Il successo che stai riscontrando come DJ Seinfeld sembra essere qualcosa in cui sei inciampato…come sta vivendo il tuo alter-ego Rimbaudian questo momento di ombra? Credi di portare ancora avanti questa separazione?
Dagli inizi ho sempre guardato ai miei moniker come punti di partenza per creare micro-universi in cui poter fare ciò che voglio. Naturalmente in alcuni casi si scontreranno e si andranno a mescolare ed influenzare ed è questo quello che credo sia successo tra Rimbaudian e DJ Seinfeld. Intendo portarli avanti in due direzioni diverse perché credo che debbano essere ascoltati e non vedo motivi per tagliarne uno dei due fuori, anzi, probabilmente ne costruirò altri.
Nel tuo album “Time Spent Away From U”, i riferimenti musicali, la massiccia presenza di sample ed anche la produzione affidata a diversi moniker parlano di un’eredità ’90 traslata ai giorni nostri. Sembrano quasi le suggestioni di qualcuno che ha ascoltato tanto di quel tipo di musica da creare un universo da cui attingere che alla fine non hai mai potuto vivere in termini di età.
Sono un sognatore ad occhi aperti, cerco di vivere il momento ma mi dà felicità pensare di essere altrove. Molte di queste idee (questo senso di fake nostalgia) vengono da lì, vengono dal riassemblamento di memorie fratturate di quello che avrebbe potuto essere o di quello che credo potesse capitarmi attorno. Da piccolo ho ascoltato di tutto, da quello che passava incessantemente su MTV, ai miei genitori cantanti d’opera e musicisti passando per gli ascolti di artisti come KRS-One, Legowelt e Moby, il tutto filtrato dall’iMac di un mio caro amico. In quegli anni sei come una spugna, capace di assorbire di tutto e solo in seguito sei capace di filtrare, è il crescere che te lo permette.
Mi sembra abbastanza ovvio annoverarti nella scena lo-fi ma credo sia più opportuno dire che tu come DJ Boring e Ross From Friends (considerati la triade progenitrice del genere, nda) abbiate ascoltato lo zeitgeist: un periodo nel quale la tecnologia permette di digerire riferimenti anche lontani e riportarli sotto nuova forma che si traduce anche in un largo successo commerciale. Ti ci ritrovi?
Beh, non credo che nessuno di noi abbia pianificato il tutto e nemmeno che siamo stati spinti in questa direzione da sentimenti opportunistici. Non ci conoscevamo prima di tutto questo hype generato attorno alla scena e tutto quello che è successo è stato portato avanti da forze ben al di sopra di noi. La tecnologia di certo rende più facile comprendere le connessioni che ci sono tra le cose e permette anche di relazionarle ma permette anche di far trasparire il lato ironico che si annida dietro quello che è successo, tutto è stato una coincidenza, nulla di programmato.
Se da un lato però ammiro come siate riuscire a costruire un’identità cosi forte, dall’altro mi chiedo e lo chiedo a te pensando all’album: qual è il motivo per cui in un album creato completamente tramite software c’è un livello di distorsione e saturazione così pesante come in “U” e “Time Spent Away From U”? Cercavi di aggiungere una sorta di “calore emozionale”, una sorta di messaggio politico di rivolta verso le produzioni di alto profilo dello spettro clubbing?
Per me è una scelta profondamente estetica e diventa politica solo nel momento in cui qualcuno le mette in contrasto tra loro. Ho utilizzato la distorsione perché aggiunge qualcosa di emozionale all’esperienza di produzione che è tanto importante quanto il prodotto finito che ne consegue. Non è necessariamente una ribellione verso qualcosa che suona più pulito, non è pensata per mettersi in opposizione a nulla. È quello che è, una forma di espressione per un certo tempo.
Tralasciando le motivazioni tecnico-politiche dell’album, ho ascoltato l’album camminando durante giornate piovose tra le strade di una città italiana del Nord e ho apprezzato quanto fosse il tutto sincronizzato a quel mood. Questo album viene da una separazione, ma cosa altro ci hai messo dentro?
