Dalla sua nascita ad oggi, la scena del clubbing internazionale ha avuto importanti cambiamenti e, in particolare, quella italiana ha subito una vera e propria rivoluzione sopratutto grazie alle nuove mode e ai nuovi artisti provenienti dall’estero. Nel corso degli anni, ci sono stati grandi cambiamenti per il nostro paese ma è anche doveroso sottolineare, con una definizione “ungarettiana”, che il clubbing italiano, per alcuni aspetti, ha avuto un periodo di “sonnolenza” dal quale ci stiamo svegliando soltanto oggi. Proprio per questo Italia e meritocrazia sono soltanto due dei tanti argomenti che sono venuti fuori parlando con Leon, un artista ma soprattutto un uomo che ha le idee in testa, proiettate verso il futuro. Diventato da poco padre, nonostante sia ancora molto giovane, Leon è ormai un punto fermo del progetto di Marco Carola “Music On”, di cui ci ha svelato un po’ di segreti.
Lo scorso 26 Ottobre sei stato protagonista per tutta la notte della piramide del Cocoricò, com’è andata quella sera? Raccontaci un po’ cos’hai provato a tornare a suonare nel locale dove hai iniziato la tua carriera di dj.
Potrei scriverci un libro sul Cocoricò e su quante ne ho viste li dentro, è stato emozionante tutta la notte in piramide davanti a tanta gente, sono molto legato a quel club, oramai da più di 10 anni, ho suonato in tutte le sale, Morphine, Titilla e poi Piramide. Ho provato dal primo all’ultimo disco un emozione molto grande, poi suonare 6 ore li ti permette di poterti esprimere a 360 gradi, dalla techno alla deep più profonda. Bellissimo!
Quando si parla di Leon viene sempre fuori, inevitabilmente, il nome “Music On” di cui sei parte integrante. Qual è il concept di Music On? Come e quando è nata questa collaborazione con Marco Carola e la sua crew?
Lavoravo con Luca Piccolo già da un anno, poi mi presentò Marco attraverso un warm up al Rex Club di Parigi. Lui mi venne a sentire e mi fece i complimenti, da lì capii che forse le cose potevano cambiare ed infatti piano piano Marco mi portò con lui in giro per l’Europa. Ricordo specialmente l’ADE ad Amsterdam ed il Sankeys a Manchester dove feci uno dei set migliori degli ultimi anni. In seguito nacque il progetto Music On e di conseguenza, così nel modo più naturale possibile, sia Luca che Marco mi dissero che ero parte integrante del progetto come dj. Music On è un concept semplice, dedicato alla qualità musicale e alla voglia di fare festa. I party Music On sono sempre ricchi di artisti molto validi e la famiglia cresce sempre di più e in meglio, credo appunto che la semplicità nel fare le cose sia la grande forza di questo gruppo, è la musica a parlare e questa è la cosa più importante.
Continuando a parlare di Music On, abbiamo visto che a Dicembre sarai insieme a Marco per due date negli Stati Uniti. Parlaci di questo nuovo progetto e dicci un po’ quali saranno le principali differenze di Music On rispetto alle date europee.
Sarò a Dicembre con Marco e con i ragazzi Music On sia a New York che a Miami, in questo momento New York e Miami sono due città piene di club molto forti e di situazioni nuove che stanno facendo parlare di se in tutto il mondo. Diciamo che è tornata la New York e la Miami degli anni novanta quando c’erano club come Twilo, Sound factory, The Tunnel, Vinyl, Crobar e tanti altri dove artisti come Danny Tenaglia, Sasha, Junior Vasquez, John Digweed hanno fatto parte della storia. Ora specialmente New York è di nuovo ricca di club e di persone che hanno voglia di ricominciare a fare feste importanti. Marquee, Output, Sankeys ma anche Blackmarket oppure Verboten ogni weekend ospitano grandi artisti in location stupende. Sicuramente c’è differenza tra i party in Europa, a Ibiza c’è l’Amnesia che è il club a mio avviso più bello del mondo e infatti ti ritrovi a suonare ogni venerdì davanti al mondo, perché c’è gente da ogni parte, Americani, Giapponesi, Australiani. L’atmosfera è diversa ma sono tutti e due posti incredibili, da vedere.
Ormai sei uno dei dj italiani più consolidati, sia in Italia che all’estero e ogni settimana sei in giro per il modo. Da poco sei diventato padre e questo sarà per te un altro grande impegno di responsabilità. Come pensi che cambierà la tua vita da adesso in poi e come organizzerai il tuo lavoro?
La mia vita è già cambiata anche se mio figlio Isaia ha solo 2 mesi, tutti mi dicevano che era qualcosa di incredibile e posso confermalo, ma posso anche dire che è qualcosa di più dell’incredibile, essere padre è stupendo e ogni volta che guardo o abbraccio mio figlio tutto si ferma, è meraviglioso non credevo nella magia, ora si. Certo con lui adesso sono cambiate un pò di cose, ho meno tempo per stare davanti al computer oppure per fare tracce, ma sono anche molto più ispirato, e fortunatamente ho una donna al mio fianco che è sempre presente sia per me che per il piccolino, una grande mamma. Forse un piccolissimo lato negativo c’è, da quando è nato Isaia ho paura di volare, hahaha incredibile, forse senso di responsabilità, mentre scrivo sorrido perché anche solo parlare di lui mi fa stare bene.