Ho voluto bilanciare il senso di separazione con un certo grado di positività, un processo non facile da raggiungere ma che restituisce soddisfazione alla fine. Ci sono sprazzi di speranza, ci sono tracce che mimano alcuni sentimenti che ho voluto provare in quel momento di produzione cercando però di dare dignità ad ognuno di essi, sentimenti distanti e singolari ma in qualche maniera incidenti tra loro. Per me ha rappresentato un momento di forte ricerca personale ed anche un momento in cui iniettare significato all’interno di questo vuoto pneumatico post-moderno di cui stiamo sentendo in ogni dove.
Ritornando al discorso tecnico e allargando il campo, quanto credi che l’output tecnico stia influenzando la maniera di produrre tracce? Mi spiego: molte tracce vengono costruite e masterizzate per il loro utilizzo in cuffia, è innegabile, ma viviamo in un periodo che presenta da un lato la più grande libertà tecnica mai vista di produzione e dall’altro lo schiavismo degli algoritmi di YouTube e Spotify. È un argomento che in qualche maniera hai toccato? Pensi di arrivare anche tu ad una produzione analogica?
La maniera in cui ascoltiamo la musica sta cambiando ma non credo che l’esperienza di ascolto debba cambiare così tanto. Io sono ancora legato alla mia maniera ovvero cercare musica che non mi faccia venire voglia di cambiarla. Dal punto di vista della produzione, ho voglia di sperimentare qualsivoglia strumento che le mie mani possano toccare anche se non credo che il fatto che siano strumenti fisici definiscano una maggiorazione di realness al suono, non aggiunge alcun valore alla musica. Credo che il valore della musica sia quello concettuale ed esperienziale e questo si può raggiungere con qualsiasi strumento tu voglia. Burial ha cambiato la storia della musica con un software base, non c’è bisogno di essere puristi ma mescolare le carte è divertente ed ecco perché aspetto di fare qualcosa di fisico al più presto.
Per un produttore è innegabile che al giorno d’oggi il dj-side della medaglia è importante tanto-quanto e da quello che ho letto non eri così abituato alla cosa. Come stai affrontando la cosa?
Sono arrivato in questo mondo come produttore e il djing rappresentava qualcosa di spaventoso e nuovo agli inizi, ma ora è qualcosa che vedo quasi come un privilegio. Mi piace, passo sempre più tempo a pensarci e a cercare nuova musica e raggiungere il mio livello massimo. Ora ho bisogno di fare djing per produrre ma allo stesso tempo devo produrre per fare il dj. C’è un equilibrio da dover trovare.
Cosa ci riserverà Armand nel prossimo futuro?
Un EP in uscita per marzo/aprile e alcune cose di cui non posso ancora parlare.
Ci dai una classifica delle cinque tracce o album che non smetterai mai di ascoltare e suonare?
Actress “Rip”
Burial “Untrue”
Ian William Craig “A Turn Of Breath”
Legowelt “Paranormal Soul”
Theo Parrish “Twin Cities”
[Scroll down for English version]
DJ Seinfeld is one of the most acclaimed producer of the last year, his productions stars in blog pages, producer small-talks and his tracks fulfil dj-set tracklist all around the world. His name raised popularity among the others of the criticised lo-fi house scene and this hype brought his moniker to produce one album and three eps just in 2017. According to his own words: “just coincidence, we add: “a good one” that brought him to tour intensely the world. We tried to understand what is subtitled in his production, we tried to provoke him but we just had clever and clear words in return.
Scrolling your discogs page, it’s quite easy to understand that 2017 it’s the bold year of your career. How has begun this 2018? are you getting some rest from production and enjoying the success?
Im trying to really enjoy everything at the moment, every trip and every show, every time i get to produce as well. I don’t think I want a rest from my production, it’s almost like a compass of where I feel I am, musically and generally, and where I want to go. Last year I didn’t have a lot of time to produce which affected me, and I thought I’d have more time in the beginning of 2018 to bounce back and rest, but it hasn’t panned out that way. Got a lot of interesting projects going on that are worth every second of work and sleeplessness to do.
From a different perspective I could say that the success for your DJ Seinfeld moniker it’s something you just step into…how Rimbaudian is living this moment of shade? Do you think you’ll keep going with this separation?
From the start I always viewed my different monikers to just create little micro-universes where I could do what I want. Naturally sometimes they will clash and influence each other, and that’s what I guess has happened with Rimbaudian and DJ Seinfeld. I do intend to keep the two going into different directions, what exactly those are remains to be seen but I see no point in cutting one down – I will probably even start some more.
Your album sound references, the massive sampling process and the split of production in different monikers talks about the heritage of the 90’s…would you talk us about your inspirations, your listening as young kid and why deciding pushing on this line that eventually you haven’t ever experienced?
I’m a daydreamer, I try and live in the moment but I’m just as happy thinking of somewhere else. Most of these ideas (this fake nostalgia if you will) come from that; it comes from re-assembling fractured memories of what it could have been, or what I thought it was that was going around me. I could listen to whatever was going on at MTV, my family of opera singers and musicians or my friend playing KRS-One, Legowelt and Moby on his ancient iMac. You’re like a sponge at that age absorbing everything, the filters you develop over time come later.
It’s obvious to pair you with the Lo-Fi House scene but I think it’s clever say that you with other producers like DJ Boring and Ross from Friends (this group is recognized as the master, the sensei of the genre) just felt the zeitgeist, a period in which the new technology permits to digest the reference of the past in a new form and you waved this commercial success, isn’t it?
Well I don’t think any of us planned it or had any opportunist sentiments. We didn’t know each other before the” lo-fi” hype and whatever happened came about through forces beyond any of us. Technology permits people to quicker see the connection between things, to relate and see the ironic flavour behind some of the stuff that happened. So, it still feels more as a coincidence than anything else.
At the same time, I ask myself: if their music is almost all software-based, why decide to saturate all the file spectrum with distortion and saturation like in “U” and in “Time Spent Away From U”? A way to add more “emotional warm” in the tracks, a kind of riot against the over-pumped and hi-defined clubbing music? Is there a kind of political message in it?
It’s purely an aesthetic preference for me, and it only becomes political when one compares it to its opposite. I use it because the distortion adds something to the emotional experience of producing it, which is just as important to me as the finished song. It’s not necessarily a rebellion against something more clean-sounding, it’s not supposed to work in opposition to anything; it is what it is, just a form of expression from a certain time.
I loved so much listening to your album walking in a north-rainy-Italian city, I felt so synchronized to that. It’s an album that comes from a separation but what else have you put inside?
Thank you! I wanted to balance that idea of separation in the album with some degree of positivity; that it’s a process which not always seem clear nor easy, but one which you can get through. There are glimpses of hope in there, some of the tracks mimic feelings that I wanted to feel at the time but were for various reasons distant. Distant, but approaching. And for me it was about seeking those experiences out, to inject meaning into this boring postmodern vacuum we’re constantly hearing about.
How much the “technical output” is influencing the way to produce the tracks? I mean, lot of tracks are mastered and built to the “headphones output” …in a period of complete tech-freedom it seems that we are slave of YouTube algorithms, Spotify listeners. In some kind a way this has affected you in the process of making? Do you think you’re going to produce your new stuff with machines and real effects?
The way we listen to music is changing, but I don’t think the experience need to change that much. I’m still rooted in my way of listening, of seeking music out which I’m not too keen on changing. As far as my production goes, I’m keen to explore whatever equipment I can get my hands on. However, just because the equipment is physical it doesn’t make the music more real, it doesn’t in itself create value for me. The value of music is experiential and conceptual, and one can do that with whatever means one wants. Burial changed music history with a basic software, there is no need to be a purist, but ” jamming” is fun, so I hope I can do something more physical soon.
For a producer it’s quite usual nowadays working also on the dj-side and I read you were not so used to. How you’re facing this moment?
I came up as a producer to this industry, DJing was a (scary and new) bonus at first, but has become something as a priviledge i really enjoy. I spend a lot of time thinking about it, seeking out new music and trying to become as good a DJ as i can. Now i need to DJ to produce, but i feel i also need to produce in order to DJ. Theres a healthy balance to be found.
What’s next for Armand? New production coming?
Yes! An EP coming in march/april, and some other stuff later this year that i can’t really disclose just yet.
Can you give us a five-point chart of tracks or album that you would play ever and ever?
Actress “Rip”
Burial “Untrue”
Ian William Craig “A Turn Of Breath”
Legowelt “Paranormal soul”
Theo Parrish “Twin Cities”