Leon e Pirupa, due fratelli, una passione in comune, la musica. Ora che tutti e due fate lo stesso lavoro, che rapporto hai con tuo fratello? Chi è il primo di voi che si è avvicinato alla musica e ha influenzato l’altro?
Io e mio fratello siamo lontani e vicini, perché oramai le strade nonostante tutto sono diverse, e non viviamo più insieme, fino a due anni fa avevamo anche lo studio insieme quindi ci trovavamo almeno un paio di volte a settimana insieme in studio per parlare e fare qualcosa. Adesso è diverso, lui divide la sua vita tra Italia e Londra, io a casa con la famiglia e il weekend sempre in giro ma ci sentiamo sempre, ci vogliamo bene e più passa il tempo e più andiamo d’accordo. Io sono dj da quando avevo 15 anni e ora ne ho 33, mio fratello si è avvicinato a questo mondo più tardi.
Anche se in questi anni di carriera hai fatto molto sei ancora molto giovane e il tuo percorso è ancora molto lungo, ci sono degli obiettivi o dei sogno che vorresti realizzare in futuro?
Io credo che per un dj i sogni non finiscono mai, io da buon sognatore che sono vorrei suonare al Panorama Bar, Robert Johnson e Fabric, credo che sono veramente gli unici locali che mi mancano tra i top nel mondo! Al Fabric avevo la data confermata ma nel 2014 ci sarà Music On London e quindi niente, per gli altri due presto avrete news. Da ragazzino sognavo di suonare in posti come lo Stereo a Montreal, il Cocoricò, il Sunwaves in Romania, Lo Zouk a Singapore, l’Amnesia a Ibiza. Sogni che con tanti sacrifici si sono realizzati, quindi sicuramente con la persistenza e con l’infinito amore che ho per la musica arriverò a suonare anche altrove. Sono capitate anche alcune volte che mi sono emozionato tantissimo in club più piccoli oppure vicino casa mia, con i migliori amici oppure con dj locali che molte volte sono sottovalutati, ma qui potrei aprire una parentesi e chiuderla dopo dieci pagine. Io sono un dj da più di 10 anni e fortunatamente ho girato tanto, a parte l’Australia sono stato ovunque, ne vedo sempre di cotte e di crude quindi è bello suonare nei migliori club del mondo, ma puoi trovare anche qualcosa di magico in posti sconosciuti, l’importante è dare sempre il massimo, ed avere le persone giuste di fronte a te che hanno passione per la musica e che vanno a fare festa nel club con lo spirito giusto. Se c’è questo anche in un garage ci si può divertire.
Viviamo in un momento di transizione per la musica e per i locali, sopratutto in Italia visto il momento, anche il mondo del clubbing sta attraversando molte difficoltà. Sei un giovane che fa musica per giovani, quindi come speri si evolva la situazione del clubbing italiano e cosa cambieresti?
Ahhhh che domanda interessante! L’Italia era un bel paese, i cervelloni stanno andando via e anche molti artisti e promoter. Fanno bene? Fanno male? Non lo so, è difficile rispondere, ognuno potrebbe avere una propria opinione al riguardo. Posso dire che conoscendo molti artisti che sono “scappati” all’estero come Germania, Regno Unito e Spagna hanno trovato porte aperte, più occasioni per mettersi in mostra, quindi credo che si tratta di mentalità più che di crisi! E’ una vita che in Italia per artisti nuovi e talentuosi ci sono porte chiuse, è una vita che club e promoters vanno avanti grazie a raccomandazioni, come in tanti altri settori, meritocrazia addio proprio, mentre la Germania, il Regno Unito e l’America basano le scelte proprio su di essa, la MERITOCRAZIA. Qui ogni giorni nascono nuove feste, nuovi promoter, vocalist che diventano dj, pr che diventano producer pur di suonare, parcheggiatori che diventano promoter, è un casino totale come nel governo è il bel paese. Mi rassicura il fatto che artisticamente parlando nel mondo noi italiani adesso siamo visti molto bene, stiamo facendo grandi cose, e a mio avviso siamo i dj migliori del pianeta magari come producer no, ma come dj assolutamente si! Sono troppi gli artisti stranieri che vengono qui a prendere tanti soldi e non riescono a mettere nemmeno due dischi e suonano una musica noiosissima senza amore senza nessuna magia. Credo che la cosa migliore da fare è esattamente come grandi club nel mondo da sempre già fanno, cioè dare più spazio e importanza ai nostri artisti, abbiamo locali stupendi, prendete Cocoricò, Tenax, Cromie, Goa e tanti altri, tutti i dj amano suonarci, sono tra i migliori club in Europa e non solo. Abbiamo tutto, abbiamo anche un pubblico che quando vuole è super caldo e carico quindi per un futuro migliore mi raccomando continuate a votare Berlusconi hahaha.
Ti sei fatto conoscere prima in Italia e poi all’estero in primis per le tue produzioni, e poi iniziando piano piano a suonare in giro. Cosa ti ha spinto a iniziare a produrre? Quanto credi sia importante oggi per un ragazzo che vuole fare il dj iniziare anche a produrre musica propria?
Ho iniziato a produrre dopo che ero dj già da 8-9 anni perché capii che era l’unico modo per farmi conoscere all’estero e al grande pubblico, sentivo il bisogno di creare qualcosa di mio, una nuova carta d’identità. Fare musica oggi per un dj è importante, ma devi sentirlo veramente, devi essere appassionato anche dello studio perché altrimenti è meglio rimanere solo un dj, all’inizio sembrava molto difficile, avevo mille idee in testa, ma non sapevo come buttarle su un computer oppure su un campionatore, ma piano piano anche attraverso l’aiuto di amici che conoscevano già macchine e programmi ho fatto le prime tracce è stato difficile, e ci sono voluti sacrifici. Ricordo che un anno volevo buttare tutto al vento, infatti mi fermai. Iniziai a lavorare nella piccola azienda di mio padre, scaricavo mobili nel magazzino, abbastanza pesante come lavoro ma fu proprio quel periodo che mi illuminò e dopo ogni giorno di lavoro tornavo a casa e mi mettevo in studio e nacquero tracee come “In Da Factory” e “Like This Like That”. Adesso purtroppo le cose sono ancora di più cambiate perché molti locali fanno la programmazione in base a quello che vedono su Beatport e leggono su Resident Advisor quindi basano le loro scelte sulle produzioni e non più sul dj, e credetemi sono due cose molto differenti. Quindi consiglio di essere sempre se stessi e se siete dj e non vi piace fare tracce non fatele ma andate avanti lo stesso con tutte le vostre forze, la persistenza è tutto.
Nonostante tu sia molto in giro riesci sempre a tirare fuori delle novità e rimani sempre attivo dal punto di vista discografico. Come nasce un tuo e disco quanto tempo passi in studio? Riesci a lavorare su un progetto anche quando sei in giro o ti dedichi totalmente a una cosa in particolare?
L’ho già detto in altre interviste, non sono un “topo” da studio, quando ho l’ispirazione accendo tutto e mi metto su Ableton. Riesco a finire una demo anche in un paio di ore, l’importante è sviluppare l’idea che ho in testa prima che svanisca hahaha. Poi magari per completare la demo possono anche passare giorni e giorni ma il grosso lo faccio in un paio di ore, quando sono in giro non faccio mai tracce, mi piace stare in giro e scoprire nuove città, mi piace anche leggere e socializzare quindi trovo il tempo per fare le tracce a casa.
Non molto tempo fa hai dato vita alla tua label D-Floor insieme a tuo fratello Pirupa e ai Nice7. Perché avete deciso di fondare una label tutti insieme e come scegliete i lavori che volete fare uscire?
Siamo amici da una vita, da quando eravamo piccoli, la label è nata per gioco e adesso invece è una realtà abbastanza forte, riceviamo tanti demo, ma anche tanta roba da amici stretti, siamo tre artisti diversi tra noi e quindi ognuno mette del suo dentro, riusciamo sempre a trovare un accordo fortunatamente. Non so esattamente perché abbiamo deciso di farla, è nata in un salotto così, una sera, parlando avevamo tanti demo di amici e tante idee buone, quindi abbiamo piano piano costruito D-Floor. La label è vinile e digitale e siamo alla quarta release, ne facciamo poche ma buone, cerchiamo di prendere anche artisti nuovi quando possiamo ma comunque è una label non troppo sperimentale, si chiama D-Floor apposta. Vogliamo stampare cose per la pista, se poi sono techno oppure house non importa ma devono far ballare e sudare. Siamo pronti con il primo V.A. che uscirà per Natale con artisti nuovi e poi a Gennaio uscirà un altro mio EP con remix di Seb Zito ed Einzelkind.
E’ finita la stagione estiva ma guardando il tuo calendario sarai molto in giro anche nei prossimi mesi, prima di salutarci puoi anticiparci dove ti vedremo impegnato e dirci qualcosa sui tuoi progetti futuri?
Ho molte date confermate fino al 2014 inoltrato, tra le più importanti sicuramente Music On in America e a capodanno all’Amnesia a Ibiza, poi sarò al BPM a Playa del Carmen e poi a Londra sempre con Music On. Sarò al Cocoricò e al Cromie a Taranto, tonerò a Milano e a Roma e avrò un tour in sud America e alla Winter Music Conference di Miami a Marzo. Inizierò anche degli showcase con D-Floor in Inghilterra specialmente a Londra. Per quanto riguarda il lavoro in studio ci saranno produzioni su Genial, Moan, Inmotion e D-Floor con remix anche di Martinez, Egal3 e Tripmastaz. Forse mi riposerò a fine Maggio, me ne andrò a sentire due band che amo molto Arcade Fire e Arctic Monkeys per poi ripartire d’estate.